Anche la finanza ha i suoi luoghi comuni: uno di questi è che i mercati emergenti vanno bene quando la Fed taglia i tassi d’interesse e il dollaro si deprezza. C’è un fondo di verità in questi sillogismi di mercato. Le economie emergenti spesso si indebitano in dollari, e quando i tassi americani scendono e il valore del dollaro cala, rimborsare quei debiti diventa più facile. Questo incoraggia un atteggiamento più audace da parte degli investitori internazionali, che, vedendo meno opportunità di rendimento negli Usa, guardano con maggiore interesse alle economie emergenti. Inoltre, il valore del dollaro ha un forte impatto sul commercio internazionale di materie prime, che sono generalmente scambiate in dollari: un dollaro più debole rende le materie prime importate più economiche, aiutando il Pil e in particolare le industrie che le trasformano.
Ogni Paese, però, ha caratteristiche economiche specifiche. In questo contesto, quali sono gli emergenti su cui puntare, dopo che per alcuni anni gli investitori si sono allontanati da questo segmento?
Una fase che può aiutare i mercati emergenti
“Una politica monetaria più accomodante da parte della Federal Reserve potrebbe ridurre la pressione su nazioni con alto debito in dollari, come Argentina, Perù, Turchia e in parte anche l’Arabia Saudita”, ha dichiarato Gabriel Debach, market analyst di eToro, a We Wealth. “Tuttavia, nonostante Argentina e Turchia possano teoricamente beneficiare di un dollaro debole, i loro rischi economici e politici non possono essere ignorati, e questo potrebbe scoraggiare gli investitori”.
In Argentina, il rischio di perdite è elevato, anche se la presidenza di Javier Milei sta cercando di attuare riforme pro-mercato che hanno fatto decollare la Borsa come un razzo (+213% negli ultimi 12 mesi, a fronte di un deprezzamento del peso del 63% rispetto al dollaro). Anche in Turchia, l’influenza politica sulla banca centrale ha destabilizzato gli investitori esteri, che hanno visto la lira turca svalutarsi pesantemente. “Un dollaro più debole potrebbe anche favorire Paesi importatori netti di materie prime come India e Thailandia, riducendo i costi di importazione e migliorando i saldi commerciali”, ha aggiunto Debach. “Questo potrebbe ridurre l’inflazione importata e aumentare i margini aziendali, un effetto positivo che non passa inosservato”.
“C’è spazio per una buona performance dei Paesi emergenti, specialmente per un apprezzamento delle valute locali. Penso soprattutto ai Paesi asiatici con inflazione sotto controllo, deficit contenuti e bassi livelli di debito”, ha dichiarato Mauro Ratto, Co-CIO di Plenisfer Investments Sgr. “In quest’area, potremmo vedere un apprezzamento delle valute locali, in particolare in Paesi con fondamentali solidi come Indonesia, India e in generale il Sud-est asiatico. Questi Paesi vantano tassi reali elevati, oggi più attrattivi con l’avvio del taglio dei tassi in Occidente”. Tassi reali interessanti, ha aggiunto Ratto, potrebbero favorire anche le performance delle obbligazioni in Messico e Brasile.
Prima di investire in un fondo o un ETF etichettato “emergenti”, è essenziale aprire il cofano ed esaminare la composizione sottostante: non tutte le economie possono davvero beneficiare di un dollaro debole. È importante guardare ai settori che dominano le rispettive Borse e valutare se possono trarre vantaggio da importazioni meno costose. “L’India, da questo punto di vista, continua a emergere come un mercato promettente, grazie alla sua esposizione a settori ciclici come il finanziario, il consumo discrezionale, l’energia e l’industriale”, ha affermato Debach. “Una politica monetaria globale più accomodante potrebbe sostenere ulteriormente questi settori, favorendo la crescita economica”.
Altri mercati emergenti nell’area asiatica meritano attenzione. “Anche le Filippine sono interessanti, grazie al peso dei settori finanziario, industriale e immobiliare. Con tassi di interesse in calo, il mercato immobiliare potrebbe ricevere una spinta, aumentando la domanda di proprietà e i profitti delle società immobiliari”, ha spiegato Debach. “Una situazione simile si trova in Vietnam, che beneficia di ingenti investimenti esteri e di una crescente integrazione nelle catene di approvvigionamento globali. Un dollaro più debole renderebbe le esportazioni vietnamite più competitive, mentre tassi di interesse globali in calo potrebbero sostenere gli investimenti nel Paese”.
Non tutto ciò che è emergente luccica
Ci sono eccezioni da considerare nel contesto del 2024. Una di queste, secondo gli analisti di Goldman Sachs, è l’azionario del Brasile, che potrebbe essere penalizzato dall’inasprimento della politica monetaria. “Quando il Brasile alza i tassi e la Fed li taglia, storicamente le azioni brasiliane hanno registrato una flessione del 15% in sei mesi”, ha osservato Jolene Zhong di Goldman Sachs in una nota del 20 settembre. “Al momento, vediamo rischi al ribasso per l’indice principale, a causa del differenziale dei tassi, della domanda debole dalla Cina e del calo dei prezzi del petrolio e delle materie prime”.