Investire in case o in Btp? I criteri per scegliere bene

Tempo di lettura: 4'
Alla luce delle attuali quotazioni di mercato e dei vari rendimenti, è meglio comprare delle case oppure investire in Btp? I punti di forza degli immobili rispetto ai titoli di Stato

A gennaio 2023, la cedola del Btp a 10 anni è stata fissata al 4,2% lordo, che al netto delle tasse e delle commissioni di acquisto si aggira intorno al 3,8%

Per l’acquisto di un appartamento residenziale da mettere a reddito, molto dipende dalla location, ma mediamente si ha un rendimento lordo del 5% che, al netto della cedolare secca, oscilla intorno al 3-4% annuo

Il build to rent ha un rendimento intorno al 4% a Milano e Roma, mentre performa meno in altri territori

In questo periodo storico, l’investimento in Btp è tornato a essere molto più remunerativo rispetto agli anni pre-pandemici. Veniamo infatti da un triennio, quello da metà 2019 fino al primo trimestre 2022, in cui il rendimento medio del Btp a 10 anni oscillava intorno all’1,1% lordo, mentre alcune asset class del mercato immobiliare registravano il record di sempre, con la logistica che, ad esempio, nel 2020 e nel 2021 ha raggiunto un rendimento lordo del 7-8%. 

Ma ora, cosa conviene fare? La risposta arriva da Diego Vitello, analista ufficio studi del gruppo Gabetti, che spiega che il mercato immobiliare italiano offre un ventaglio variegato di opportunità, a seconda delle diverse asset class di cui si compone. 

 

Vitello, visti i rendimenti dei titoli di Stato, ai massimi dal 2014, a un investitore conviene comprare Btp o case? 

Adesso il panorama è cambiato e la performance dei rendimenti è in continua evoluzione alla luce dell’attuale e restrittiva politica monetaria della Bce impegnata a dare un freno all’inflazione. Vi è però una differenza di fondo nel comparare i rendimenti dei Btp con quelli del settore immobiliare. Il Btp decennale ha un’unica cedola rilasciata mensilmente dal Mef. A gennaio 2023, ad esempio, la cedola del Btp a 10 anni è stata fissata al 4,2% lordo, che al netto delle tasse e delle commissioni di acquisto si aggira intorno al 3,8%. L’investitore, rispetto alla somma investita per l’acquisto dei titoli di stato, avrà quindi un ritorno mensile dell’interesse maturato del 3,8%, mentre verrà rimborsato della somma investita nell’acquisto dei Btp, al netto degli interessi già versati mensilmente nel corso dei 10 anni, alla scadenza del titolo. 


Diversamente, il ventaglio dei rendimenti che può offrire il settore immobiliare, è molto più variegato tante sono le asset class di cui si compone (residenziale, uffici, retail, alberghi, logistica e industriale). Per ognuna di queste asset class, inoltre, le dinamiche che incidono sulla determinazione del rendimento sono molte e dipendono da diversi fattori. In primis la location, un prodotto immobiliare performa in maniera diversa a seconda della vocazione o di un piano di sviluppo che un determinato territorio si è dato e che, a sua volta, orienta e configura la domanda potenziale. Il build to rent, ad esempio, i cui volumi di investimento sono cresciuti enormemente rispetto al 2021, ha un rendimento intorno al 4% a Milano e Roma, mentre performa meno in altri territori. Rimanendo sul più classico dell’investimento immobiliare italiano, che è l’acquisto di un appartamento residenziale da mettere a reddito, anche qui dipende molto dalla location, ma mediamente si ha un rendimento lordo del 5% che, al netto della cedolare secca, oscilla intorno al 3-4% annuo.

Alla luce dei dati evidenziati, i rendimenti netti degli immobili non sembrerebbero giustificare investimenti in questo settore. Quali sono però i punti di forza del mattone? 

In questo periodo storico, l’investimento nel settore immobiliare mostra due opportunità che emergono da alcune debolezze intrinseche al patrimonio immobiliare italiano e, in generale, alle città. 


