Nel mese di novembre quasi un terzo delle imprese temeva di non sopravvivere al semestre successivo, mentre solo una su cinque affermava di non aver subito conseguenze o di aver tratto beneficio dall’emergenza
La capacità di operare su scala internazionale si evidenzia come un fattore determinante della resistenza e della ripresa del sistema produttivo. Una dinamica abbastanza indipendente dalla variabile della dimensione
Lanza: “Le catene globali del valore reggono, i regionalismi persistono e si accentuano. E lo stesso vale per la sostenibilità, che sarà uno degli elementi fondanti del processo competitivo delle imprese nei prossimi anni”
Piccolissime imprese: il 34% a rischio chiusura
C’è da dire che nel mese di novembre quasi un terzo delle imprese temeva di non sopravvivere al semestre successivo. Oltre il 60% si attendeva una diminuzione dei ricavi, mentre solo una su cinque affermava di non aver subito conseguenze o di aver tratto beneficio dall’emergenza. Uno scenario ancor peggiore per le imprese di piccola e piccolissima dimensione: la percentuale di coloro che a fine 2020 si considerava a rischio chiusura era del 34% per quelle con 3-9 addetti e dell’11% per quelle con 250 addetti e oltre. Imprese che, di fronte allo shock, hanno reagito in ordine sparso. Circa il 30% è rimasto “spiazzato” e non ha attuato una strategia di difesa. Un quarto, invece, ha introdotto nuovi prodotti, diversificato i canali di vendita e di fornitura, intensificato le relazioni esistenti o attivato nuove forme di relazioni produttive con altre realtà. Un quinto, infine, ha messo in atto azioni di profonda riorganizzazione dei processi e degli spazi di lavoro, adottando nuovi modelli di business o adeguandosi alla transizione digitale.
Operare su scala internazionale per ripartire
In questo contesto, la capacità di operare su scala internazionale si evidenzia come un fattore determinante della resistenza e della ripresa del sistema produttivo. “Più le imprese sono internazionalizzate (come le multinazionali italiane) migliore è la loro capacità di reagire alla crisi”, spiega Gian Paolo Oneto, direttore centrale per gli studi e la valorizzazione tematica nell’area delle statistiche economiche dell’Istat, sottolineando come tale dinamica risulti “abbastanza indipendente dalla dimensione, in particolare se si considerano le imprese appartenenti a multinazionali estere”. A questo proposito, precisa inoltre l’istituto nel rapporto, occorre però “ricordare che la tenuta competitiva delle imprese dipende anche dalle modalità con cui esse accedono ai mercati internazionali”, ribadendo che “una partecipazione realizzata in forme più complesse tende ad associarsi a una minore diffusione di elementi di vulnerabilità, con una diminuzione nella quota di imprese che segnalano rischi di chiusura e problemi di liquidità o di domanda”.
Lanza: “Occhio anche alla sostenibilità”
“Sono convinta che la pandemia, in fondo, non ci abbia insegnato nulla di nuovo. Ma ha accelerato tendenze già in atto”, interviene Alessandra Lanza, senior partner di Prometeia. “Le catene globali del valore reggono, i regionalismi persistono e si accentuano. E lo stesso vale per la sostenibilità, che viene spinta in maniera propulsiva e accelerata come nessuno immaginava nel pre-covid. Nei piani degli imprenditori, nel modo di lavorare e nella nostra sensibilità di consumatori, il tema dell’ambiente c’era già, ma sarà anche uno degli elementi fondanti del processo competitivo delle imprese nei prossimi anni. Che, tuttavia, dovranno far fronte a costi importanti per restare al passo. Ed è qui che policy corrette giocheranno la loro parte”.