I futures sull’oro hanno toccato un nuovo record lunedì mattina, con un picco a 3.159,30 dollari l’oncia. Tradotto in unità più familiari, significa oltre 100 dollari al grammo: un traguardo storico per il metallo giallo. La fiammata è coincisa con una chiusura bruciante per le borse asiatiche: il Nikkei ha ceduto il 4%, il Kospi coreano il 3%, l’Hang Seng l’1,4% e il Csi 300 lo 0,7%.
L’avvicinarsi delle date cruciali per l’entrata in vigore dei dazi reciproci annunciati dall’amministrazione Trump – la prima delle quali è fissata al 2 aprile – ha innescato una fuga dall’azionario non solo in Asia ma anche in Europa, dove l’Euro Stoxx 600 ha perso l’1,7% lunedì. L’incertezza sui dazi inizia a trasformarsi in anticipazione concreta dei danni economici che potrebbero derivarne, con prevedibili ripercussioni sugli utili aziendali. In questo contesto, l’oro continua a svolgere il suo ruolo di porto sicuro, rifugio naturale quando l’azionario perde il favore degli investitori.
“Vedo uno scenario chiaramente dominato dall’incertezza: i mercati non riescono più a interpretare Donald Trump. È la solita ‘arte del deal’ di Trump, che però rischia di passare al gambling, dalla ricerca dell’accordo all’azzardo”, dice a We Wealth l’analista di Swissquote Carlo Alberto De Casa. “I mercati sono spaesati”.
Solo in parte, secondo De Casa, la forza dell’oro dipende da una rotazione fuori dall’azionario statunitense, con l’S&P 500 in calo del 5,11% da inizio anno. “La paura è generalizzata”, osserva, “ed è in questo contesto che l’oro resta protagonista”.
Il punto è per quanto ancora questa esuberanza dell’oro – che prosegue dopo due anni già caratterizzati da forti rialzi – potrà durare. “Ho sempre mantenuto una view positiva sull’oro. Ma con l’oro a 91-92 euro al grammo, bisogna fare delle riflessioni”, spiega De Casa. “Se non ci sarà un’esasperazione dello scenario geopolitico – e non possiamo prevederlo – io credo che l’oro abbia già corso molto”.
“Se Trump tornasse a un atteggiamento più moderato, da deal, l’oro perderebbe parte del suo appeal”, aggiunge. “Se invece continua con questo approccio, rischia di essere scaricato anche da chi l’ha portato al potere. Nessuno – tranne gli speculatori – vuole un crollo della borsa. E i dazi su larga scala non sono una soluzione semplice. Non lo sono mai stati. L’esperienza degli anni ’30 ce lo insegna”.
Con la possibile risoluzione delle partite geopolitiche sponsorizzate da Trump in campagna elettorale e le promesse di politiche pro-business in America, l’oro sembrava destinato a perdere slancio a fine 2024. “Molti pensavano che l’oro avrebbe rallentato. Invece è successo il contrario. Il ‘Trump Trade’ si è consumato nel 2024, e ora vediamo il suo opposto”, osserva De Casa.
Ma questo non significa che il rally dell’oro possa continuare all’infinito. “Se l’oro arrivasse a 3.200 dollari l’oncia, secondo me avrebbe senso iniziare ad alleggerire la posizione. Non sto dicendo di chiudere tutto, ma chi avesse comprato a 2.000 dollari potrebbe iniziare a incassare parte del guadagno: magari ridurre del 25-30%”. E in condizioni normali, con un quadro tecnico così tirato, la sua view sarebbe ancora più decisa: “Se non fosse che le banche centrali stanno comprando oro al ritmo di mille tonnellate all’anno, a 3.200 dollari l’oncia venderei anche metà posizione”.
Intanto, però, la tentazione di salire a bordo del rally contagia anche gli investitori retail. Il Wall Street Journal ha riportato che un numero crescente di americani ha venduto criptovalute per rifugiarsi nell’oro fisico: dal bene più volatile a quello più tangibile. Ma chi non ha ancora oro in portafoglio dovrebbe acquistarlo adesso?
“Se l’orizzonte è breve, uno o due mesi, direi di no”, risponde De Casa. “A 3.200 dollari l’oncia, soprattutto con gli spread sull’oro fisico, non lo comprerei ora per rivenderlo tra poco. Se l’acquisto ha un orizzonte lungo – da lasciare in eredità, per la pensione – allora sì, ha senso. Però, se parliamo di trading a breve, meglio lasciar perdere, per ora”.