Una prima opportunità è data dalle condizioni vetuste e obsolete di gran parte del patrimonio immobiliare italiano, di cui circa il 50% di quello residenziale si trova in classe F e G. Se è vero, infatti, che uno dei punti di forza dell’investimento immobiliare sta nella crescita del valore di un immobile garantendo quindi una plusvalenza, la riqualificazione di tale patrimonio – anche alla luce della recente proposta di revisione della Direttiva Eu sulla prestazione energetica – rappresenta il driver che più di altri consente un’operazione di rivalutazione immobiliare. 

Patrigest, società del Gruppo Gabetti di valuation e advisory, ha stimato un aumento del valore di mercato variabile tra il 3-5% per ogni salto di classe energetica ottenuto attraverso una riqualificazione. Per fare un esempio, la riqualificazione di un edificio del valore di 200.000 euro che è passato da una classe E a una classe C, vede una rivalutazione immobiliare intorno al 15%, pari a 30.000 euro in più rispetto al valore di partenza. L’opportunità che abbiamo di fronte è quindi enorme sia in termini generali (di impatto sul Pil, di gettito fiscale per le finanze pubbliche, di riduzione della CO2), sia in termini di mercato per noi operatori. 


Una seconda opportunità è data invece dal ritardo che molte città italiane mostrano nel loro livello di infrastrutturazione, spesso legato da decenni di mancanza di visione urbanistico-economica o di risorse per metterla in atto. Un ritardo che però si traduce in un’occasione di mercato per gli investitori che decidono di puntare su quelle città che hanno deciso di avviare nuovi progetti urbanistici, trovando le risorse per l’attuazione, sperimentando un nuovo racconto di se stesse attraverso un’operazione di marketing territoriale mirata. Un investimento in queste città, proprio nella fase di pianificazione e progettazione, può garantire ampi margini di rendimento e di rivalutazione immobiliare una volta che il progetto vedrà la messa a terra. Rispetto all’investimento nel mercato obbligazionario che, se da un lato offre delle evidenti opportunità di investimento dall’altro consente poco margine nella rivalutazione delle quote all’atto del rimborso, riteniamo l’investimento immobiliare molto più flessibile e remunerativo. 


L’andamento del mercato real estate italiano varia da settore a settore e da città a città, quali sono le zone su cui puntare? 

Come dicevamo prima, oltre alle città che tradizionalmente garantiscono buone garanzie di investimento (Milano e Roma in primis e, negli ultimi anni, anche l’area di Bologna), è importante puntare sulle città secondarie che si stanno dotando di un piano di sviluppo concreto per il futuro. 


A Genova, ad esempio, in questo momento insistono diverse progettualità che hanno ottenuto una copertura finanziaria, anche grazie al Pnrr ma non solo (Terzo Valico, Gronda, Nodo Ferroviario, la rigenerazione del Waterfront di Levante, la Diga Foranea, fra gli altri), che trasformeranno e renderanno più attrattivo e connesso l’intero territorio dell’area genovese. Come gruppo Gabetti, abbiamo stimato che questo processo massivo di infrastrutturazione avrà un impatto sulle quotazioni residenziali stimato in un rialzo intorno al 30% nei prossimi 10 anni


Anche Torino sta tentando di capire a quale modello economico ambire dopo un secolo in cui ha ricoperto il ruolo di motor town legato alla Fiat. Dopo un ventennio di trasformazione urbanistica a cavallo tra gli anni ‘90 e Duemila, anche grazie all’evento olimpico del 2006, la città è impegnata in alcune grandi progettualità che possono cambiare il volto della città ancora una volta. Fra tutte, la seconda linea della metropolitana che attraverserà la città da nord-ovest a sud-est, in un percorso caratterizzato dalla presenza di numerose aree dismesse come lascito del periodo industriale. La realizzazione di questa infrastruttura, insieme alla rigenerazione delle aree dismesse, darà vivacità al mercato con rendimenti che oscillano tra il 6-9%. 


Bari e Palermo sono invece due città del Sud Italia che stanno scommettendo molto sul loro rilancio turistico. Qui, i rendimenti che stimiamo per immobili da locare come short-rent, oscillano intorno al 6% per la categoria civile e intorno al 3-4% per la categoria luxury. 

 

Un tema caldo oggi è quello delle case green: è meglio comprare appartamenti di nuova costruzione o da ristrutturare?

