L’ “Ace” E LA “SUPER-Ace”
Il c.d. Aiuto alla Crescita Economica è un incentivo che premia, mediante una riduzione della imposizione sui redditi, tutte quelle imprese commerciali che si finanziano con capitale di rischio. L’obiettivo perseguito è per l’appunto la loro patrimonializzazione e lo scopo viene raggiunto attraverso un meccanismo altrettanto intuitivo: detassare, o meglio dedurre, dal reddito netto imponibile una quota pari ad una percentuale degli incrementi del patrimonio netto (o capitale proprio). E più alti sono gli incrementi “genuini” del patrimonio netto, maggiori sono gli impatti “benefici” in termini di detassazione (in quanto minore sarà la base imponibile del reddito d’impresa).
Ed è proprio sul termine “genuini” che bisogna preliminarmente soffermarsi in quanto non tutte le operazioni e/o voci di bilancio possono considerarsi “benefiche” ai fini ACE. Senza spirito di esaustività:
- lo sono tutte quelle che incrementano la variazione netta del capitale proprio quali, ad esempio, i conferimenti in denaro, gli utili accantonati a riserva (ad esclusione di quelle destinati a riserve non disponibili), la conversione in azioni di prestiti obbligazionari, versamenti a fondo perduto o in conto capitale, il guadagno derivante dalla rivendita di azioni proprie, ; mentre
- non lo sono tutte quelle che portano alla riduzione del patrimonio netto contabile con attribuzione, a qualsiasi titolo, ai soci o partecipanti (quali la distribuzione di dividendi ecc.), nonché tutte quelle operazioni che comportano la “sterilizzazione” o meglio la neutralizzazione (e quindi la riduzione) della base di calcolo dell’Ace, quali alcuni meccanismi elusivi che permettono di creare variazioni in aumento del capitale proprio su molteplici soggetti a fronte di un’unica immissione di capitale (fenomeno che si potrebbe verificare, ad esempio, nell’ambito degli aumenti di capitale infragruppo), l’acquisto di azioni proprie (sino a quando non sono rivendute), l’incremento delle consistenze dei titoli e valori mobiliari diversi dalle partecipazioni, ecc.
Ma se quelle appena illustrate costituiscono sommariamente le componenti della base di calcolo Ace, per poterne apprezzare i relativi benefici in termini di detassazione bisogna invece procedere all’estrazione del relativo importo ottenibile attraverso una semplice (si fa per dire) operazione matematica: moltiplicare la differenza positiva tra gli incrementi di cui al gruppo A e le riduzioni/sterilizzazioni di cui al gruppo B, per il coefficiente Rn determinato ex lege che prende il nome di Rendimento Nozionale . E tale importo, che costituisce l’incentivo Ace, può essere alternativamente utilizzato a deduzione del reddito d’impresa nella dichiarazione dei redditi ovvero, e questa è la prima novità introdotta dal Decreto Sostegni bis, quale credito d’imposta (calcolato applicando le aliquote Ires e Irap) immediatamente disponibile e prontamente utilizzabile dal giorno successivo a quello in cui è avvenuto l’incremento nel corso dell’anno 2021.
E non è soltanto questo aspetto a rendere più appetibile il ricorso a tale incentivo. La vera novità, quella che potrebbe far ritornare in àuge l’istituto dell’Ace, è da ricercare proprio nel rendimento nozionale (o Rn). Infatti, con il Decreto Sostegni bis si passa da un parco 1,3% ad un più prodigo Rn al 15%: una “Super-Ace” da applicarsi però (i) per il solo anno fiscale 2021 (almeno sembrerebbe), (ii) sulla variazione in aumento del capitale proprio registrata al 31 dicembre 2021 (rispetto alle consistenze al 31 dicembre 2020), e (iii) per un importo massimo di 5 milioni di euro.
