Soft landing, inflazione sotto controllo, tassi in discesa graduale, senza strappi. Lo scenario di riferimento su cui sono sintonizzati i mercati somiglia all’Economia dei riccioli d’oro, la Goldilocks economy, oggetto del desiderio di ogni investitore: un contesto rassicurante e favorevole, sia per i detentori di bond, che per le azioni.
Ci sono però rischi che non sono correttamente prezzati e rendono i mercati vulnerabili, almeno in alcune aree. E in ogni caso il quadro è destinato ad evolvere. Banalmente, i tassi tra sei o dodici mesi saranno significativamente più bassi rispetto ai livelli attuali, salvo sorprese.
E poi c’è l’impatto delle elezioni americane, che non è ancora stato pienamente prezzato. Bisogna attendere l’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca, il 20 gennaio: “potrebbe generare un aumento della volatilità, sia su dinamiche positive, che più riflessive”, sottolinea Nicolò Piotti, head of Asset management distribution Italy del Gruppo Edmond de Rothschild, che vale 190 miliardi di masse, divise equamente tra la Divisione private banking e la Divisione investimenti istituzionali.
Le idee d’investimento di Edmond de Rothschild am
Intanto, i livelli di concentrazione del mercato azionario fanno sollevare più di qualche sopracciglio. Basti pensare che all’interno dell’indice Msci World, l’America oggi vale quasi il 72%. Dieci anni fa era attorno al 55%.
Come interpretare questo contesto in divenire e preparare i portafogli al futuro?
Massimizzare la diversificazione, sia nella componente azionaria che in quella a reddito fisso, sarà molto importante da qui in avanti: farà la differenza nel determinare il risultato complessivo del portafoglio.
Cosa significa, nel concreto, massimizzare la diversificazione? Non basta trovare il giusto equilibrio tra azioni e bond, ora che la de-correlazione tra le principali classi di attivo è tornata a funzionare, da manuale?
Oggi occorre essere selettivi. E ampliare il più possibile il perimetro degli investimenti.
In quale direzione?
Le emissioni bancarie, per esempio: ci piacciono, in particolare, i titoli di debito delle banche europee che sono esposte in modo significativo alla clientela retail. Non solo i grandi istituti, come Intesa e Unicredit, ma anche quelli regionali e di media capitalizzazione. Qui è utile muoversi sia sul debito senior che su quello subordinato. Anche i titoli delle assicurazioni sono interessanti per la componente obbligazionaria.
E se guardiamo oltre il settore finanziario?
Una classe di attivo che ci piace molto è quella delle emissioni ibride: strumenti di debito subordinato emessi da società industriali e del settore terziario che offrono ritorni elevati, paragonabili a quello dell’universo high yield, pur avendo, nella maggior parte dei casi, un rating investment grade, di buona qualità: il rendimento è superiore di circa due o tre punti percentuali rispetto ai titoli di stato. La scadenza finale è molto lunga, ma è prevista una clausola di riscatto anticipato – la prima call in genere è entro tre o quattro anni – che tende a essere esercitata dagli emittenti e riduce significativamente la duration.
Le competenze di Edmond de Rothschild am
Il mercato del risparmio gestito è affollato e non si può essere bravi a fare tutto. Dove si concentrano le vostre competenze distintive?
Oltre al credito europeo, ai bond del settore finanziario e agli ibridi, già menzionati, vale la pena citare le obbligazioni dei Paesi emergenti, in particolare di emissione aziendale. E poi, sul fronte azionario, le small cap, le strategie sui Big Data ed il debito infrastrutturale e immobiliare (leggi), per la componente illiquida, oltre a strategie dedicate alla rigenerazione urbana in Europa di aree contaminate presenti nelle varie città, incluse quelle italiane.
Partiamo dal debito emergente, una classe di attivo favorita dai tagli dei tassi negli Stati Uniti, in un contesto di crescita dell’economia globale. La componente high yield delle obbligazioni corporate emergenti ha già guadagnato il 13% circa da inizio anno: la performance riflette un puro e semplice rerating e non è ancora stato sostenuto dai flussi, che invece potrebbero alimentare una prosecuzione del trend. Oggi vale la pena aggiungere alla parte governativa anche il credito, specialmente in America Latina.
Quali sono le vostre aspettative sulla Cina, che è sostenuta da un rinnovato impegno delle autorità di Pechino a sostenere la fiducia, attraverso un bazooka di stimoli monetari e anche fiscali, benché ancora da dettagliare?
Sulla Cina iniziamo ad avere un approccio più neutrale, anche se rimaniamo un po’ attendisti nei nostri portafogli. Riteniamo che il rally iniziato a fine settembre non sia strutturale: necessita di un ulteriore catalizzatore per riproporre la locomotiva cinese come uno dei motori della crescita futura. Il mercato azionario è molto concentrato: gli Stati Uniti valgono da soli oltre il 70% dell’Msci World e, a sua volta, Wall Street è dominata da pochi nomi, i soliti noti.
