Pensione di reversibilità e concorso tra coniuge superstite e separato
Con una recente pronuncia, n. 21997 del 2024, la Corte di Cassazione si è pronunciata in materia di reversibilità.
Più in particolare, i giudici della Suprema corte hanno affrontato il tema della ripartizione del trattamento di reversibilità, nel caso di concorso tra coniuge divorziato e coniuge superstite.
A tal riguardo, si evince dal provvedimento che la ripartizione tra coniuge superstite e coniuge divorziato deve essere effettuata ponderando, con prudente apprezzamento, il criterio principale della durata dei rispettivi matrimoni.
Ma non è tutto. La ponderazione della reversibilità deve essere calcolata tenendo conto (oltre che del criterio della durata dei rispettivi matrimoni) anche:
• della durata della convivenza prematrimoniale
• delle rispettive condizioni economiche
• dell’ammontare dell’assegno divorzile
• del periodo di convivenza prematrimoniale coevo al periodo di separazione che precede il divorzio
Quanto a quest’ultimo punto, rilevano i giudici, occorre ponderare la ripartizione della reversibilità tenendo conto della finalità solidaristica dell’istituto, e dunque della durata delle convivenze prematrimoniali, riconoscendo alla convivenza more uxorio non una semplice valenza “correttiva” dei risultati derivanti dall’applicazione del criterio della durata del rapporto matrimoniale, bensì un distinto ed autonomo rilievo giuridico.
È ovviamente necessario che il coniuge interessato dia dimostrazione della stabilità ed effettività della comunione di vita prematrimoniale, tenendo tuttavia distinta la durata della convivenza prematrimoniale da quella del matrimonio – cui soltanto si riferisce il criterio legale -, e senza individuare nell’entità dell’assegno divorzile un limite legale alla quota di pensione attribuibile all’ex
coniuge, data la mancanza di qualsiasi indicazione normativa in tal senso (Cass. n. 5268/2020).
Pensione di reversibilità: si può ereditare?
Con una recente pronuncia, n. 14287 del 2024, la Corte di Cassazione ha affermato che colui che viveva a carico di un familiare titolare di una pensione di reversibilità non ha diritto, al momento della morte di quest’ultimo, a ricevere a sua volta il trattamento di reversibilità.
Richiamando un consolidato orientamento giurisprudenziale, la Cassazione ha infatti rilevato che:
la pensione di reversibilità di cui all’art. 22 l. n. 903/65 opera a favore dei superstiti del titolare di pensione, mentre deve escludersi che, alla morte del titolare di pensione di riversibilità, detta pensione venga ulteriormente attribuita ai superstiti di questo. Non spetta perciò un diritto alla pensione di reversibilità derivante dal decesso di chi già beneficiasse di pensione di reversibilità, anziché di pensione diretta.
Pensione di reversibilità: decorrenza
Chiariti quali sono, anche secondo la più recente giurisprudenza, gli orientamenti utilizzati per la ripartizione della reversibilità in caso di coniuge superstite e coniuge divorziato, e in tema di eredità, è ora il caso di mettere l’accento sugli aspetti generali dell’istituto, in particolare sulla decorrenza del diritto a percepirla.
La Corte di Cassazione, seguendo il consolidato orientamento giurisprudenziale sulla decorrenza della pensione di reversibilità, ha chiarito che in caso di decesso del titolare di pensione, il figlio (nel caso di specie maggiorenne inabile e a carico del defunto) ha diritto ad ottenere l’attribuzione della pensione di reversibilità quale superstite, con decorrenza dal mese successivo alla data del decesso del de cuius. Non rileva, infatti, ai fini della fruizione del beneficio, la data di presentazione della domanda amministrativa diretta all’ottenimento della reversibilità.
La pensione di reversibilità risponde all’esigenza di garantire la continuità del sostentamento ai superstiti dell’assicurato o del pensionato.
In linea generale, i beneficiari della pensione di reversibilità sono il coniuge, l’ex coniuge e i figli, a certe condizioni.
Quanto all’ex coniuge, la giurisprudenza chiarisce che la reversibilità, o comunque una quota di essa, qualora ci sia concorso con altro superstite, spetta anche all’ex coniuge titolare di assegno di divorzio.
Il coniuge divorziato ha diritto alla reversibilità se, alla morte dell’ex partner, risulta titolare di assegno di divorzio giudizialmente riconosciuto dal Tribunale per mezzo di sentenza che ha pronunciato lo scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio o per mezzo di sentenza emessa in sede di revisione.