A seguito di una storica pronuncia del Tribunale di Roma dello scorso 20 luglio 2022, si è recentemente tornati a parlare di un tema tanto nuovo quanto ancora inesplorato, legato all’utilizzo delle tecnologie blockchain nel mondo del calcio.
Infatti, gli ultimi anni sono stati caratterizzati da una vera e propria esplosione di popolarità delle criptovalute e dei Non-fungible tokens (Nft), i quali – alla luce del volume di capitali che vi ruota attorno – hanno inevitabilmente travolto anche il gioco del pallone.
Non sorprende che uno degli sport più seguiti e amati a livello internazionale sia sempre alla ricerca di nuovi strumenti per connettere gli appassionati ai professionisti, ovvero al fine di sfruttare l’immagine e la popolarità di questi ultimi per incrementare il proprio giro d’affari.
Nft: un quadro generale
Cosa sono esattamente gli Nft e come possono legarsi al mondo del calcio?
Gli Nft possono essere pensati come veri e propri certificati digitali che, esistendo su una blockchain, ne ereditano alcune caratteristiche fondamentali.
Si tratta, infatti, di sistemi di identificazione univoca, insostituibile e non replicabile di un determinato bene in forma digitale: gli Nft, infatti, permettono di ovviare a uno dei principali svantaggi del mondo digitale, ovvero la facilità con cui è possibile creare copie (anche e soprattutto non autorizzate) di un determinato prodotto, del quale diventa difficile accertare l’autenticità.
Al contrario, un Nft è per definizione non fungibile, unico nel suo genere e non può essere replicato. Ne consegue che esso rappresenta un’ottima opportunità per creare rarità nel mercato digitale, con oggetti unici e dalla provenienza garantita.
Gli Nft vengono creati attraverso un processo che viene definito “di tokenizzazione”, tramite il quale dati, beni o diritti possono essere incorporati in un asset digitale (Nft, appunto). È bene precisare, tuttavia, che l’acquisto di un Nft non implica generalmente l’acquisto della proprietà dell’opera originaria sottostante, bensì la possibilità di vantare e dimostrare un diritto collegato alla stessa, per mezzo di uno smart contract registrato sulla blockchain.
Ne consegue che gli Nft si rivelano un ottimo strumento per creare oggetti da collezione digitali che possono essere scambiati e tracciati in sicurezza sulla blockchain, garantendo allo stesso tempo il rispetto dei diritti (in particolare, di privativa) di colui che li ha creati e/o del titolare del bene sottostante. Si pensi, ad esempio, alle skin per personaggi di un videogioco, ad un’opera d’arte che viene tokenizzata e fatta circolare digitalmente, o ancora a un musicista che conia un Nft tramite il quale è possibile riprodurre un suo brano: l’artista potrà con certezza, e in automatico, vedersi ricompensato ogniqualvolta L’Nft verrà scambiato e/o trasferito, grazie alla tracciabilità e all’unicità dell’Nft stesso.
L’ordinanza del Tribunale di Roma
Tramite la decisione del Tribunale di Roma un giudice italiano, per la prima volta, affronta una questione legata a questa tematica specifica e si esprime sulla violazione di diritti di proprietà intellettuale consumata attraverso la vendita non autorizzata di Nft ritraenti un calciatore.
La pronuncia è significativa non solo in quanto costituisce un precedente giurisprudenziale in ambito tecnologie blockchain e digital asset – ancora non opportunamente disciplinato dal legislatore – ma anche perché prende posizione su alcune tematiche ricorrenti e attuali in relazione agli Nft e alla gestione dei diritti Ip a essi collegati.
Il caso vedeva una società lanciare sul mercato alcuni Nft raffiguranti immagini di calciatori famosi con l’intento di creare una sorta di fantacalcio online: all’interno di quest’ultimo, dunque, gli Nft potevano essere scambiati e i titolari/giocatori potevano formare le proprie squadre.
Uno di questi Nft aveva a oggetto l’immagine di un noto calciatore mentre indossava la maglia di una celebre squadra italiana, della quale venivano riprodotti alcuni segni distintivi. La società – che nel frattempo aveva lanciato una propria collezione di Nft – si era opposta alla commercializzazione, lamentando un indebito uso del proprio marchio e la violazione dei propri diritti Ip.
Da un lato, il Tribunale sottolinea lo scopo meramente commerciale dell’attività di conio e commercializzazione degli Nft da parte della società resistente, la quale, dunque, non avrebbe potuto disporre liberamente dell’immagine del calciatore famoso e dei segni della società calcistica, dovendo necessariamente chiedere l’autorizzazione a quest’ultima. Dall’altro, riconosce la tutela ai marchi della stessa, nonostante questi ultimi non fossero registrati specificamente per gli Nft, sia per via della rinomanza di cui godevano sia in quanto registrati per la classe 9 della Classificazione di Nizza, ritenuta idonea a ricomprendere gli Nft.
