JP Morgan vanta 773 miliardi di dollari in gestione nel private banking a livello globale, e una tradizione di oltre 30 anni nel mercato italiano.
“Il compito di una investment house con una storia come la nostra – dice Sarah Catania – è proprio quello di identificare i trend in anticipo. Un esempio? Abbiamo portafogli single stock focalizzati sul settore tecnologico già dal 2015”
Si può fare innovazione in un settore come il private banking, rimasto a lungo impermeabile, almeno apparentemente, ai processi di trasformazione che invece hanno coinvolto altri settori, nel perimetro della finanza? La risposta a questa domanda retorica, affidata in questa intervista alla manager di una grande banca internazionale, con 773 miliardi di dollari in gestione nel private a livello globale, e una tradizione di oltre 30 anni nel mercato italiano, è tutto fuorché banale e ben articolata.
Lei è Sarah Catania: in agosto è stata nominata responsabile di JPMorgan private bank in Italia, dopo una carriera di 18 anni trascorsa interamente in banca, prima nella Corporate & investment bank di JPMorgan, poi nel private, dove nel 2016 ha ottenuto il ruolo di responsabile degli investimenti. Succede a Riccardo Pironti, nominato vice presidente, che manterrà la guida del business nei Paesi del Nord Europa.
“Fare innovazione è necessario per molti motivi: il primo nasce dalle condizioni di mercato, che oggi impongono un ripensamento dell’asset allocation, partendo dall’universo obbligazionario, che in molti segmenti offre rendimenti molto bassi, esponendo a rischi di portafoglio spesso sottovalutati”, premette Catania. “Il compito di una investment house con una storia come la nostra, è proprio quello di identificare i trend in anticipo. Un esempio? Abbiamo portafogli single stock focalizzati sul settore tecnologico già dal 2015. Più in generale, la nostra piattaforma globale di soluzioni ci permette di spaziare tra settori, industrie e geografie diverse, che come sappiamo, si sono mossi in modo asincrono anche negli ultimi 20 mesi”.
Senza dimenticare le classi di attivo alternative: “I private market negli Stati sono da tempo parte integrante della conversazione con i clienti. Da almeno cinque anni anche in Italia c’è molto più interesse rispetto a questi temi. Non a caso, questa è l’area dove stiamo facendo lo sforzo di investimento più significativo, in Italia, in questo momento: parlo non solo di private equity, ma anche di private debt e infrastrutture: adatti a interpretare – a certe condizioni – il ruolo che la componente a reddito fisso tradizionale non è più in grado di svolgere in modo efficace, oggi”.
L’innovazione, come spesso capita, va a braccetto con la tecnologia. “JPMorgan ha una capacità di spesa annua di 12 miliardi di dollari nel comparto tecnologico, 1 miliardo è dedicato solo alla cybersecurity”, precisa la manager. Anche il private banking può beneficiare di questo sforzo. Non solo e non tanto per perfezionare la digitalizzazione della relazione tra banker e cliente, ma soprattutto per dare concretezza alla promessa di un servizio su misura e più sofisticato.
“A giugno JPMorgan ha annunciato l’acquisizione di OpenInvest, una piattaforma che consente di effettuare screening e analisi Esg (Environmental, social, governance) su tutto il patrimonio del cliente: siamo in grado, ad esempio, di verificare in che misura il suo portafoglio è già gestito integrando i fattori ambientali e sociali nei processi d’investimento e, insieme al cliente, possiamo disegnare un percorso dedicato all’investimento sostenibile, con degli obiettivi precisi”. Molte ricerche, del resto, segnalano una maggiore sensibilità degli investitori che dispongono di grandi patrimoni e delle nuove generazioni a favore della sostenibilità. “Di recente abbiamo costruito un fondo di private equity che fa impact investing, accessibile anche in Italia alla clientela professionale”.
Il focus rimane sulla clientela ultra-high net worth, quella che ha un patrimonio finanziario complessivo nell’ordine dei 50 milioni di euro a salire. Per assisterli, Sarah Catania può contare su 25 private banker, divisi a metà tra gestori della relazione e portfolio advisers, esperti d’investimento che, a differenza di altre realtà, accompagnano direttamente le famiglie nella gestione del patrimonio. “Questi clienti hanno esigenze assimilabili a quelle di investitori istituzionali: spesso i nostri interlocutori sono grandi holding di famiglie imprenditoriali”. JPMorgan li supporta sul piano degli investimenti e del credito attraverso il wealth management e nelle operazioni di finanza straordinaria tramite l’investment bank del gruppo, “con la quale cerchiamo sinergie continue”.
I progetti per il futuro? “Abbiamo intenzione ci crescere anche in termini di presenza strategica in Italia. Vogliamo trovare nuovi giovani talenti, con competenze tecniche importanti – sui mercati, nell’investment banking e nel private equity, da far crescere in banca,”. Anche questo, per un’industria che invecchia, è fare innovazione.