- I prezzi al consumo sono aumentati dell’1,9% su base annua a maggio, in calo rispetto al 2,2% di aprile. È la prima volta da settembre 2024 che l’inflazione complessiva scivola anche al di sotto dell’obiettivo della Bce del 2%
- Arnott: “Materie prime come il petrolio e il gas naturale sono alcune delle componenti che compongono l’indice dei prezzi al consumo, quindi è logico che i loro prezzi tendano ad aumentare quando l’inflazione è in crescita”
L’oro viene tradizionalmente considerato una copertura contro l’inflazione, oltre che un porto sicuro, ovvero un rifugio naturale quando l’azionario perde il favore degli investitori in momenti di elevata volatilità sui mercati finanziari. Proprio queste caratteristiche rappresentano uno dei motivi alla base della serie di record infranti dal metallo giallo da inizio anno, unitamente ai massicci acquisti delle banche centrali che aumentano le loro riserve auree per ridurre la dipendenza dal dollaro statunitense. Ma rappresenta davvero la scelta giusta per proteggersi da un eventuale aumento dei prezzi? A rispondere a questa domanda è una nuova analisi di Morningstar dal titolo Commodities vs. gold: which is the better inflation hedge, che ha esaminato l’andamento storico dell’oro nei periodi di inflazione elevata confrontandolo con quello delle materie prime nel complesso, dal petrolio al caffè. Spoiler: entrambi coprono dall’inflazione, ma uno dei due è più affidabile.
L’inflazione scende sotto l’obiettivo Bce
Prima di analizzare i risultati, occorre chiarire che attualmente il rischio inflazione nell’eurozona non c’è. Al contrario, i prezzi al consumo sono aumentati dell’1,9% su base annua a maggio secondo l’Eurostat, in calo rispetto al 2,2% di aprile. È la prima volta da settembre 2024, in effetti, che l’inflazione complessiva scivola anche al di sotto dell’obiettivo della Banca centrale europea del 2%. Sappiamo però che si tratta di un rischio che può manifestarsi anche all’improvviso, con eventi inattesi come lo scoppio di un conflitto o di una catastrofe naturale. Ragion per cui può tornare utile riflettere sulle potenziali coperture.
Materie prime vs oro: lezioni dalla storia
Fatta questa premessa, ricordiamo che tra le materie prime rientrano i prodotti energetici (come petrolio, gas naturale e benzina) e i prodotti agricoli (come mais, grano, soia e caffè) ma anche metalli come l’oro, appunto, l’argento, il rame e il platino. Come evidenziato da Morningstar nella tabella sottostante, le materie prime si sono dimostrate nel tempo più costanti come copertura contro l’aumento dei prezzi. Hanno infatti “battuto” l’inflazione americana – su cui si focalizza l’analisi della società di rating – in tutti e cinque i periodi indicati, mentre l’oro è rimasto indietro in due casi. In particolare, il metallo giallo si è distinto all’inizio e alla fine degli anni ’70, quando “l’impennata dei prezzi del petrolio, la contrazione del mercato del lavoro e la rapida espansione dell’offerta monetaria hanno spinto l’inflazione a livelli storicamente elevati negli Stati Uniti”, fa sapere Amy C. Arnott, portfolio strategist di Morningstar.
Inoltre, ha registrato buone performance tra settembre 2007 e luglio 2008, quando i prezzi al consumo sono cresciuti di oltre il 5% sulla scia dell’aumento generalizzato dei prezzi del petrolio e dei generi alimentari e alla crescente domanda dei mercati emergenti. Al contrario, l’oro ha perso terreno alla fine degli anni ’80, quando si registrò un’impennata dei prezzi al consumo di circa il 20%. Allo stesso modo, tra metà 2021 e marzo 2023 i prezzi del lingotto sono aumentati, ma i rendimenti cumulativi sono rimasti inferiori di 13 punti percentuali rispetto al più ampio indice delle materie prime.
Perché le materie prime sono più “affidabili”
“Uno dei motivi per cui le materie prime hanno dato risultati più affidabili come copertura contro l’inflazione è semplice: materie prime come il petrolio e il gas naturale sono alcune delle componenti che compongono l’indice dei prezzi al consumo, quindi è logico che i loro prezzi tendano ad aumentare quando l’inflazione è in crescita”, spiega Arnott. “Più in generale, i prezzi delle materie prime sono determinati dalla domanda e dall’offerta e la domanda di materie prime tende ad aumentare durante i periodi di forte crescita economica. Una forte crescita economica, soprattutto se accompagnata da un mercato del lavoro rigido, è anche uno dei fattori che possono portare a periodi di inflazione più elevata”, continua l’esperta.
Arnott racconta come i prezzi dell’oro riflettano una serie di fattori, dall’incertezza geopolitica alle aspettative sui tassi di interesse, fino alle variazioni dell’offerta. Da considerare tra l’altro anche la potenziale sovrapposizione tra i fondi sulle materie prime e quelli focalizzati sull’oro. Per esempio, il Bloomberg commodity index, noto benchmark per i fondi sulle materie prime, riserva circa il 14% del proprio patrimonio ai futures sull’oro fisico. “In altre parole, se si possiede già un fondo sulle materie prime, è probabile che si abbia già una certa esposizione all’oro”, avverte Arnott.
Il caso delle obbligazioni inflation-linked
Chiarito che storicamente le materie prime sembrano rappresentare una scommessa migliore rispetto all’oro come copertura contro il rischio inflazione, occorre evidenziare che uno strumento finanziario pensato specificamente per proteggere gli investitori dalla perdita del potere d’acquisto causata dall’inflazione è quello delle obbligazioni indicizzate all’inflazione (anche note come obbligazioni inflation-linked): attualmente le aspettative di inflazione incorporate in questi titoli sono tra l’altro piuttosto basse, ragion per cui la protezione da quel rischio costerebbe meno.