L’Agenzia delle entrate prima di rispondere ricorda una serie di caratteristiche sulla residenza italiana
Nel caso di specie sono entrati in gioco sia il Tuir che la Convenzione contro le doppie imposizioni
L’incertezza nasce anche dal fatto che il modello Ocse non contiene alcuna indicazione specifica per gli importi erogati ai dipendenti al momento della cessazione dell’impiego e dalla considerazione che ciascuno Stato membro Ocse, di volta in volta, riconduce questo tipo prestazioni all’articolo 15 del modello di Convenzione fiscale.
La risposta
In primis l’Agenzia delle entrate ricorda quando si è considerati residenti in Italia e che caratteristiche bisogna avere. E dunque secondo l’articolo 2 del Tuir, lo sono “le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del Codice civile”. Se contestualmente si ha l’assenza di questi presupposti allora si può dire che un soggetto non è residente in Italia. Però per chi decide di andare in stati considerati a fiscalità privilegiata, il contribuente dovrà dimostrare dimostrare l’effettività della nuova residenza.
Altra precisazione che fa l’Amministrazione finanziaria è che secondo il Tuir sono soggetti ad una tassazione separata, non solo il Tfr, ma anche le altre indennità e somme percepite una tantum in occasione della cessazione del rapporto di lavoro dipendente. E fra questi rientrano dunque anche gli importi erogati a titolo di incentivazione all’esodo e quelli dati a fronte dell’obbligo di non concorrenza. Inoltre sempre lo stesso Tuir ricorda come, riguardo ai non residenti, “se corrisposti dallo Stato, da soggetti residenti nel territorio dello Stato o da stabili organizzazioni nel territorio stesso di soggetti non residenti” le somme sono soggette a tassazione in Italia. Quindi, l’attrazione nella potestà impositiva dello Stato dovrebbe esclusivamente dipendere dalla residenza della società, a nulla rilevando la circostanza che la prestazione lavorativa sia svolta in Italia o all’estero.
Traslando il tutto sul lato internazionale l’Agenzia aveva risposto ad una questione simile in passato decidendo come il Tfr ha natura di retribuzione. E che le somme erogate a titolo di corrispettivo per l’obbligo di non concorrenza sono redditi di lavoro dipendente.
Conclusione
l’Agenzia delle entrate conclude dunque che in base a quanto dichiarato:
la quota parte di Tfr, di incentivo all’esodo e di corrispettivo per l’obbligo di non concorrenza, riferibile al periodo in cui il dipendente è stato residente in Svizzera e ha prestato l’attività lavorativa in Italia, è soggetta a tassazione concorrente in entrambi gli Stati, mentre, la quota parte di Tfr, di incentivo all’esodo e di corrispettivo per l’obbligo di non concorrenza, riferibile al periodo in cui il dipendente è stato residente in Svizzera e ha qui prestato l’attività lavorativa, va tassata esclusivamente in Svizzera.
Per le somme tassate due volte, il dipendente potrà richiedere l’esenzione da imposizione in Svizzera, mentre la società italiana, in qualità di sostituto d’imposta, potrà applicare direttamente il regime della Convenzione in esame escludendo la parte spettante in Svizzera.