L’ultimo approfondimento di Itinerari previdenziali spiega come l’attuale sistema pensionistico non potrà garantire lo stesso tenore di vita che si aveva quando si lavorava
Dunque, per riequilibrare il tutto sarebbe meglio scegliere una forma complementare di previdenza
Fino agli inizi degli anni ’90 in Italia c’era il metodo di calcolo retributivo. E dunque la pensione che si andava a percepire veniva calcolata in base alla media delle ultime annualità moltiplicata per un coefficiente di proporzionamento che variava tra il 2 e lo 0,9% annuo. Questo sistema non è però durato fino ai giorni nostri. E infatti alla fine del secolo scorso a causa dell’invecchiamento della popolazione, del calo delle nascite e delle vari crisi economiche si sono chiusi i rubinetti con l’obiettivo di contenere la spesa.
Sono dunque iniziate le riforme che hanno visto l’aumento dell’età pensionabile e una pensione meno generosa, frutto del metodo di calcolo contributivo. Con questo si calcola la pensione moltiplicando i contributi versati dal lavoratore nella sua vita lavorativa rivalutati annualmente in regime d’interesse composto per il cosiddetto coefficiente di trasformazione, che tiene conto sia dell’età del lavoratore al momento del pensionamento sia dell’aspettativa di vita. Con questo sistema più si versa a lungo e maggiore sarà la pensione che si andrà a percepire.
Per esempio, se Alessandro è un lavoratore dipendente che ha iniziato a lavorare nel 1999 con un reddito attuale di 22.000 euro, ha una prospettiva media di crescita salariale del 2%,e andrà in pensione a circa 67 anni e con 46 anni di contributi effettivi versati, lui vedrà una pensione pari a circa il 73% del suo ultimo stipendio percepito. Se invece Alessandro è un lavoratore autonomo, la sua pensione sarà pari a circa il 63% dell’ultimo reddito, mentre se è un lavoratore parasubordinato sarà circa del 70%. Questo significa che se nell’ultimo mese di lavoro aveva una retribuzione di 1.000 euro, il reddito del primo mese da pensionato sarà di circa 730 euro se dipendente, 630 se autonomo e 700 se parasubordinato.
Visti gli effetti che il sistema contributivo ha sui pensionati italiani, il legislatore ha ben pensato di fornire una serie di pensione privata che consenta, a chi le andrà a sottoscrivere, di avere un tenore di vita da pensionato simile a quello che aveva quando lavorava. La pensione integrativa andrebbe infatti ad aggiungere un 20/25% a quanto già si percepisce dall’Inps.
La pensione complementare inizia dal momento in cui si sottoscrive il fondo pensione prescelto. Questi fondi non sono altro che una cassa in cui confluiscono i contributi versati che poi verranno erogati in una rendita periodica o a capitale.
Al momento, precisa l’approfondimento di Itinerari previdenziali, sono previste 3 forme di pensione complementare:
- I fondi negoziali: sono istituiti dai contratti di lavoro, ai quali possono aderire i lavoratori dipendenti privati e pubblici di quella specifica categoria o comparto o base territoriale
- Fondi aperti: possono aderire tutti i lavoratori sia dipendenti, sia autonomi o liberi professionisti e anche coloro che non hanno un lavoro
- Piani individuali pensionistici: piani pensionistici gestiti mediante contratti di assicurazione sulla vita.