Il rischio che una politica economica allegra possa farsi largo con un nome poco noto negli ambienti finanziari sta spingendo il totonomi del futuro ministro dell’Economia su profili tecnici estremamente “inseriti”
Uno dei candidati più graditi al Quirinale sarebbe il membro italiano del Comitato esecutivo Bce, Fabio Panetta, che non ha ancora escluso ufficialmente la sua disponibilità
E’ un ricordo un po’ sbiadito, ma l’importanza della scelta del ministro dell’Economia, era stata molto evidente nel 2018. Allora, a spaventare i mercati fu il nome di Paolo Savona, economista con una carriera alla Banca d’Italia, con un passato fortemente euroscettico. Il presidente Mattarella si dovette esporre per espungere il suo nome dalla lista dei ministri, citando il dovere costituzionale di proteggere il risparmio degli italiani (dallo spread). Nella fase di formazione del nuovo governo Meloni, nonostante un passato non meno euroscettico da parte della leader di Fratelli d’Italia, non sembra esserci alcuna intenzione analoga. Nessuno, fra i nomi che circolano nelle indiscrezioni di palazzo, infatti, lancerebbe un segnale di forte discontinuità.
Appare chiaro come si stia ragionando, innanzitutto, su un profilo tecnico che sia già noto agli ambienti finanziari europei. Se queste attese dovessero essere rispettate, l’idea che il governo Meloni potrebbe essere “spendaccione” e minare la sostenibilità finanziaria del Paese dovrebbe essere precocemente cancellata – a dispetto delle costose promesse elettorali del centrodestra.
Anche se il compito del ministro dell’Economia va ben al di là di una semplice funzione “lenitiva” sulla crescita dei tassi d’interesse sul debito, per chi investe in Btp, il cv del neoministro sarà il primo elemento di riflessione per capire come muoversi.
Il ministro dell’Economia di Meloni: il totonomi
La prima scelta, fra quelle fin qui discusse, ricadrebbe sul membro del Comitato esecutivo della Bce Fabio Panetta. Considerato all’interno del board della Bce come una delle più convinte “colombe”, ossia fra le figure meno favorevoli alle politiche monetarie restrittive, Panetta è anche il principale fautore dell’euro digitale. Secondo indiscrezioni pubblicate nei giorni scorsi da Bloomberg, Panetta avrebbe già declinato l’invito. Il Fatto Quotidiano, però, segnala che il nome dell’economista sarebbe gradito al presidente Sergio Mattarella, che starebbe cercando di esercitare un’opera di “moral suasion”. Proveniendo direttamente dalla Banca centrale europea, la nomina di Panetta sarebbe senza dubbio rassicurante e positiva.
Il secondo candidato a Via XX Settembre sarebbe una vecchia conoscenza, l’ennesima, della compagine del centrodestra berlusconiano: Domenico Siniscalco. Economista, già ministro delle Finanze fra il 2004 e il 2005 nel Berlusconi II e, 2001 e 2005 direttore generale del Tesoro. Nel 2006 è diventato vicepresidente e managing director di Morgan Stanley International, finendo in seguito al centro di un’inchiesta giudiziaria sui derivati “capestro” contratti fra il Tesoro e la stessa banca americana – e poi finita senza conseguenze con sentenza di assoluzione della Corte dei Conti lo scorso aprile. Con un passato accademico, politico e, negli ultimi anni, da banchiere per una grande istituzione finanziaria, Domenico Siniscalco non ha condiviso il tratto di storia travagliato che il centrodestra attraversò nel 2011, con la crisi dello spread sfociata nelle dimissioni di Silvio Berlusconi.
In crescita, secondo Il Messaggero e Il Foglio, sono infine le quotazioni di un altro tecnico: Dario Scannapieco. Amministratore delegato e direttore generale di Cassa depositi e prestiti, è il “papabile” con un curriculum di stampo più manageriale. Mba ad Harvard, passa da Telecom Italia al Mef su chiamata, pare, dell’allora dg del Tesoro Mario Draghi. Approdare poi per un lungo periodo (1997-2021) alla Banca europea per gli investimenti e, da lì, l’ultimo passo verso gli attuali incarichi in Cdp. Sul suo nome, anche qui, profondamente radicato nel cursus honorum del sistema finanziario internazionale, Scannapieco sarebbe un nome sui cui c’è larga convergenza. Dalla “storica” stima di Draghi alla Lega.