Per apprezzare al meglio il meccanismo, si prenda ad esempio un incremento nell’anno fiscale 2021 di 3 milioni di euro del patrimonio netto dovuto al guadagno derivante dalla rivendita di azioni proprie, da un lato, e ad una riduzione dovuta alla distribuzione di dividendi per 1 milione di euro, dall’altro. In questo scenario, la base di calcolo Ace per gli incrementi dal 01.01.2021 al 31.12.2021 sarebbe di 2 milioni di euro e pertanto il relativo incentivo pari a 300 mila euro, con Rn pari al 15%, in luogo di 26 mila euro, con l’aliquota dell’1,3%. E se l’impresa commerciale è soggetto Ires (aliquota del 24%), allora il risparmio d’imposta sarebbe rispettivamente di 72 mila euro per la “Super-Ace” (ossia 24%x300.000) e di 6.240 euro per l’Ace ordinaria (ossia 24%x26.000).
La differenza non è di poco conto.
LE POLIZZE DI PRIVATE INSURANCE PER LA CLIENTELA “CORPORATE”
Nel mondo assicurativo d’oltreoceano prendono anche il nome di prodotti Coli (o Corporate-Owned Life Insurance) quei prodotti assicurativi appartenenti al ramo vita che vedono l’impresa come contraente e beneficiario di polizza ed hanno, quale assicurato, uno dei soggetti apicali dell’impresa (es. amministratore delegato, socio fondatore ecc., o key man) ovvero, in quanto non si può escludere del tutto, un qualsivoglia altro impiegato della stessa. Nel territorio europeo si identificano di norma in polizze vita di puro rischio, ma sempre più apprezzati sono i prodotti di investimento assicurativi c.d. Ibip (insurance based investment product) di ramo I (a gestione separata) e/o III (di tipo unit-linked).
Le polizze Coli vengono stipulate principalmente per finalità di protezione dei soggetti chiave in quanto, dietro pagamento di uno o più premi (ricorrenti o non), permettono di fornire alla società beneficiaria una provvista di liquidità a seguito del verificarsi del decesso dell’assicurato: nella loro forma di ramo I di puro rischio (come le temporanee caso morte, o TCM) hanno una durata determinata e non presentano un valore di riscatto, a differenza invece di quelle di investimento assicurativo IBIP di ramo I e/o III che presentano tale valore parametrato alla componente finanziaria del prodotto e possono anche essere contratte a vita intera.
Ad abundantiam, le polizze Coli di tipo Ibip sono anche utilizzate per l’amministrazione e/o gestione di quei buffer di liquidità aziendale che non sono soggetti a pretese e/o a obblighi di diverso tipo, anche di natura contrattuale (si pensi alle polizze collegate al trattamento di fine rapporto, o Tfm), andando così a sfruttare la componente finanziaria del prodotto. E quella assicurativa? Di sovente i prodotti Coli di tipo Ibip offrono diverse opzioni contrattuali che permettono di rafforzare quella funzione di protezione e, per così dire, indennitaria offerta dalle polizze vita di puro rischio: si fa riferimento alla c.d. garanzia di restituzione del capitale (o return of premium death benefit) che permette all’impresa beneficiaria di polizza di vedersi restituire, per l’appunto, il capitale versato in polizza al verificarsi dell’evento assicurato (ma non in caso di riscatto, in quanto non si tratta di una garanzia finanziaria), oppure alla c.d. garanzia cliquet (o ratchet death benefit) che a differenza di quella precedente consente il pagamento di una prestazione assicurativa pari al maggiore tra il massimo valore raggiunto dalla polizza in corso di contratto o il capitale pagato in polizza.
Purtroppo la componente assicurativa viene spesso messa in secondo piano ma andrebbe, invece, presa sempre di più in considerazione, in quanto è proprio la funzione di protezione offerta dalle opzioni poc’anzi citate a permettere non soltanto di rendere il prodotto più attrattivo ma soprattutto, come si illustrerà nel prosieguo, di confutare alcune reticenze (e direi, resistenze) in merito alla possibile sterilizzazione ai fini Ace degli incrementi di valore ottenuti dalle polizze Coli di tipo Ibip.