Dipende molto dalla tipologia di investimento che si intende effettuare, dalla location, dalle capacità reddituali e dalle possibilità di accesso al credito


In generale, una nuova costruzione, viste le caratteristiche tecnologiche ed energetiche avanzate, è per definizione un immobile che guarda al futuro costruito secondo gli standard e i trend del momento. In questo senso le nuove costruzioni, oltre a raggiungere le più performanti classi energetiche (A1, A2, A3, A4), che significa bassi livelli di consumo ed elevati livelli di comfort, sono dotate dell’infrastruttura che caratterizzerà l’abitare di domani. Pensiamo alla predisposizione degli impianti per la domotica o alla colonnina per la ricarica di auto elettriche all’interno dei box: sono delle dotazioni che magari il potenziale acquirente non utilizzerà oggi, o almeno non al 100%, ma sa per certo che configureranno l’abitare di domani. 

In questo senso, per un investimento da ammortizzare nel lungo periodo, la nuova costruzione garantisce una maggiore rivalutazione immobiliare rispetto all’immobile da ristrutturare. L’immobile da ristrutturare, infatti, non sempre riesce a ottenere una classe energetica altamente prestante perché dipende molto dalla classe di partenza. La riqualificazione di un fabbricato in classe G o F difficilmente potrà arrivare a raggiungere una classe B o A post riqualificazione. Ciò detto, un investimento di acquisto e riqualificazione, se pensato nel breve-medio periodo, garantisce una plusvalenza immediata pari al valore di cui accennavamo prima. 


Nella riqualificazione, peraltro, il ruolo del credito bancario per la ristrutturazione sarà centrale. Molti istituti di credito stanno, infatti, ampliando la loro offerta di prodotto di mutui e prestiti green proprio perché un immobile energeticamente riqualificato riesce a dare più garanzie, sia in fase di perizia bancaria, sia di rivalutazione immobiliare futura, anche alla luce della possibile evoluzione normativa Ue sulla prestazione energetica. 


In una compravendita, un ruolo fondamentale è ricoperto dalla valutazione del bene. Quali sono gli step per una corretta valutazione di un immobile? 

La corretta valutazione di un immobile è un’attività molto complessa, intelaiata su dinamiche tra di loro indipendenti, ma che tutte insieme concorrono alla determinazione del valore. L’analisi degli step che dovranno essere presi in considerazione, parte sicuramente dalla location (regione, comune, quartiere) per una valutazione di tipo comparativo e dalla lettura del contesto intorno all’immobile da valutare. L’eventuale presenza di sviluppi immobiliari o di progettualità infrastrutturali è determinante nella stima della crescita futura dei valori immobiliari dell’intorno. 


Poi è necessario entrare nel merito delle caratteristiche intrinseche dell’immobile, quindi dimensionamento, stato manutentivo del corpo di fabbrica, esposizione, piano con eventuale presenza o meno dell’ascensore sono determinanti fondamentali che si trasformano in coefficienti di valutazione. Negli ultimi anni, anche la prestazione energetica dell’immobile è diventata di fondamentale importanza nell’analisi delle caratteristiche, non tanto per l’obbligatorietà della certificazione energetica (Ape) all’atto della compravendita, ma proprio perché è aumentata la consapevolezza degli acquirenti verso questo tipo di tematica. Una volta analizzate la location, il contesto e le caratteristiche, si è in grado di capire quale può essere il bacino di utenza dell’immobile, quindi il target potenziale. 

Questi gli step necessari che guidano alla corretta valutazione di un immobile residenziale


Per gli immobili di tipo commerciale, invece, il valore dipende dalla sua rendita. Agli step sopra accennati, sarà quindi necessario affiancare un’analisi dei flussi di cassa derivanti dalla locazione dell’immobile.

---

In questo periodo ha ancora senso puntare sul mattone come forma di investimento?

Con il servizio Chiedi agli esperti di We Wealth puoi contattare gratuitamente un professionista che ti potrà guidare nella scelta dei migliori investimenti e nella gestione del tuo patrimonio. Fai una domanda a uno dei 300 esperti disponibili su We Wealth.

Direttore di We-Wealth.com e caporedattore del magazine. Giornalista professionista, è laureata in Giurisprudenza presso l’Università degli studi di Torino. Ha lavorato a MF, Bloomberg Investimenti, Finanza&Mercati. Ha collaborato con Affari&Finanza (Repubblica) e Advisor

Cosa vorresti fare?