Virtù e limiti dell’intelligenza artificiale applicata alla consulenza finanziaria sono state al centro dei lavori di ConsulenTia 2025, ne abbiamo parlato con Stefano Manfrone, capo del life banker network Bnl Bnp Paribas.
Dottor Manfrone, ci dica un esempio interessante su come Bnl-Bnp Paribas sta applicando l’intelligenza artificiale nella consulenza.
Stiamo lavorando su una use case che sta ottenendo al momento ritorni prossimi al 100%, grazie alla quale possiamo guardare ad aziende prospect che soddisfino caratteristiche di interesse per noi sia da un punto di vista di esigenze creditizie che di gestione della proprietà. Né l’azienda né il proprietario sono ancora nostri clienti. L’intelligenza artificiale analizza una grande quantità di dati, pubblici e quindi nel pieno rispetto dell’azienda e sul mercato in cui opera, per individuare quelle realtà su cui possiamo provare a proporre la nostra attività.
Quindi non è un approccio generico, ma altamente mirato?
Esatto. Ci presentiamo, con massimo rispetto e in ottica proattiva, proponendo un servizio specifico per una specifica esigenza. L’appartenenza a un gruppo internazionale come Bnp Paribas ci aiuta. Siamo una delle pochissime banche internazionali presenti in Italia (con 14 società compresa Bnl), e questo è un valore aggiunto. L’Italia è un paese fortemente export-oriented: molte aziende hanno il 60-80% del fatturato all’estero. Noi ci presentiamo con la nostra rete globale, e questa è una leva fondamentale. Il nostro canale di accesso è solitamente il Cfo dell’azienda oltre all’owner o azionista di riferimento.
Quindi il Cfo è un target strategico sia per la consulenza aziendale che per la gestione patrimoniale?
Il Cfo è una figura chiave: spesso apre il contatto ad altri interlocutori strategici. Sicuramente, ci interfacciamo anche con la proprietà. Il nostro team lavora sempre in duo, con un consulente finanziario e uno specialista corporate. E qui voglio sottolineare come BNL e BNP Paribas siano un ecosistema al servizio de cliente, con piattaforme di servizi e soluzioni. Il consulente finanziario è il primo a prendere contatto, e poi entra in gioco lo specialista per approfondire la proposta. Questo metodo ha un impatto importante anche sulla fonte di reddito extra-portafoglio di investimento per i nostri consulenti. Abbiamo consulenti che ottengono fino al 30% del loro fatturato da attività extra-investimenti, con una media tra il 15% e il 20%.
Quanta collaborazione c’è da parte della rete nell’elaborazione dei dati dei clienti, anche tramite AI?
L’AI ha un potenziale enorme, ma va gestita con cura. I consulenti finanziari sono gelosi dei propri dati, e convincerli a integrarli in un sistema più ampio richiede un’educazione progressiva. Visto il vantaggio reciproco di piattaforme dati sempre più complete, sempre più accurate, è necessario avere la collaborazione fattiva dei consulenti finanziari.
Quando prevedete di estendere l’AI a tutta la rete? La state già applicando alla consulenza evoluta?
Nei prossimi 3 – 5 anni, prevediamo una diffusione rilevante dell’AI nella rete dei consulenti finanziari, ma con un obiettivo chiaro: non sostituire il consulente, ma aiutarlo nella gestione della clientela e nella ricerca di nuovi prospect.
L’AI può diventare anche un fattore di concorrenza per le reti, come ha suggerito Fineco anche qui a ConsulenTia?
La consulenza patriomoniale, lo ribadisco, vede e vedrà sempre di più il consulente al centro di una catena di valore. Pertanto, spostare un cliente da una rete all’altra è molto difficile anche per il rapporto di fiducia che si stabilisce tra il consulente e il cliente stesso. Quindi, il focus è attirare i migliori consulenti per sviluppare gli obiettivi della singola rete.
Il trilogo europeo sulla retail investment strategy è in corso. Qual è la vostra previsione sul testo che ne verrà fuori?
Sarà un cambiamento importante, con un impatto diretto sulla redditività di tutti gli intermediari. Ci aspettiamo una compressione dei margini, sia per le banche che per le reti di consulenza. Tuttavia, il nostro modello ci permette di risentire meno di questi impatti, grazie alla diversificazione delle fonti di reddito e alla proposizione di nuovi servizi che rispondano sempre meglio alle richieste dei clienti finali, privati e imprese.
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