Goldman Sachs, Jp Morgan, Blackrock – negli Stati Uniti – Amundi e Schroders – in Europa – hanno stretto partnership, come riporta il Financial Times, con banche cinesi
La Industrial and Commercial Bank of China – partner di Goldman Sachs – ha 680 milioni di clienti al dettaglio, più del doppio dell’intera popolazione statunitense
“La crisi della pensione in Cina è più grande che in qualsiasi altro paese del mondo” ha detto al Ft Susan Chan, responsabile per l’Asia di BlackRock
Patrimoni cinesi nel mirino
Il giorno prima (martedì scorso) che Biden annunciasse una nuova indagine sulle origini dell’epidemia di coronavirus a Wuhan e volassero i conseguenti stracci, c’è stato un altro annuncio molto importante nei corridoi della finanza mondiale. Goldman Sachs, un emblema dell’industria finanziaria americana dominante a livello globale, ha svelato una partnership di gestione patrimoniale con la Industrial and Commercial Bank of China, banca di proprietà statale. Oltre a Goldman Sachs, all’inizio di questo mese è stata Blackrock ad avere annunciato di avere raggiunto un accordo di gestione patrimoniale con la China Construction Bank, mentre JPMorgan Asset Management è già da marzo che ha pronto un piano con la China Merchants Bank di 425 milioni di dollari. In Europa, Amundi e Schroders hanno ottenuto approvazioni per partnership di maggioranza nella gestione patrimoniale.
La demografia spinge la Cina verso la finanza
Questi accordi potrebbero permettere alle società di Wall Street di attingere ai risparmi di centinaia di milioni di clienti cinesi delle banche partner. La sola ICBC – partner di Goldman Sachs – ha 680 milioni di clienti al dettaglio, più del doppio dell’intera popolazione statunitense. Nel complesso il sistema bancario statale cinese è il più grande al mondo a livello di patrimonio. Inoltre i cinesi sono dei grandi risparmiatori, ma non si può dire lo stesso quando si parla di investimento. “La Cina è una nazione che risparmia con salvadanai e immobili. I mercati dei capitali e la gestione patrimoniale sono relativamente nuovi” ha detto Susan Chan, responsabile per l’Asia di BlackRock, al Ft. Goldman Sachs ha stimato che nel 2020 il 60% del patrimonio delle famiglie cinesi era detenuto sotto forma di proprietà, mentre contanti e depositi contavano per il 24%. Dall’altra parte c’è un problema demografico che spingerà sempre più i cinesi verso i prodotti finanziari: la popolazione sta crescendo al ritmo più lento da decenni. Gli over 65 costituiscono ora il 13,5 per cento della popolazione, rispetto all’8,9 per cento del 2010. “La crisi della pensione in Cina è più grande che in qualsiasi altro paese del mondo” chiosa Chan.
Il rischio regolamentare
La grande corsa all’oro della Cina non è però senza sfide. Oltre alle questioni geopolitiche, come per altre aree chiave dell’economia anche la finanza è sotto l’influenza di un partito comunista onnipotente che governa dal 1949. In altre parole per le banche americane il rischio principale è di natura regolamentare. Se i regolatori cinesi e le aziende occidentali hanno operato su una base pragmatica finora, non è detto che avvenga lo stesso in futuro. “Entrando in un mercato diverso si è molto alla mercé dei regolatori locali. Quando non fai parte del club, non c’è uno scudo politico contro i regolatori che ti regolano più duramente di alcuni dei giocatori locali” ha affermato Richard Gray, partner di EY con focus sulla gestione patrimoniale, che ha sottolineato anche come le banche potrebbero alla fine trovarsi a diventare “un venditore forzato di certi prodotti” o avere problemi di rimpatrio dei guadagni se sotto il mirino dei regolatori. L’aggravante a questo rischio è inoltre che “in Cina le regole possono cambiare durante la notte“. Vedasi la (mancata) quotazione di Ant Group lo scorso autunno.