I minibond sono nati nel 2012 come una risposta al credit crunch provocato dalla Grande Crisi Finanziaria del 2008. Un contesto simile a quello che stiamo vivendo, sebbene innescato da diverse cause. Ecco perché vale la pena conoscere questi strumenti. Il settimo Osservatorio Minibond del Politecnico di Milano ha censito in Italia nel 2020 194 emissioni da società non finanziarie per importi sotto i 50 milioni di euro, per un totale di 920 milioni di euro. Dalla nascita di questo mercato a fine 2020 sono stati emessi minibond da 671 imprese italiane, di cui circa il 61% sono pmi. Il 64% delle emittenti ha un fatturato inferiore ai 50 milioni di euro, il 12% ha ricavi compresi tra 50 e 100 milioni e il 19% ha fatturato oltre 100 milioni. Banca Finint, Unicredit, Frigiolini & Partners Merchant, Banca Sella, Pirola Corporate Finance sono i maggiori arranger di minibond.
Ma non tutte le aziende possono emetterli. “L’impresa deve es- sere nella condizione di generare cassa già nel breve termine per remunerare e rimborsare il credito. Quelle troppo indebitate, o con rapporto ebitda/debito e marginalità bassi, difficilmente troveranno investitori, salvo offrano un upside da eventuale conversione del debito in equity”, chiarisce Giancarlo Giudici, professore ordina- rio al Politecnico di Milano e direttore scientifico dell’Osservatorio Minibond. Occorrono anche altri requisiti alle aspiranti emittenti, quali certificazione dei bilanci, rispetto del business plan e dei parametri minimi di capitale, aggiunge Alessandro Mallo, Co-Head Debt Capital Market Mid Market Italy di Unicredit. La banca, attiva nel settore dal 2017, ha strutturato o sottoscritto 77 minibond, per un valore di oltre 550 milioni
I minibond sono strumenti molto flessibili, con scadenza da alcuni mesi a oltre 20 anni, in media 5,47 anni, se- condo il Politecnico di Milano. “L’utilizzo più idoneo dei minibond è il finanziamento di progetti a medio-lungo termine, con durata tra i 5 e i 10 anni”, suggerisce Simone Brugnera, Head of Minibond e Direct Lending, Corporate and Investment Banking di Banca Finint, che a fine 2020 ha strutturato minibond e basket bond per oltre 1 miliardo. L’emissione di un prestito obbligazionario comporta una serie di vantaggi alle emittenti. Innanzitutto, possono acquisire competenze complementari sulla finanza. “Un utile allenamento in preparazione a possibili operazioni più complesse sul mercato mobiliare, come private equity e quotazione in Borsa”, segnala Giudici. In questo senso, per dirla con Brugnera, il minibond funge da “porta d’accesso per il mercato dei capitali”. Inoltre, permette alle pmi di ottenere un maggiore potere contrattuale verso le banche e di assicurarsi capitale a lungo termine (fino a 7 anni), mentre i prestiti bancari di medio-lungo periodo durano in media 4 anni, ricorda Mallo. Che sottolinea anche il ritorno di visibilità dai minibond, che non deriva dal messaggio di trasparenza e solidità aziendale dato al mercato. “Molte emittenti sono avvicinate dai fondi di private equity e più in generale, godono di maggiori opportunità di business”, segnala Mallo. Per Brugnera, “emettere oggi significa emettere domani a condizioni migliorative: importi più alti, tassi più bassi e covenant meno stringenti”.
Un altro beneficio dei minibond è a suo avviso una managerializzazione dell’azienda, che la rende più resiliente in periodi economici negativi.D’altro canto, il principale svantaggio dei minibond sono i costi. Tra questi rientrano: cedola per gli investitori; commissione di strutturazione (indicativamente il costo una tantum è fra 0,5% e 2%); eventuali atti notarili e registrazioni di contratti; costi della documentazione legale; pagamento dell’agenzia di rating (se è previsto un rating al minibond); costi del notaio in caso di titoli cartacei oppure l’ accentramento in Monte Titoli in caso di dematerializzazione dei titoli; costo di un’eventuale quotazione in Borsa. Il tasso d’interesse, ossia la cedola, è il principale costo associato al minibond. “Sulla base della nostra esperienza, è com- presa tra il 3% e il 6%, a seconda del merito di credito dell’azienda e della tipologia di operazione, mentre nei basket bond si scende anche ampiamente sotto il 3%, specialmente se si attivano garanzie pubbliche”, spiega Brugnera. La buona notizia è che i tassi dei minibond sono scesi molto da quando è nato il prodotto: dal 7-8% dei primi anni fino ad arrivare al 3,6% del 2020, dicono i dati del Politecnico di Milano. Merito anche dei basket bond (cartolarizzazioni di minibond). I basket bond con garanzie pubbliche a copertura delle prime perdite consentono tassi più bassi, fa notare Mallo di Unicredit, la banca che ha agito in qualità di arranger nel basket bond della Regione Puglia (fino a 160 milioni) e che ha lanciato insieme a Cdp il primo basket bond di filiera da 200 milioni, con prima tranche per il settore vitivinicolo. I costi di emissione inoltre possono essere più bassi grazie ai fondi regionali, che possono rimborsare il 50% delle commissioni di strutturazione, come accaduto per il basket bond della Puglia, dove anche le spese legali sono state a carico dell’arranger. In ogni caso, sebbene il minibond abbia un costo maggiore rispetto al finanziamento bancario, “è significativamente inferiore ad altre operazioni di ingresso sul mercato dei capitali”, conclude Brugnera.