Condotto uno studio su un campione di quasi 23mila soggetti (tra millennial e generazione Z, di cui 800 in Italia) provenienti da 45 paesi
Il climate change e la difesa dell’ambiente restano la preoccupazione numero uno della generazione Z (con il 26% a livello globale e il 41% in Italia)
Il 60% dei giovani teme che l’impegno delle imprese in tal senso sarà messo in secondo piano dalle sfide economiche generate dalla crisi
Sulla base di questo scenario, il cambiamento climatico e la difesa dell’ambiente restano la priorità numero uno degli individui della generazione Z (con il 26% a livello globale e il 41% in Italia), seguiti dalla disoccupazione (rispettivamente con il 25 e il 35%) e dalla salute (21% e 25%). Per i millennial, in cima alle preoccupazioni a livello globale sale il capitolo salute e prevenzione (28%), mentre gli italiani vedono la disoccupazione al primo posto (39%). Quanto al Pianeta, il 31% della genZ in Italia e il 40% circa a livello globale crede che sempre più persone si impegneranno sul fronte delle questioni ambientali dopo la crisi pandemica, ma il 60% teme che l’impegno delle imprese nel combattere il climate change sarà messo in secondo piano dalle sfide economiche generate dall’emergenza sanitaria.
“È in qualche modo notevole che gli intervistati siano rimasti concentrati sulle questioni ambientali quando le minacce alla loro salute, al benessere familiare e alle carriere erano più imminenti”, si legge nel rapporto. “Nel sondaggio pre-pandemia dello scorso anno, la metà di tutti gli intervistati ha affermato di temere che l’ambiente avesse superato il punto di non ritorno e che fosse troppo tardi per riparare i danni causati dal cambiamento climatico”. Cifre che, seppur ancora elevate, sono scese al 44% per i millennial e al 43% per la genZ. Secondo Deloitte, i segnali incoraggianti osservati durante i periodi di lockdown potrebbero aver alimentato l’ottimismo in tal senso. Uno dei “pochi risultati positivi della pandemia globale”, scrivono, è stata la realizzazione di come individui, organizzazioni e istituzioni possano cambiare “quando necessario” e la riduzione delle attività inquinanti potrebbe a sua volta aiutare a guarire il Pianeta. Poco più di due terzi dei giovani affermano infatti che i cambiamenti ambientali osservati durante la crisi (meno inquinamento e acqua più pulita, tra gli altri) li rendono più ottimisti sul fatto che il climate change possa essere invertito. Ma è necessario anche un maggior supporto da parte delle imprese.
I leader aziendali, osservano i ricercatori, dovrebbero aiutare attivamente queste generazioni a incanalare la loro determinazione e a concentrare i propri sforzi per creare il futuro che desiderano: un futuro più responsabile nei confronti del Pianeta, più empatico nei confronti delle popolazioni di tutto il mondo e più favorevole all’uguaglianza. Concentrandosi dunque sulla creazione di un impatto positivo sulla società e coinvolgendo anche i propri stessi dipendenti, un modo che “probabilmente” potrebbe aiutarli anche ad attrarre e trattenere talenti. “Non stupisce che i giovani si concentrino sempre più sulle questioni ambientali e di responsabilità sociale. Allo stesso tempo emerge una certa sfiducia nei confronti delle imprese e della loro capacità di fare la differenza su questi temi: è un monito di cui tutto il mondo del business deve tenere conto”, interviene Fabio Pompei, ceo di Deloitte Italia. Poi conclude: “Soprattutto ora che con il Piano nazionale di ripresa e resilienza abbiamo davvero l’opportunità di conciliare il bisogno di ritorno alla crescita con la possibilità di rendere più sostenibile la nostra economia”.