Dal 1° gennaio 2024 un soggetto che abbia (o muova) nel Principato di Monaco la famiglia e/o le proprie relazioni personali (e/o anche l’iscrizione a club e palestre) potrebbe “serenamente” ritenere di non qualificarsi come fiscalmente residente in Italia, anche qualora vengano mantenute in Italia le proprie relazioni patrimoniali ed economiche.
Questa è la conclusione cui si giunge esaminando le novità introdotte nell’ordinamento italiano in materia di residenza fiscale delle persone fisiche.
La nuova nozione di residenza fiscale
Con l’articolo 1 del d.lgs. n. 209/2023 sono stati riscritti i criteri attributivi della residenza fiscale delle persone fisiche in Italia. A partire dal 1° gennaio 2024, la residenza fiscale in Italia viene ricollegata:
- a) alla nozione civilistica di residenza di cui all’art. 43 del c.c.;
- b) all’iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente, che diviene una mera presunzione, salvo prova contraria;
- c) alla presenza fisica nel territorio dello Stato;
- d) al domicilio, inteso come luogo in cui si sviluppano, in via principale, le “sole” relazioni personali e familiari.
In continuità con la disciplina previgente, tali criteri sono alternativi e devono essere verificati “per la maggior parte del periodo d’imposta” (più di 183 giorni), con la neo-introdotta precisazione che in tale calcolo vanno computate “anche le frazioni di giorno”.
Scenari cross-border: strategie per la gestione della doppia residenza fiscale
Nelle non rare ipotesi di situazioni cross-border in cui l’applicazione delle norme interne, rispettivamente dell’Italia e di uno Stato estero, porti a configurare un caso di doppia residenza fiscale, in presenza di una convenzione contro le doppie imposizioni conforme al Modello Ocse, trovano applicazione i criteri “speciali” previsti all’art. 4, paragrafo 2 (le cosiddette tie breaker rules).
I criteri da verificare in ordine gerarchico sono:
- (i) abitazione permanente,
- (ii) centro degli interessi vitali,
- (iii) luogo di soggiorno abituale,
- (iv) nazionalità,
- (v) l’accordo fra gli Stati, come criterio residuale.
Da ricordare peraltro che le disposizioni convenzionali, se più favorevoli al contribuente, prevalgono su quelle interne.
Di converso, in assenza di una convenzione contro le doppie imposizioni, come nel caso del Principato Di Monaco, l’individuazione della residenza fiscale in Italia deve operarsi tenendo conto delle sole norme interne. Sono proprio questi i casi (situazioni cross-border in assenza di convenzione) in cui i risvolti applicativi della novella saranno più evidenti.
Residenza fiscale: analisi dei nuovi criteri
Passando a esaminare nel dettaglio quanto previsto dal nuovo articolo 2 del Tuir, va anzitutto evidenziato che il criterio della residenza ai sensi del codice civile non costituisce una novità, posto che il medesimo era presente anche nella formulazione previgente dell’articolo. Come noto, in tale criterio coesistono il dato oggettivo della presenza fisica dell’individuo sul territorio italiano e l’elemento soggettivo rappresentato dalla volontà di dimorarvi stabilmente.
Declassamento del dato formale dell’iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente
Va accolto con assoluto favore il declassamento del dato formale dell’iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente da presunzione assoluta di residenza (per come interpretata finora dalla prassi dell’Amministrazione e dalla giurisprudenza) a mera presunzione relativa, superabile dal contribuente che possa dimostrare l’assenza dei criteri di collegamento previsti dalla normativa interna.
Nuovo criterio della presenza fisica nel territorio italiano
Rappresenta, invece, novità di grande rilievo il nuovo criterio della presenza fisica nel territorio italiano, che, non solo non era previsto nella disciplina in vigore sino al 31 dicembre 2023, ma non è neppure menzionato nel modello di convenzione contro le doppie imposizioni elaborato dall’Ocse.
Contesto internazionale e nuovi criteri di residenza
Si tratta, tuttavia, di novità non inedita al panorama internazionale, dato che Paesi come Regno Unito e Stati Uniti già prevedono tra i criteri di individuazione della residenza nel territorio alcuni test legati all’aver trascorso un determinato periodo di tempo nel loro territorio.
Possibili implicazioni per i residenti monegaschi
Sorge spontaneo chiedersi quale sarà l’atteggiamento dell’Agenzia delle entrate nei confronti di quei residenti monegaschi (non “protetti” appunto da una convenzione contro le doppie imposizioni) “costretti” a recarsi assiduamente nel territorio italiano, ad esempio, per motivi di salute propri o di propri familiari o, più semplicemente, per comprare, ad un prezzo “calmierato”, beni di consumo.
