Morgan Stanley licenzierà centinaia di dipendenti nel wealth management, una revisione del personale che ridurrà di meno dell’1% le 4.000 unità della divisione. E’ quanto trapela dalle pagine del Wall Street Journal, che ha pubblicato per primo l’indiscrezione; le comunicazioni ai lavoratori colpiti dai tagli saranno inviate nei prossimi giorni. Considerando le cifre in gioco, si possono ipotizzare tra le 300 e quasi 400 fuoriuscite.
I profili che saranno interessati dai tagli appartengono a posizioni non a contatto con il pubblico e alcuni managing director, ma non coinvolgeranno i consulenti finanziari e i loro team di supporto, ha fatto sapere il Wsj.
Una tendenza globale
Il settore bancario ha tagliato, a livello globale, decine di migliaia di posti di lavoro nel corso del 2023 e la stessa Morgan Stanley aveva già ridotto del 2% il suo personale complessivo alla fine del 2022.
Di norma, però, le divisioni più colpite dai tagli sono quelle del corporate e investment banking, che hanno subito un drastico calo delle commissioni generate dalle quotazioni in Borsa e dalle operazioni di fusione e acquisizione, in forte riduzione dopo l’aumento dei tassi. Nel 2023 il valore totale delle operazioni di M&A globali si è più che dimezzato rispetto al più recente picco del 2021, secondo un rapporto di S&P dello scorso gennaio.
Per Morgan Stanley, come per molte altre banche, il wealth management ha rappresentato una fonte di entrata meno volatile rispetto all’investment banking e alle attività di trading, arrivando a rappresentare circa la metà dei ricavi complessivi, con 5mila miliardi di dollari in asset gestiti. Nel quarto trimestre i nuovi asset del wealth sono diminuiti dell’8% rispetto all’anno precedente a 47,5 miliardi di dollari, dopo un -45% registrato fra luglio e settembre. Non è trapelata la ragione strategica per la quale proprio il wealth management sia finito al centro di una nuova ondata di tagli.
I tagli in Italia e nel mondo
La riduzione dei costi del personale bancario globale è rimasto sul tavolo per tutto il 2023: secondo i calcoli del Financial Times, le prime 20 banche a livello mondiale hanno tagliato 61.905 posti di lavoro lo scorso anno. Con almeno 13mila licenziamenti, Ubs è stata la più drastica nei tagli, in seguito alla fusione con Credit Suisse e la forte riduzione dell’investment banking e varie posizioni ridondanti, seguita dall’americana Wells Fargo con 12mila fuoriuscite.
In Italia, gli aggiornamenti sull’occupazione del personale bancario al 2023 sono attesi, da parte di Bankitalia, entro fine marzo. L’ultima fotografia disponibile, comunque, era pienamente in linea con la tendenza globale in dimagrimento. Fra il 2021 e il 2022, infatti, è proseguita la riduzione nel numero di dipendenti da 269.779 a 264.132 unità. In particolare, ad aver tagliato in modo più drastico il numero dei dipendenti sono state le banche italiane di grandi dimensioni, il cui personale è stato falciato del -28,73% fra il 2021 e il 2022, passando da 34.058 a 24.272 unità.
Tagli, probabili anche nel 2024
Per il settore bancario, proseguire la politica dei tagli occupazionali potrebbe essere una delle leve strategiche per sostenere la crescita dei ricavi amche nel 2024, in un contesto nel quale il calo dei tassi d’interesse ridurrà i margini sui crediti alla base dei recenti record. “In generale, le prospettive per i prossimi anni per le banche indicano un fatturato stabile”, aveva dichiarato a Reuters Ronan O’Kelly, partner della società di consulenza Oliver Wyman, “i costi sono la leva più importante che le banche possono utilizzare per riportare i ritorni dove dovrebbero essere”.