L’UTILIZZO DEL PRODOTTO DI PRIVATE INSURANCE NEL CONTESTO DELL’ “Ace”
Come anticipato nei paragrafi precedenti, l’Ace è un incentivo che permette alle imprese commerciali di dedurre dal reddito d’impresa una quota pari al rendimento nozionale dell’incremento netto del capitale proprio. Sul punto, si è anche accennato al fatto che il Decreto Sostegni bis potrebbe dare particolare vigore all’istituto per svariate ragioni. Tra le più interessanti si è evidenziato l’innalzamento al 15% del rendimento nozionale (per la variazione degli incrementi di capitale proprio che potrebbero aver luogo nel corso del 2021 e con un “cap” di 5 milioni) ma anche l’utilizzo dell’ammontare ACE quale credito d’imposta immediatamente utilizzabile. Si è anche brevemente illustrato a quali sono le diverse componenti che innalzano ma anche a quelle che “sterilizzano” la base di calcolo Ace. Ed è proprio nel contesto di tali ultime operazioni che bisogna indirizzare l’indagine del mondo private insurance per la clientela corporate nel contesto Ace, ed in particolare su come il prodotto Coli di tipo Ibip debba essere inquadrato nell’ambito del quadro normativo che ruota intorno a tale incentivo.
Va da sé che il prodotto di investimento assicurativo di ramo I e/o III detenuto da una impresa commerciale non debba essere annoverato tra quelle operazioni che ai fini Ace sono dirette ad incrementare il capitale proprio (quelle elencate nel gruppo A). Il dubbio è piuttosto sul lato delle operazioni che sterilizzano la base di calcolo Ace (quelle previste nel gruppo B), ed in particolar modo nell’inciso secondo cui “la variazione in aumento del capitale proprio non ha effetto fino a concorrenza dell’incremento delle consistenze dei titoli e valori mobiliari diversi dalle partecipazioni”. E ciò sotto un duplice aspetto: da un lato, perché la variazione in aumento dei titoli o valori mobiliari non “aiuta”, secondo lo spirito del legislatore, la patrimonializzazione dell’impresa (e quindi la conseguente detassazione) in quanto operazioni utilizzate per incrementare attività meramente finanziarie; e dall’altro, perché stando al dato letterale della normativa applicabile (e a quanto riportato nella relazione illustrativa al D.M del 03.08.2017), per titoli e valori mobiliari diversi dalle partecipazioni deve farsi riferimento alle definizioni riportate nel Testo Unico della Finanza, includendo altresì le quote degli Oicr.
E fatta questa opportuna premessa, arriviamo al punto cruciale: il prodotto Coli di tipo Ibip (quello di puro rischio non è preso in considerazione vista la mancanza della componente investimento) è da inquadrare come titolo/valore mobiliare o comunque come attività meramente finanziaria ? Perché se così non fosse, allora l’incremento del valore di polizza non apporterebbe né un beneficio né (ed è questo il punto) un “maleficio” alla base di calcolo dell’Ace (cosa che invece avrebbe luogo con i titoli/valori mobiliari e le attività meramente finanziarie) in quanto, molto più semplicemente, non sarebbe da includersi tra quelle consistenze che sterilizzano la base di calcolo Ace.
Immaginiamo l’esempio di prima in cui si era ottenuta una “Super-Ace” di 300 mila euro in uno scenario in cui era stato previsto, da un lato, un incremento nell’anno fiscale 2021 di 3 milioni di euro del patrimonio netto dovuto al guadagno derivante dalla rivendita di azioni proprie nonché, dall’altro, una riduzione dovuta alla distribuzione di dividendi per 1 milione di euro (in sostanza il RN del 15% sulla differenza positiva di 2 milioni). A questo punto aggiungiamo la componente polizza vita di tipo Ibip ed in particolare un incremento a fine anno 2021 del suo valore di 800 mila euro. In questo scenario, se tale ultima variazione in aumento sterilizza la base di calcolo Ace, allora l’incremento totale del patrimonio netto è pari a 1,2 milioni di euro (la differenza tra 2 milioni e 800 mila) con un incentivo in termini di detassazione sul reddito imponibile ai fini Ires pari a 180 mila euro (e risparmio d’imposta Ires di 43.200 euro). Nel caso contrario, il risultato resta immutato a due milioni con i più appetibili 300 mila euro di incentivo Ace (e risparmio d’imposta Ires di 72.000 euro). E questo perché l’incremento del valore di polizza è indifferente in quanto il prodotto Coli di tipo Ibip è escluso in toto dalla base di calcolo Ace.
