Il fabbisogno finanziario, per qualità e quantità, deve sincronizzarsi con un’aspettativa di vita maggiore. Per strutturare un portafoglio che funzioni, si deve partire dai bisogni del cliente
In Europa, secondo Eurostat, nel 2040 la popolazione anziana conterà per il 27% del totale (dal 20% di oggi).
Complice la pandemia, gli italiani sono preoccupati di problemi come il risparmio per la pensione, la cura dei genitori, il trasferimento di beni. Circa l’87% non ha però idea di quanti soldi serviranno.
Del domani v’è (una) certezza: l’età media della popolazione sarà più alta di quella di oggi. È un punto su cui concordano, da diverse angolazioni, tre dei massimi esponenti del private banking italiano: Paolo Federici, market head di Ubs Global Wealth Management in Italia, Alberto Martini, direttore Wealth Management di Banca Mediolanum e Luigi Provenza, chief commercial officer Investimenti & Wealth management di Banca Widiba.
I numeri (e la statistica) parlano chiaro. Le ultime stime dicono che gli over 65 supereranno la quota del miliardo entro il 2030, sostiene Federici. Secondo Eurostat, dieci anni più tardi in Europa gli ultrasessantacinquenni conteranno per il 27% della popolazione (ad oggi sono il 20%), rincara Martini. L’Italia invece già nel presente è un paese “anziano” con più della metà della popolazione che ha un’età superiore ai 45 anni, conclude Provenza che spiega: “un insieme di fattori tra cui l’aumento del benessere e dell’educazione, il progresso medico-scientifico e lo sviluppo tecnologico, sono le principali motivazioni del boom della longevità che sta interessando indiscutibilmente tutti i paesi sviluppati ad alto reddito, ma anche buona parte di quelli a medio reddito”. Allora la domanda sorge spontanea. Il tema della longevity è un tema nevralgico o ancora periferico nel mondo della consulenza finanziaria? Si direbbe che non c’è consulenza senza longevity. Innanzitutto, prima ancora che sul prodotto offerto, la maggiore aspettativa di vita del cliente impatta sul modo di concepire la consulenza stessa. “Il fabbisogno finanziario, per qualità e quantità, deve sincronizzarsi con un’aspettativa di vita maggiore. Per poterlo fare Ubs Gwm ha sviluppato un approccio alla gestione patrimoniale che parte non dal prodotto, ma dai bisogni del cliente e quindi dai suoi progetti e dal suo orizzonte temporale”, spiega Federici. Questo approccio strategico, denominato Ubs Wealth Way, fortemente tailor-made e a 360 gradi, continua Federici, si basa su quelle che Ubs Gwm definisce le 3 L: “Liquidity, che considera le risorse necessarie per mantenere il proprio stile di vita nel breve periodo; Longevity, per aiutare il cliente a migliorare il proprio stile di vita negli anni successivi e per tutta l’aspettativa di vita; Legacy, per aiutare il cliente a migliorare la vita dei propri cari oltre la propria aspettativa di vita”. La parte di longevity risulta dunque essere la costante di portafoglio per tutto il ciclo di vita del cliente e il collante tra consulenza ai più giovani, che non si pongono il tema successorio, e ai più anziani, meno sensibili all’aspetto di liquidità. A variare invece, a seconda dell’età del cliente, sono i contenuti della longevity.
“Per le persone anziane ad esempio non si può prescindere dai costi crescenti di assistenza e di cure sanitarie. Per i più giovani la logica è la stessa ma i fondamentali sono diversi”, spiega Federici. Non cambia invece la cornice dell’investimento, sempre più intagliata nella sostenibilità, trend plasmante il mondo di domani, che nel fare consulenza, secondo Federici, non si può trascurare: “il trait d’union tra giovani e anziani è il crescente appetito per gli investimenti sostenibili, tema secolare capace di coniugare sempre più serenità e profitto. Al Gore l’ha definita la più grande opportunità d’investimento di tutti i tempi”. Ad ogni modo al netto di logiche, sostanze e forme la consulenza ai tempi della cosiddetta silver economy deve fare i conti con una molteplicità di esigenze e con una pluralità di attori, tra di loro interconnessi. Gli obiettivi, come sottolinea Piacenza, sono i più disparati, ma sono tutti caratterizzati da un baricentro sempre più nel “futuro”: “dalla protezione del tenore di vita o della ricchezza accumulata, al passaggio generazionale; passando per l’indipendenza economica dei propri figli che si è spostata anche quest’ultima sempre di più avanti nel tempo”. Al centro del secondo ordine di problemi c’è invece il dialogo intergenerazionale. “L’allungamento della vita media e l’incertezza sul futuro aumenteranno anche il bisogno di confronto tra generazioni, favorendo così prospettive e investimenti più di lungo termine. Il consulente si deve dunque raffrontare non solo con il capofamiglia, ma con un pubblico numeroso ed eterogeneo composto da più generazioni con il compito di conciliare bisogni e obiettivi potenzialmente in conflitto tra loro”, spiega Martini. Fondamentale dunque è la figura del consulente che ha la missione di essere, come visto, paciere non solo di obiettivi ma anche di uomini e che secondo Piacenza “è un ottimo alleato: un vero e proprio personal trainer finanziario che aiuta famiglie e imprese a raggiungere i loro obiettivi”. Forse oggi più di ieri. In un mondo estrematemene incerto infatti edu- cazione e pianificazione finanziaria, soprattutto in un paese come l’Italia, ancora molto acerbo in materia, possono giocare un ruolo chiave. “Complice la pandemia, gli italiani sono preoccupati per i problemi che dovranno affrontare nella loro vita: il risparmio per la pensione, la cura dei genitori, il trasferimento di beni. Circa l’87% non ha però idea di quanti soldi serviranno. La sfida sarà trasferire adeguatamente questi concetti e sviluppare programmi e soluzioni capaci di aiutare i clienti a comprendere quanto servirà risparmiare: costruire insieme un vero e proprio longevity plan”, spiega Martini che conclude: “Si tratta di ribilanciare presente e futuro a favore di quest’ultimo”.
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