Sul punto, decisivo ai fini della decisione è stata la circostanza che il club fosse anch’esso presente nello stesso mercato: l’attività della società resistente, infatti, avrebbe inevitabilmente creato la falsa impressione che vi fosse un legame o una connessione – in realtà inesistente – tra le due società e le rispettive attività. In conclusione, in tema di contraffazione di marchi, elemento spesso determinante è proprio il rischio di confusione per i consumatori/utenti finali.
Riflessi sul mondo del calcio
Si comprende bene come le caratteristiche di unicità e non alterabilità proprie degli Nft possano prestarsi a molteplici utilizzi, in modo da rendere il calcio uno sport sempre più accessibile, moderno, nonché in grado di abbracciare i gusti di sempre più fan, dai più sportivi ai gamers.
Tuttavia, è necessario prestare attenzione qualora si decida di utilizzare immagini di calciatori (ma anche di sportivi in generale) all’interno degli Nft, non essendo queste di libera fruizione.
In particolare, il nostro ordinamento regola – agli articoli 96 e 97 della Legge sul Diritto d’Autore – il diritto all’immagine, secondo il quale il ritratto di una persona non può essere utilizzato senza il consenso di quest’ultima. È bene precisare che qualsiasi immagine, quand’anche in forma di disegno caricaturale, che, direttamente o indirettamente, richiami una determinata persona o alcuni suoi tratti caratterizzanti richiede, in via generale, il previo assenso della persona ritratta – anche laddove famosa – se si decide di utilizzare tale immagine a fini commerciali.
L’esempio di scuola (che presenta senz’altro affinità con gli Nft) è quello delle celebri Figurine Panini o dei videogiochi come “Fifa” della Electronic Arts: a tale proposito, questi esempi ci insegnano come la realizzazione e commercializzazione di figurine o dei volti dei giocatori non può prescindere dal consenso degli effigiati.
È chiaro, dunque, che i calciatori possano disporre della propria immagine, concedendone l’uso a terzi – spesso dietro compenso – tramite appositi accordi di licenza. La questione si fa più complessa nel momento in cui il giocatore decida di firmare accordi che prevedono un uso esclusivo da parte del licenziatario (la società, la Lega o uno sponsor), il quale diventa, a quel punto, l’unico soggetto autorizzato a poter sfruttare l’immagine del calciatore.
Oltre ai diritti d’immagine del calciatore, e come si evince nell’ordinanza in commento, chi intende creare e commercializzare Nft dovrà senz’altro fare i conti anche con i segni distintivi della società o della nazionale nelle cui vesti il giocatore è ritratto (presenti, ad esempio, sulla maglietta/divisa), con conseguente necessità di ottenere il consenso anche da parte di queste ultime.
L’esempio delle Figurine Panini o del videogioco “Fifa” merita, tuttavia, una precisazione che riguarda la gestione dei diritti di sfruttamento economico dell’immagine dei professionisti in questo settore. E infatti, né l’una né l’altra società (Panini ed EA) trattano personalmente con ciascun giocatore al fine di ottenere i rispettivi diritti, bensì li ricevono a seguito di negoziazione:
- con l’Associazione italiana calciatori (Aic), a cui i giocatori cedono i propri diritti nel momento dell’adesione alla stessa
e/o
- con la Federazione internazionale dei calciatori professionisti (Fifpro), alla quale le singole leghe nazionali aderiscono.
Dunque, è l’Aic a detenere i diritti allo sfruttamento commerciale dell’immagine sportiva dei calciatori nonché l’unica che può concederne in licenza l’utilizzo.
Pertanto, nel momento i cui si decide di utilizzare l’immagine di calciatori servendosi delle tecnologie blockchain e Nft, occorre tenere a mente il summenzionato regime di autorizzazioni (che è necessario acquisire in via preventiva). Quanto detto vale se gli Nft raffigurano i professionisti nelle loro vesti da gioco, mentre va da sé che ciascun soggetto rimane titolare della propria immagine ogniqualvolta questa si intenda quale immagine fuori dal campo (o qualora questi ultimi vengano ritratti senza divisa della società/nazionale di appartenenza). In quest’ultimo caso, infatti, ed in assenza di altre licenze esclusive, potrebbe bastare il solo consenso del giocatore.
(Articolo scritto in collaborazione con Camilla Pozzi e Giacomo Vacca, dello studio legale De Berti Jacchia Franchini Forlani)