Modifiche significative alla definizione di domicilio
Da ultimo, il legislatore delegato ha modificato in modo incisivo la definizione di domicilio che, nella previgente disciplina era mutuato dall’art. 43 co. 1 del codice civile, mentre oggi va inteso come “luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona”, eliminando, quindi, il riferimento alla sfera professionale ed economica del contribuente.
Domicilio “fiscale”: questioni aperte e rilevanza nel caso dei rapporti Italia – Principato di Monaco
Va osservato che la giurisprudenza di legittimità ha da sempre ritenuto che il criterio del domicilio, rivestendo natura sostanziale, fosse preminente rispetto agli altri criteri dettati dalla norma (ciò fatta salva l’applicabilità del criterio formale, precedentemente inteso e applicato come presunzione assoluta, dell’iscrizione nell’anagrafe dei residenti).
La nuova formulazione ha il pregio di superare i dubbi interpretativi alimentati dalla giurisprudenza su quale delle componenti della precedente definizione fosse preminente per individuare la residenza fiscale delle persone fisiche.
D’altra parte, il legislatore – limitando l’analisi sul “domicilio” a una sola parte del complesso dei rapporti instaurati dal contribuente – più che avvicinarsi alla prassi internazionale (come era l’intenzione della delega che ha ispirato la riforma) pare abbia fatto un passo “indietro” nel processo di armonizzazione della disciplina interna con i principi previsti dall’ordinamento Ue, dell’Ocse e delle convenzioni contro le doppie imposizioni sottoscritte dall’Italia.
Interpretazione del “centro degli interessi vitali” secondo l’Ocse
Il Commentario Ocse all’art. 4, paragrafo 15, precisa infatti che il “centro degli interessi vitali” (cui va ricondotto il concetto domestico di domicilio) debba individuarsi nel luogo in cui le relazioni personali ed economiche dell’individuo sono più strette, dovendosi avere riguardo globalmente “to his family and social relations, his occupations, his political, cultural or other activities, his place of business, the place from which he administers his property, etc”.
L’Ocse quindi non pone l’accento sulle sole relazioni familiari e personali, pur precisando che a queste debba essere rivolta particolare attenzione. Questa lettura pare trovare conforto in alcuni arresti della giurisprudenza interna ed unionale, secondo cui in caso gli interessi sia personali che economici dell’individuo siano riscontrabili in più Paesi, occorre preliminarmente accertare dove si trova il centro permanente degli interessi della persona e che, solo se una valutazione complessiva non sia possibile, occorre soffermarsi sui legami personali.
Effetti della nuova normativa sulle attività di accertamento fiscale
Del resto, è evidente che ancorare la residenza delle persone fisiche a un parametro così mutevole e facilmente ricollocabile è una scelta indubbiamente audace del legislatore che, di fatto, indebolisce l’attività accertatrice dell’Agenzia delle entrate.
Difatti, nel nuovo contesto normativo sarà sicuramente più agevole per una persona che, come nel nostro esempio, dimora e soggiorna abitualmente con coniuge e figli nel Principato di Monaco difendersi dalle contestazioni mosse dal fisco italiano per il “solo” fatto di possedere in Italia investimenti economici significativi (ad esempio, immobiliari o finanziari), fermo restando che nel caso di accertamento sarà il contribuente a dover dimostrare di aver cessato di essere residente in Italia, non essendo il legislatore intervenuto sull’inversione dell’onere della prova prevista nel caso di trasferimento in un Paese, come è il Principato di Monaco, incluso nella black list del 4 maggio 1999.
Considerazioni sul bilanciamento degli interessi personali e familiari
Peraltro, non è disciplinato come, in certi casi, vada ponderato il criterio degli interessi “personali” (ad esempio, riconducibili a rapporti con amici, iscrizioni a club, eccetera) con quello degli interessi “familiari” (intesi come rapporti con famiglia di origine, coniuge e figli, eccetera) che potrebbero non condurre al medesimo risultato. Per non parlare dei casi (assolutamente frequenti) in cui la persona di cui si vuole accertare la residenza sia divorziata e/o abbia figli da più matrimoni in diversi Paesi.
Considerazioni finali sul nuovo impianto normativo
In definitiva, sembra che il nuovo impianto normativo (il quale piuttosto che prevedere una ponderazione tra interessi economici e familiari e – casomai – la prevalenza di quest’ultimi in caso di conflitto, esclude invece in radice la rilevanza dei primi) possa incoraggiare i trasferimenti all’estero della famiglia, con conseguente perdita di gettito fiscale per l’Italia.
(Articolo scritto in collaborazione con Vittorio Antonini, Di Tanno Associati)