Cb Insights: a novembre gli unicorni a livello globale hanno superato quota 500 con una valutazione complessiva pari a 1,592 mila miliardi di dollari
Nicola Anzivino (PwC): “L’Italia non ha le caratteristiche per far crescere degli unicorni, ma questo purtroppo è vero in generale in Europa dove le società di questo tipo sono poche”
We Wealth ha chiesto Nicola Anzivino, partner ed Emea clients & markets deals leader di PwC di commentare la classifica, analizzandone alcuni aspetti chiave.
Partiamo dalle basi. Quali sono le caratteristiche che contraddistinguono un unicorno?
Ci sono 7 elementi che caratterizzano un unicorno:
- Mercati di riferimento in fortissima crescita ed altamente attrattivi in termini di crescita nel medio periodo;
- Modello di business e soluzioni offerte ai clienti fortemente innovative e disruptive in termini competitivi (capitale di conoscenza);
- Team altamente qualificato e fortemente visionario soprattutto sui temi digitali con alta propensione al rischio (capitale umano);
- Scalabilità di business capace di attrarre significativi capitali di rischio fin dall’inizio da investitori specializzati e che supportano lo sviluppo;
- Perseguimento di growth strategy con forte orientamento alla centralità del cliente nella loro value proposition;
- Capacità di valorizzare l’ecosistema circostante attraverso creazione di una piattaforma digitale “aperta” (capitale relazionale)
- Capacità di apprendimento e forte purpose aziendale (soprattutto in ambito esg) con corretto timing nella scelta degli stakeholders aziendali (clienti, finanziatori, dipendenti, ecc.)
Insomma una combinazione non facile da trovare, forse per questo di unicorni non ce ne sono molti nel mondo e soprattutto nascono in specifici ambienti economici.
Stando alla classifica, gli Stati Uniti sono il Paese che conta più unicorni, perché?
Se uno considera gli elementi caratterizzanti un unicorno si rende conto che sono molto compatibili con il modello imprenditoriale e capitalistico americano, oltre al fatto che gli Stati Uniti sono quelli che hanno ecosistemi sviluppati nei mercati più attrattivi quali artificial intelligence, fintech, cybersecurity ed e-commerce dove possono crescere gli unicorni. Inoltre, la presenza significativa e qualificata di investitori quali business angels e venture capitalists costituisce la condizione necessaria per lo sviluppo di queste particolari società che hanno bisogno di capitali ad alto rischio, oltre al fatto che il mercato borsistico americano poi è un ottimo volano per l’exit di questi investitori e permettendo una nuova fase di maturazione aziendale. La propensione al rischio e il forte connotato visionario dei fondatori di questi unicorni è altra caratteristica molto americana, alcuni di loro per altro prima di fondare un unicorno sono falliti diverse volte e questo non è stato considerato un problema.
Nella lista manca l’Italia. Quali sono le ragioni di questo gap? Guardando al futuro, quali sono i potenziali unicorni del Bel Paese?
L’Italia non ha le caratteristiche per far crescere degli unicorni ma questo purtroppo è vero in generale in Europa dove le società di questo tipo sono poche. Noi Europei non dobbiamo giocare un gioco che non è il nostro, piuttosto che cercare unicorni dobbiamo puntare su far crescere foreste di “querce rosse”, sono alberi a crescita veloce, con forti radici nel terreno, resistenti al freddo, bellissimi da vedere e che resistono bene ai parassiti. Esplicitando la metafora, puntare su aziende a crescita veloce, capacità di valorizzare il connotato territoriale, di resistere bene alle crisi, puntando sul design thinking e che evitino di avere a bordo stakeholders parassiti. Come PwC abbiamo identificato circa 500 società italiane che sono ancora “piccole” ma che hanno le caratteristiche sopra evidenziate, nostro obiettivo mettere a disposizione le nostre competenze professionali per far crescere tante belle foreste in tutta Italia.
Il settore prevalente nel dataset è quello legato a servizi e software per internet, quali possono essere le ragioni?
Se uno vede le caratteristiche che hanno gli unicorni si rende conto che incrociano molto le caratteristiche dei settori servizi e software per internet, in particolare in termini di scalabilità di business, piattaforme digitali “aperte”, disruptive innovation e valorizzazione dell’ecosistema circostante. Inoltre, questo settore attrae da sempre i talenti imprenditoriali più visionari ed è caratterizzata da un forte orientamento alla growth strategy, insomma un chiaro sintomo del dominio dell’intangible economy.
Cosa dire della grande presenza di fintech nel dataset?
Il Fintech ovvero l’applicazione degli strumenti digitali al mondo finanziario è estremamente dinamico, viene guidato proprio dai consumatori e dalle aziende che guardano con forte interesse ai nuovi servizi finanziari e assicurativi a disposizione. In tale ambito si confrontano le banche che stanno cercando di essere sempre più digitali e le emerging companies che operano sempre più in una logica open finance, un ambiente perfetto per far crescere degli unicorni come testimoniato dalla presenza significativa nella classifica. In Italia, recentemente Satispay ha completato un round di finanziamento da €93 milioni attirando interesse e capitale di soggetti quali Square (Jack Dorsey di Twitter), Tencemt (Wechat) e Lgt Lightstone, tre grandi investitori tech a livello globale, non ancora un unicorno ma molto promettente.