Mentre solo fino a pochi giorni fa, la maggior parte degli sportivi assisteva curiosa alle partite di calcio del Mondiale in Qatar, uno studio della London School of Economics ha portato alla ribalta la lotteria dei rigori: secondo il professor Ignacio Palacios-Huerta, autore dello studio, la squadra che inizia a calciare per prima ha il 60% di possibilità di vittoria. Il dato è frutto dell’analisi di tutte le partite finite ai rigori dal 1997 ad oggi.
Il 10% di chance di vittoria in più non è poco, e all’origine di questo dato sembrano esserci ragioni prettamente legate allo stato mentale del calciatore.
Chi calcia per primo ha molte meno responsabilità – e di conseguenze aspettative – di chi invece calcia per secondo. Se l’avversario ha segnato, deve assolutamente segnare, altrimenti finisce in svantaggio. E se l’avversario non ha segnato, l’opportunità di passare in vantaggio può creare ugualmente tensione, la cosiddetta “paura” di vincere, come viene definita dalle neuroscienze.
Nel calcio come nella vita di tutti i giorni, le aspettative possono generare in noi delle tensioni emotive tali da influenzare negativamente l’esecuzione dei nostri compiti e pregiudicare il nostro risultato.
La fortuna del principiante e la legge di Murphy
Per spiegarlo, pensiamo a chi svolge un compito per la prima volta. Non si hanno metri di paragone con altre prestazioni passate e quindi si è mentalmente “liberi” di agire. Qualsiasi risultato si otterrà, sarà un punto di partenza. E questo consente di concentrarsi nel “qui e ora” e ottenere risultati ragguardevoli. Molti la chiamano “la fortuna del principiante”, in realtà è semplicemente uno stato mentale aperto all’esplorazione e privo della paura del fallimento.
Cosa succede invece quando si deve ripetere una performance, magari cercando di migliorarla?
Nella nostra mente si crea un’aspettativa. Si alza l’asticella e si prova a fare meglio. Se si ha abbastanza confidenza con il compito in questione, può darsi che la ripetizione del gesto ci venga facile. Ma il solo fatto di dover agire confrontandoci con una nostra performance passata, genera in noi una sfida che, in alcuni casi, può generare tensione, senso di responsabilità, e possibile paura del fallimento.
- E se stavolta andrà male?
- E se stavolta commetterò un errore?
- E se quella coincidenza fortuita che si è verificata in precedenza stavolta non dovesse verificarsi?
Il confronto insidia il dubbio nella nostra mente e il dubbio ci carica di paure.
E allora, anziché la fortuna del principiante, ci troviamo a dover fronteggiare la legge di Murphy: se cominciamo a pensare che qualcosa andrà storto … accadrà.
Ancora una volta, il risultato è influenzato dai processi mentali che creiamo nella nostra mente. Nel bene e nel male.
Le aspettative verso gli altri
Passiamo dai calci di rigore alla sfera di lavoro per una trattativa. Anche in questo caso, chi inizia è avvantaggiato, perché può condurre il gioco. Qui l’aspettativa non è più verso se stessi e la propria performance, ma verso quello che ci aspettiamo che gli altri dicano.
Immaginiamo due ceo che devono stringere un accordo commerciale. Il primo offre una quotazione secondo la quale vale la pena iniziare a discutere. Fissa un punto di partenza. L’altro, nel rispondere, non può fare a meno che tenere in considerazione le premesse appena fatte.
Per questo, chi inizia ha il controllo della situazione. In qualità di esperto e fondatore della disciplina di Domandologia, spiego sempre ai miei corsisti l’importanza delle domande, soprattutto quelle aperte, perché ci danno la possibilità di raccogliere informazioni, capire meglio l’altro e orientare la nostra comunicazione in modo che abbia finalità maieutiche.
Chi domanda, guida. E se è l’altro a domandare per primo, spesso la tattica migliore è rispondere con un’altra domanda, come notoriamente usato dai Gesuiti nella loro pedagogia fondata sulle teorie di S. Ignazio.
Arrivare secondi
Abbiamo parlato delle nostre aspettative verso noi stessi. Poi delle nostre aspettative verso gli altri; infine occorre parlare delle aspettative degli altri verso noi stessi.
Anche in questo caso, iniziare per secondi significa partire sempre in svantaggio.
Una delle leggi più importanti del marketing riguarda il posizionamento e dice che vince chi occupa per primo una nicchia di mercato.
Semplificando al massimo le ragioni sono prevalentemente due.
- Primo, chi “apre” una nuova nicchia viene riconosciuto come l’ideatore della stessa e quindi come l’originale. Tutto ciò che arriva dopo, è percepito come una copia.
- Secondo, perché chi arriva dopo, se vuole vincere sulla concorrenza, non basta che offra prodotti della stessa qualità, deve andare oltre. E questo implica uno sforzo maggiore. Ecco perché qualsiasi esperto di marketing sconsiglierebbe di aggredire una nicchia di mercato già occupata da un leader.
Come si risolve la questione?
In ambito commerciale, si cerca di trovare una nuova nicchia, o una sottonicchia. Che equivale a pensare in modo diverso, a trovare una nuova strada, ad adottare soluzioni creative che siano distintive. In fin dei conti, si tratta pur sempre di un’attitudine mentale.
D’altronde, il segreto è tutto lì. È vero che le statistiche ci dicono che chi inizia per primo ha il 10% di chance in più, ma quelle statistiche sono semplicemente la dimostrazione del funzionamento della nostra mente: di fronte a una maggiore pressione, a una maggiore responsabilità, le nostre preoccupazioni si dilatano e offuscano il nostro agire, inficiando i nostri risultati.
Più che preoccuparsi del fatto di calciare per ultimi o partire dopo gli altri, occorrerebbe lavorare sullo sviluppo della propria intelligenza emotiva: la capacità di un individuo di riconoscere, distinguere e gestire le emozioni proprie e degli altri per pensare da vincitori pur partendo per secondi!