Cinque consigli da seguire quando si investe: #4 scegli un alleato

Alberto Battaglia
4.11.2022
Tempo di lettura: 5'
Il consulente finanziario può essere un alleato, ma scegliere di chi fidarsi non è facile: ecco qualche spunto per orientare la selezione

Investire in autonomia richiede tempo e competenze: per la maggioranza la soluzione più efficace consiste in un supporto professionale

Nella scelta di un alleato con cui definire una strategia d'investimento sarà necessario prima di tutto capire di chi fidarsi, un po' come nella scelta di un bravo medico o di un bravo avvocato

Un'introduzione ai due modelli di consulenza, quella abilitata all'offerta fuori sede e quella autonoma: come orientarsi

Uno dei fenomeni che ha caratterizzato l'investimento degli italiani negli ultimi anni riguarda la progressiva riduzione dell'investimento in autonomia. Secondo le più recenti rilevazioni della Consob, gli investitori fai-da-te si sono ridotti dal 42 al 31% del totale fra il 2019 e il 2021, mentre quelli assistiti da un professionista sono passati dal 17 al 28%. Il gruppo più folto rimane quello degli italiani che si fanno aiutare da un contatto “informale”, tipicamente un parente o un amico: sono il 37% del totale. In un Paese che non brilla per le competenze finanziarie il supporto degli esperti dovrebbe in qualche modo sopperire ad alcune mancanze degli investitori e indirizzarli verso il perseguimento dei propri obiettivi. 


Per questo la “scelta di un alleato” è particolarmente importante nel percorso di educazione finanziaria e per metterne in pratica i principi nel risparmio personale. Il supporto professionale dovrebbe essere il naturale sbocco di questa ricerca, anche se quello della consulenza finanziaria è un mondo che suscita ancora sospetto e, in molti aspetti importanti, è ancora poco noto. In Italia solo il 21% degli investitori dice di fidarsi, “molto o abbastanza”, del proprio consulente finanziario; il 23% afferma addirittura di averne “poca o nessuna” fiducia. Più in generale, la metà degli italiani dice che non esiste nemmeno un attore finanziario (banche, assicurazioni...) che sia meritevole di fiducia. 


Nella scelta di un alleato con cui definire una strategia d'investimento, dunque, sarà necessario prima di tutto capire di chi fidarsi, un po' come nella scelta di un bravo medico o di un bravo avvocato. “Ogni giorno sul mio profilo Linkedin ricevo richieste da parte di investitori fai-da-te che sono disorientati dalla situazione attuale”, ha dichiarato a We Wealth il vicepresidente di AssoScf Luca Mainò, co-fondatore di Consultique, “come in tutte le cose, o si ha una preparazione, delle competenze adeguate e tempo per gestire il proprio patrimonio, oppure è meglio passare la mano e cercare un professionista che sia in grado di accompagnarci nel delicato percorso della pianificazione e della gestione della ricchezza”. Per riuscire in questo obiettivo, “bisogna lasciare la nostra zona di comfort e cercare l’informazione, pura e limpida, indipendente”, ha affermato Mainò, “non fermarsi alla superficie ma trovare quell’umiltà per imparare ogni giorno cose nuove sul nostro patrimonio, facendoci aiutare da chi ha studiato per questo e dedica ogni giorno del tempo per accrescere le sue competenze”. 


Capire la consulenza finanziaria: indipendente e abilitata all'offerta fuori sede

Una volta deciso di abbandonare il fai-da-te o i consigli di parenti e amici, servirà individuare un professionista adatto alle proprie esigenze. La prima scelta di fondo da compiere nella selezione del consulente finanziario si divide subito su due binari: il professionista abilitato all'offerta fuori sede o il consulente autonomo. Si tratta di due modelli molto diversi, entrambi riconosciuti nell'Albo dei consulenti finanziari, tuttavia: 

  • per i consulenti abilitati all'offerta fuori sede, che lavorano presso banche e reti, la legge consente di ricevere un pagamento (retrocessione) sulla base dei prodotti finanziari sottoscritti dai loro clienti 
  • per gli autonomi, invece, l'unico pagamento ammesso è la parcella pagata direttamente dal cliente 

Per la maggioranza dei risparmiatori queste distinzioni non sembrano avere molta rilevanza. I consulenti di gran lunga più diffusi in Italia e in Europa sono quelli non-autonomi (eccetto in Olanda, dove le retrocessioni sono illegali). In Italia, infatti, solo il 32% degli intervistati nello studio Consob citato in precedenza si dicono disponibili a pagare una parcella per ricevere un servizio di consulenza finanziaria. In generale, questa scarsa disponibilità, unita a una comprensione limitata delle differenze fra consulenza autonoma e abilitata all'offerta fuori sede contribuisce a spingere il grosso degli investitori verso la consulenza non retribuita a parcella. 