Ma ritorniamo al punto cruciale di prima fornendo alcuni spunti di riflessione.
Innanzitutto, la più immediata delle risposte sarebbe quella di escludere il prodotto Coli di tipo Ibip tra i valori mobiliari (letteralmente non lo è) e, pertanto, in grado di non sterilizzare la base di calcolo Ace (con ovvi benefici in termini di detassazione). Purtroppo, ci troveremo parzialmente nel giusto e qualcuno potrebbe storcere il naso. Si rende pertanto necessaria un’opera di rafforzamento di tale tesi rispetto a quella maggiormente ostile che sulla base di un approccio focalizzato sulla sola componente investimento del prodotto Coli di tipo Ibip, lo vede comunque annoverato tra le attività meramente finanziarie in grado di sterilizzare la base di calcolo Ace (i.e. riduzione della relativa base di calcolo con conseguenti minori effetti in termini di detassazione). Ma si tratterebbe di considerazioni abbastanza miopi, in quanto non in grado di prendere in considerazione tutte le sfaccettature del prodotto, ma soprattutto desuete, visto il mutato quadro normativo di matrice europea e domestica in cui sono state collocate di recente le polizze vita di natura finanziaria.
Come si accennava nei paragrafi precedenti, infatti, con la trasposizione della direttiva sulla distribuzione assicurativa (o Idd) è stata introdotta una nuova terminologia, quella di “prodotti di investimento assicurativo” (o Ibip) che non soltanto ha rottamato quella di “prodotti finanziari emessi da imprese di assicurazione” ma ha fatto sì che anche i prodotti vita linked appartenenti al ramo III (così come anche quelli di ramo V) siano normati solo e soltanto dal diritto delle assicurazioni e non più dal diritto finanziario . Quindi fuori dal perimetro del Testo Unico della Finanza e dalla normativa secondaria di riferimento (se non per gli aspetti della distribuzione dei prodotti Ibip da parte dei soggetti sottoposti a vigilanza Consob abilitati alla distribuzione assicurativa, i c.d. Sada). E non si tratta soltanto di un aspetto meramente regolamentare in quanto gli stessi principi sono fatti propri, per quanto qui interessa, anche dalla giurisprudenza tributaria (ex multis, Ctp Pavia n. 447-448-449-450/2019 e molto più di recente Ctr Lombardia n. 1864-1865/2021).
A maggior conforto, e nel caso in cui dovessero ancora residuare dubbi sul punto in disamina, allora può venire in soccorso il rafforzamento della componente assicurativa del prodotto attraverso, ad esempio, la garanzia di restituzione del capitale in caso di decesso o l’opzione cliquet.
E con queste argomentazioni, cosa manca ancora al prodotto Coli di tipo Ibip per non essere più considerato quale attività meramente finanziaria ?
Forse niente se non il disfattismo su un prodotto che ha ormai acquisito dignità nel diritto assicurativo e un posto di notevole riguardo tra i prodotti puramente assicurativi.
E se così fosse, cosa ancora renderebbe incerta la sua esclusione dalla base di calcolo Ace ? Più che un’incertezza ci sarebbe piuttosto bisogno di una conferma che potrebbe essere ottenuta dai singoli operatori al momento della presentazione della comunicazione all’autorità fiscale prevista dal Decreto Sostegni bis, nel caso in cui le singole imprese commerciali vogliano fruire della “Super-Ace” optando per il credito d’imposta già nel 2021 anziché aspettare la deduzione in dichiarazione dei redditi 2022.
À suivre !!!