La vendita di portafogli di Npe a investitori terzi è stata una delle strategie chiave per le banche italiane
È possibile aspettarsi una crescita di interesse verso le fasi di pre-deterioramento del credito: non solo gli Utp (Unlikely to pay), ma soprattutto gli Stage 2, ossia i crediti in bonis, ancora vivi, che hanno manifestato segno di deterioramento del rischio
Il rialzo dei tassi Bce riporta al centro dell’attenzione il tema dei crediti deteriorati (i cosiddetti non-performing exposures – Npe, che comprendono sia le sofferenze sia gli Utp, ossia le inadempienze probabili), che hanno raggiunto livelli minimi rispetto al passato.
Secondo l’ultimo report PwC, in Italia, i crediti deteriorati sui bilanci delle banche italiane nel primo trimestre del 2023 sono risultati pari a circa 58 miliardi. Ma le previsioni sono per un peggioramento della qualità degli asset.
Cosa fare ora? We Wealth lo ha chiesto agli operatori del settore.
“Lo stock di Npe sui libri bancari ha toccato il livello massimo nel 2015 con oltre 340 miliardi”, ha spiegato Pier Paolo Masenza, partner PwC Italia – Da quell’anno è partito poi un importante processo di deleverage da parte delle banche che ha portato lo stock di crediti deteriorati sui libri bancari a 58 miliardi a fine 2022. La vendita di portafogli di Npe a investitori terzi è stata una delle strategie chiave per le banche italiane ed è stata incentivata dal sistema di garanzia Gacs (Garanzia sulla cartolarizzazione delle sofferenze) che è stato istituito dal governo italiano per agevolare la cartolarizzazione delle sofferenze e migliorare la loro vendibilità sui mercati finanziari”.
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Npl e settore immobiliare
Cosa dire, in particolare, del settore immobiliare? “Il settore immobiliare commerciale (Cre) è sotto stress da diversi anni a causa dei cambiamenti nel comportamento dei consumatori (ad esempio, l’impatto dell’e-commerce sul commercio al dettaglio) e dei cambiamenti dovuti alla pandemia (come, il lavoro da casa che influisce sull’occupazione degli uffici) – ha risposto Federico Rizzato, vice president, research and education di iCapital, che ha precisato che le banche tendono a essere un importante fornitore di debito immobiliare.
“Negli Stati Uniti, le banche regionali rappresentano il 70% dell’esposizione totale dei prestiti Cre nel Paese e i prestiti Cre rappresentano il 43% dei prestiti totali in essere delle banche regionali (contro solo il 13% delle grandi banche)”, ha aggiunto Rizzato.
Il fatto ora è che in un contesto di tassi d’interesse in aumento, le valutazioni degli immobili diminuiscono. “Ciò è dovuto al desiderio di far coincidere i tassi di capitalizzazione con l’aumento dei tassi di interesse, per continuare ad attirare gli investitori e fornire un reddito corretto per il rischio interessante. Nel mercato attuale, al di fuori di alcune aree in cui l’aumento dei tassi di interesse può essere funzione di un aumento degli affitti, molte proprietà immobiliari hanno prezzi più bassi. Questo si ripercuote sui detentori di capitale proprio e sui finanziatori del debito. Ci sono circa 1.500 miliardi di dollari di scadenze di prestiti che si profilano entro la fine del 2025. E poiché il valore degli immobili continua a diminuire, molti di questi potrebbero non essere rifinanziati, il che potrebbe portare a un aumento dei prestiti non performanti”, ha illustrato Rizzato.
Quali sono dunque i rischi e le opportunità legate a questo settore?
“Con l’aumento dei tassi diminuisce la propensione al rischio e questo tende a rendere meno convenienti le transazioni in ambito Npl – ha dichiarato Vanes Bolandrini, general manager di Rad Informatica, che parla di un mercato comunque attivo e interessante ma di una probabile diminuzione nel numero e nei volumi delle operazioni. “È possibile aspettarsi una crescita di interesse verso le fasi di pre-deterioramento del credito: non solo gli Utp (Unlikely to pay), ma soprattutto gli Stage 2, ossia i crediti in bonis, ancora vivi, che hanno manifestato segno di deterioramento del rischio (peggioramento del rating e della probabilità di default) e la cui quantità sta aumentando a causa del contesto macroeconomico attuale”, ha dichiarato Bolandrini.
Gli strumenti a disposizione per chi vuole investire in Npl
Per chi desidera investire in Npl, ci sono diversi strumenti a disposizione. “I principali sono: l’acquisto diretto di portafogli, i fondi di investimento specializzati e i titoli garantiti da Npe (ossia titoli di cartolarizzazioni che investono in Npe”, ha spiegato Masenza – Con i primi, gli investitori possono acquistare direttamente portafogli di Npl dalle banche o da altre istituzioni finanziarie; i secondi sono fondi di investimento specializzati che si concentrano sull’acquisto e sulla gestione di Npe. Qui gli investitori possono investire come quotisti e ottenere esposizione agli Npl senza detenere direttamente l’asset sottostante. Infine, nel terzo caso, banche o altre istituzioni finanziarie trasferiscono una parte del portafoglio di Npe a una società veicolo specializzata che emette titoli che sono garantiti dai flussi di cassa generati dalla ristrutturazione e dal recupero dei crediti deteriorati. Qui gli investitori possono acquistare questi titoli per ottenere un rendimento dalle attività sottostanti”.
Chi può investire in Npl
In generale, gli investimenti in questi strumenti sono riservati a istituzionali e professionisti del settore finanziario, tra cui banche, gestori di fondi, società di investimento specializzate e altre istituzioni finanziarie. Ma potrebbero essere disponibili fondi di investimento o prodotti strutturati che consentono anche ai retail di ottenere esposizione ai crediti deteriorati in modo indiretto.
“Il mercato degli Npl, attraverso i diversi strumenti utilizzati come ad esempio i Fia (fondi di investimento alternativi), genera vantaggi per tutti i soggetti coinvolti – ha commentato Bolandrini – Per le banche continua a essere un’opportunità di deleveraging delle esposizioni, per gli investitori rappresenta la possibilità di fare investimenti con un ritorno comunque soddisfacente, e ai servicer dà la possibilità di gestire elevati volumi”.
Quali ritorni possono dare questi investimenti?
“Il rendimento può variare notevolmente a seconda di diversi fattori, tra cui la qualità del portafoglio acquistato, la strategia di gestione adottata, le condizioni economiche e regolatorie e la durata degli investimenti. Pertanto, non esiste un unico valore per i rendimenti target. Investimenti in Npe non garantiti o di bassa qualità, che richiedono un lavoro di recupero molto intensivo, mirano a ottenere rendimenti annui anche superiori al 10-15%. È possibile, tuttavia, individuare portafogli con profilo di rischio più attenuato che garantiscono flussi di cassa più stabili e di conseguenza rendimenti inferiori”, ha concluso Masenza.
(Articolo tratto dal magazine di ottobre)