Lo svantaggio della consulenza non-autonoma consiste in un maggior costo delle soluzioni d'investimento proposte. Ciò è dovuto agli incentivi che i professionisti ricevono quando fanno sottoscrivere, dietro accordi di distribuzione, determinati prodotti finanziari. La Commissione europea lo scorso luglio ha pubblicato sul tema uno studio di oltre 350 pagine affermando, fra le altre cose, che “i prodotti su cui vengono pagati gli incentivi sono, in media, più costosi di circa il 35% rispetto ai prodotti di investimento su cui non vengono pagati incentivi”.
“Questo suggerisce che gli incentivi vadano contro il bisogno dei consumatori, che è quello di ricevere il miglior prodotto al minor costo ('best value for money')”, ha affermato lo studio della Commissione europea.
 Come avevamo trattato in un precedente approfondimento, il costo dei prodotti d'investimento è assai rilevante sulle performance finali, in particolare nel lungo periodo. 


La consulenza abilitata all'offerta fuori sede deve comunque attenersi a obblighi di trasparenza sui costi e suggerire soluzioni di investimento adeguate per il profilo di rischio del cliente. Su quest'ultimo, però, ricade l'onere di cercare la soluzione più conveniente in termini di qualità/prezzo. E' un aspetto su cui lo studio della Commissione è particolarmente chiaro: 

  • “I distributori non sono incentivati direttamente dalla normativa europea a offrire al consumatore il miglior rapporto qualità/prezzo, bensì a evitare i conflitti di interesse e a non vendere in modo scorretto. I consumatori”, tuttavia, “devono cercare da soli il miglior rapporto qualità-prezzo grazie alle informazioni che devono essere fornite loro in modo trasparente”. 

Il costo di una parcella fissa tipico della consulenza autonoma, d'altro canto, può rappresentare un freno per i risparmiatori che hanno patrimoni esigui, ma vogliono comunque accedere a un suggerimento professionale. Su questo punto Mainò ha voluto sottilineare che la scelta del consulente non “c'entra con la dimensione degli asset” in quanto, “ogni persona può contare su un certo patrimonio che deve essere utilizzato per raggiungere gli obiettivi della famiglia. Nella scelta”, ha aggiunto il consulente autonomo, “consiglio ovviamente di indirizzarsi su un soggetto indipendente, che sia remunerato esclusivamente dal cliente e non da una banca o da un altro intermediario”. 


Questa presa di posizione in favore dell'indipendenza, che suona ovvia da una voce direttamente coinvolta nella consulenza autonoma come è quella di Mainò, è in qualche modo oggetto di attenzione anche a livello europeo. Infatti la Commissione Ue, nella conclusione del suo studio sui modelli di consulenza finanziaria, afferma che i risultati “mostrano il bisogno di incoraggiare l'indipendenza della consulenza” sulla base di almento due considerazioni, fra le molte testate sul campo. 

  • La prima: “un'elevata percentuale di consumatori non è in grado di individuare quale sia il prodotto finanziariamente più vantaggioso per loro”.
  • La seconda: “le persone tendono a seguire le indicazioni delle consulenze che ricevono”.

Con queste premesse, sale il rischio di ritrovarsi portafogli inefficienti anche in presenza di un supporto professionale, se questo non è direttamente interessato a offrire il miglior rapporto qualità/prezzo al cliente. E' una materia su cui la Commissione europea prevede di aggiornare la normativa, elaborando una proposta entro il primo trimestre del 2023.

Responsabile per l'area macroeonomica e assicurativa. Giornalista professionista, è laureato in Linguaggi dei media e diplomato in Giornalismo all'Università Cattolica

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