Gli investitori si stanno convincendo sempre di più che il petrolio, a meno di nuovi tagli alla produzione da parte del cartello Opec+, si stia avviando a una nuova fase di debolezza. Una volta ridotti i timori su un possibile allargamento del conflitto in Israele, il barile Brent è andato incontro a una graduale discesa: nell’ultimo mese, al 23 novembre, il calo è stato del 6,8% a 81,33 dollari.
Alla base dei mutati equilibri ha contribuito una produzione più elevata del previsto, che ha cancellato buona parte del deficit di offerta che gli analisti avevano previsto per il quarto trimestre di quest’anno. La produzione di greggio tornerà in eccesso rispetto alla domanda già nella prima parte del 2024, a meno che il cartello dei Paesi esportatori non concorderà nuovi tagli alla produzione in grado di sostenere i prezzi.
L’attesa sulla decisione dell’Opec+, però, durerà più del previsto: la riunione è stata posticipata dal 26 al 30 novembre perché un gruppo di membri africani (Angola, Congo e Nigeria) hanno mostrato contrarietà all’ipotesi di nuovi tagli. Questa decisione ha fatto scendere il Brent quasi del 5% il 22 novembre, per poi recuperare rapidamente il grosso delle perdite.
Petrolio, cosa sta succedendo
Già prima che venissero a galla i contrasti interni ai membri dell’Opec+ i trader stavano riducendo le scommesse rialziste sul petrolio: i dati aggiornati al 14 novembre, “sulla posizione degli speculatori mostrano una riduzione continua delle posizioni lunghe sul petrolio”, aveva affermato il responsabile per le materie prime di Ing, Warren Patterson in una nota datata 20 novembre, “gli speculatori hanno venduto contratti sia su Ice Brent che su Nymex Wti, probabilmente cercando di ridurre il rischio prima della riunione dell’Opec+”. Appariva già chiaro che Arabia Saudita e Russia avrebbero prolungato i loro tagli volontari alla produzione di petrolio a inizio 2024, mentre era meno evidente se l’intero gruppo Opec+ avrebbe deciso ulteriori tagli.
Nell’ultima riunione dell’Opec+ lo scorso giugno, ha ricordato Goldman Sachs in una nota el 21 novembre, il gruppo aveva deciso un ulteriore taglio unilaterale della produzione saudita di 1 milione di barili al giorno, estendibile a luglio; un prolungamento dei tagli volontari del gruppo fino a dicembre 2024; infine, una ridistribuzione delle basi di produzione nel 2024 dai Paesi che faticano a raggiungere i loro obiettivi a quelli con ampie capacità residue, tra cui gli Emirati Arabi Uniti. L’ipotesi di base di Goldman è che il gruppo che aveva aderito in primo luogo ai tagli volontari resterà invariato. “Tuttavia, vediamo una significativa probabilità soggettiva del 35% di un annuncio di un taglio più profondo”, hanno affermato gli analisti della banca d’affari, “i policy maker potrebbero stipulare un’assicurazione contro la possibilità che il Brent scenda al di sotto della nostra stima di 80 dollari al barile Opec nel primo trimestre, quando la domanda è stagionalmente più debole. Un taglio più profondo del gruppo sembra più probabile di un taglio unilaterale più profondo perché solo il primo tende ad aumentare i ricavi”.
Con gli ultimi sviluppi, Angola, Congo e Nigeria, hanno espresso “insoddisfazione riguardo agli obiettivi di produzione per il prossimo anno annunciati a giugno”, ha scritto Patterson in un aggiornamento del 23 novembre, “questi membri avevano già avuto tagli agli obiettivi del 2023 e si era concordato di rivederli entro la fine dell’anno, cosa che non è avvenuta: la discordia tra i membri potrebbe aumentare la volatilità del mercato nella prossima settimana”, ha affermato l’analista.
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Le previsioni sul petrolio: nel breve minori chance di rialzo
In presenza di queste incertezze sulle future decisioni dell’Opec+ gli stessi trader stanno riducendo i rischi delle proprie posizioni sui future. Nell’immediato, però, il minore deficit fra domanda e offerta di greggio potrà contribuire agli obiettivi di contenimento dell’inflazione nell’Eurozona, per la quale la componente dei costi energetici incide profondamente sull’andamento generale dei prezzi. Questo conferma l’ipotesi ormai scontata dagli investitori sul fatto che non verranno decisi nuovi rialzi dei tassi e che, in presenza di un deciso calo dell’inflazione anche nei prossimi mesi, potrebbe avvicinarsi l’appuntamento con i primi tagli dei tassi.
Non tutti gli analisti sono concordi nel definire l’outlook dell andamento del petrolio nel 2024. Il 13 novembre il capo strategist di JPMorgan, Marko Kolanovic aveva dichiarato un “aumento dell’esposizione sulle materie prime, visto il rischio geopolitico ancora elevato, il significativo sell-off e il posizionamento più debole nel settore energetico”.