Bisogna trovare un giusto bilanciamento, tra azioni americane ed europee, e sulle diverse capitalizzazioni: oggi, per esempio, le small e mid cap sono molto interessanti in termini di valutazioni. Sono sostenute dalla riduzione dei tassi, che potrebbe incoraggiare gli investitori ad allocarvi una parte del proprio capitale. Importante è guardare anche alle strategie azionarie che si focalizzano sulle dinamiche Esg ed in particolare ai fondi definiti articolo 9 Sfdr, per partecipare ai trend futuri ecosostenibili.
L’Ai è tra i fattori determinati che hanno guidato il rally di Borsa degli ultimi 24 mesi. Di tanto in tanto, però, il mercato si interroga sui tempi necessari per rendere profittevoli i maxi investimenti realizzati dalle big tech in questo settore… Non c’è dubbio che l’intelligenza artificiale sia un trend irreversibile. Ma il modo corretto per investire su questo tema è attraverso strategie diversificate, che massimizzino la gestione del rischio, cavalcando in particolare tre temi: le aziende che generano i dati, l’analisi e l’elaborazione degli stessi, e gli utenti di questi dati, che sono, in larga parte, società non tecnologiche.
Il ruolo dei mercati privati
Che ruolo possono avere i mercati privati, nell’allargare ulteriormente il perimetro della diversificazione?
Per i clienti sofisticati sono un utile strumento di ottimizzazione del portafoglio. Il nostro focus, qui, è sul debito infrastrutturale ed il debito immobiliare, da affiancare alla componente obbligazionaria.
Perché sono interessanti?
Perché pur senza avere liquidità giornaliera – caratteristica tipica di tutti gli asset illiquidi – consentono di ottenere fin da subito un flusso cedolare, ovviamente più generoso rispetto a quello ottenibile dai mercati pubblici. Attualmente gestiamo 12 miliardi in strategie legate al real estate, con un focus sulle opportunità nel debito immobiliare, più altri 6 miliardi nel debito infrastrutturale, un settore che sta attirando sempre più capitale.
Oggi troviamo opportunità particolarmente interessanti nelle infrastrutture di media dimensione, sia negli Stati Uniti che in Europa, dov’è maggiore la necessità di investimenti. Pensiamo alle esigenze legate alla nuova mobilità, come lo sviluppo di una rete di postazioni per la ricarica dei veicoli elettrici oppure, ancora, il segmento delle biomasse e le energie alterative. I progetti infrastrutturali più grandi sono nel mirino di molti investitori, in un certo senso sono più affollati, quindi scontano un ritorno sull’investimento che può essere subottimale. Per questo ci focalizziamo sulle iniziative di media capitalizzazione e finanziamenti similari.
E se si guarda al private equity?
Noi siamo concentrati su settori di nicchia in grande espansione, come l’agrifood, la rigenerazione urbana in Europa, di cui siamo leader e l’Africa. In questo caso, però, bisogna mettere in conto che l’orizzonte d’investimento si allunga in modo considerevole. È così. D’altra parte, il focus sul lungo termine è scritto nel Dna di Edmond de Rotschild. Il gruppo, frutto di un capitalismo familiare di stampo imprenditoriale, non è quotato e quindi può orientare le proprie strategie sul giusto orizzonte, senza subire le pressioni del mercato. Esiste un pieno allineamento di interessi, testimoniato dal fatto che la holding di famiglia investe in tutte le strategie che offriamo ai clienti.
Edmond de Rothschild e la filantropia
Oltre alla finanza, il gruppo investe in attività reali come vini, champagne, prodotti agricoli, hotellerie e leisure ed è molto attivo sul fronte filantropico, in particolare nella lotta contro le malattie infantili. Qual è la strategia per la crescita del business sul mercato italiano?
Edmond de Rothschild a livello di gruppo ha due anime: il Private banking e l’Asset management, per circa 190 miliardi di masse divise equamente tra i due rami di attività. Dal mio arrivo alla guida dell’Asset management, poco più di due anni fa, l’obiettivo è stato quello di dare maggiore visibilità alle competenze distintive del gruppo, sia nella relazione con gli intermediari finanziari, sia con gli istituzionali, compreso il segmento dei family office. Oltre agli accordi distributivi già in essere con Fineco e Mediobanca Premier, abbiamo di recente avviato una collaborazione con il Wealth managemente Private banking di Crédit Agricole: si tratta di una partnership solida che offre interessanti opportunità di crescita e reciproco vantaggio.
Chi è Nicolò Piotti
Nicolò Piotti è head of Asset management distribution Italy del Gruppo Edmond de Rothschild da maggio del 2022. In precedenza, è stato per cinque anni in Payden & Rygel come head of Continental Europe institutional and Wholesale client. Prima ancora ha lavorato per 19 anni in Morgan Stanley Investment Management, occupandosi di un’ampia gamma di mercati e prodotti, dal punto di vista commerciale, per Italia, Svizzera, Austria e Grecia. Si è laureato nel 1994 all’Università Bocconi in Economia e Commercio, con specializzazione in Finanza aziendal