La prima stima dell’indice sintetico dell’economia meridionale relativa al 2021 riporta un valore pari a 472,4, circa 29 punti in più rispetto al 2020 e appena due punti in meno rispetto al 2019
A fare da traino con valori superiori rispetto al pre-covid sono gli investimenti (68,1 contro 66,6) e le imprese (101,2 contro 98,8). Al terzo trimestre dell’anno si contano infatti oltre 1,7 milioni di aziende nel Mezzogiorno, in crescita del +1,6% sul 2020
Guardando al pil, si stima una maggiore crescita al centro-nord (6,8%) rispetto al sud (5%), gap che dovrebbe essere sensibilmente colmato nel 2022 (quando si parlerà del 4,4% per il sud contro il 4,6% per il centro-nord).
Il clima di fiducia, invece, “presenta una tendenza crescente da metà 2020, anche se fortemente discontinua poiché sconta l’incertezza causata dalla pandemia, in modo ancora più accentuato tra le imprese meridionali”, scrivono i ricercatori. Guardando al pil, si stima una maggiore crescita al centro-nord (6,8%) rispetto al sud (5%) nel 2021, gap che dovrebbe essere sensibilmente colmato nel 2022 (si stima in questo caso il 4,4% per il sud contro il 4,6% per il centro-nord). L’andamento, spiegano nello studio, sarà legato “soprattutto alla dinamica della domanda interna (consumi e investimenti) e quindi agli effetti della concreta attuazione delle misure previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza”. In linea generale, per pil, export e occupazione il recupero dei livelli precedenti allo scoppio della crisi pandemica non avverrà prima del prossimo anno.
“Un Sud con più luci che ombre, dunque, con forti aspettative sul determinante contributo generato dai programmi europei, con una grande attenzione sugli investimenti del Pnrr (che dovrebbe destinare il 41,7% delle risorse al mezzogiorno, ndr) e su quelli complementari”, osservano i ricercatori. A tal proposito, infatti, si ritiene necessario accelerare la spesa delle risorse rimaste in sospeso, come quelle dei Fondi strutturali 2014-2020 e quelle del Fondo sviluppo e coesione. Da attenzionare anche i Piani sviluppo e coesione nazionali e regionali e l’avvio del nuovo ciclo di programmazione dei Fondi strutturali 2021-2027 considerato “quanto mai urgente e non più procrastinabile”.