Come può un’impresa familiare, grande o piccola che sia, migliorare i processi decisionali avvalendosi di un consiglio di amministrazione efficace? Se è vero che il cda è uno strumento poco valorizzato, specialmente nella cultura imprenditoriale italiana, è altrettanto vero che esso è il locus delle responsabilità giuridiche e sostanziali per le decisioni aziendali e quindi meritevole di attenzione.
Il ruolo principale del consiglio di amministrazione è offrire consulenza strategica, ma anche selezionare e monitorare il top management e l’amministratore delegato. Il consiglio di amministrazione è la “legal authority” di tutte le società, in particolare è obbligatorio per le società a responsabilità limitata e per le società per azioni. In tutti i libri di testo che avrete visionato nella vostra carriera la corporate governance è rappresentata come una sorta di piramide in cima alla quale ci sono gli azionisti, a seguire il consiglio di amministrazione, il top management e i dipendenti. Il compito principale degli azionisti è supervisionare il sistema dell’impresa familiare, ma anche selezionare i membri del consiglio di amministrazione. Il ruolo dei membri del consiglio di amministrazione consiste nel selezionare e monitorare il top management, licenziandolo nel caso in cui non sia efficace, ma anche nel contribuire alle decisioni chiave dell’attività d’impresa offrendo consulenza strategica. Il ruolo chiave del top management è invece quello di gestire l’azienda seguendo gli standard che sono stati descritti e prescritti dagli azionisti e dal consiglio di amministrazione. Il ruolo dei dipendenti è implementare le decisioni e assolvere i compiti stabiliti dal top management.
Nelle imprese non familiari questa struttura (piramide) ha confini molto chiari. Nella pratica, per le imprese familiari, i confini che distinguono i ruoli e i compiti di azionisti, consiglio di amministrazione, top management e dipendenti sono invece molto sfumati. C’è quindi una distinzione poco netta tra i diversi livelli, il che, a volte, è un vantaggio perché il processo decisionale è più rapido e flessibile; tuttavia, allo stesso tempo, questa distinzione poco netta può rappresentare un problema e creare confusione sui ruoli (spesso sovrapposti) che i soggetti ricoprono. Pensiamo ad esempio alla situazione in cui alcuni membri della famiglia proprietaria (azionisti) siedono nel cda e sono manager dell’azienda. Tali membri dispongono, simultaneamente, del potere di impartire ordini a tutti i livelli e ciò può sminuire il ruolo del consiglio di amministrazione.
In queste circostanze il potenziale del cda spesso rischia di non essere sfruttato appieno, presentando situazioni ove il consiglio si limita a prendere atto formalmente di decisioni che sono state prese in altri contesti, come ad esempio durante le riunioni informali in cui i membri della famiglia hanno un ruolo chiave. Questo è un problema se pensiamo che il consiglio di amministrazione è l’autorità legale dell’azienda, chiamata a rispondere nel caso la stessa abbia problemi o addirittura fallisca. È dunque importante che il cda mantenga non solo nella forma ma anche nella sostanza una posizione apicale nei processi decisionali.
Affinché ciò accada serve investire sia sulla composizione che sul modus operandi del cda. La composizione del cda – di cui ci occupiamo in questo articolo – è fondamentale per il successo di qualsiasi impresa. Nel caso particolare delle imprese familiari, esso deve essere composto da alcuni membri della famiglia capaci di assicurare un allineamento tra l’impresa e la famiglia proprietaria. Ad essi è raccomandato di affiancare membri non familiari che dovrebbero contribuire con le loro competenze e conoscenze, ma anche con la loro obiettività. Ci sono alcuni criteri chiave per selezionare i membri di un consiglio di amministrazione.
Un primo criterio è che i membri del cda, e stiamo parlando sia di membri della famiglia che di membri non familiari, abbiano una buona conoscenza del mercato, del modello di business dell’azienda e delle principali sfide che essa ha affrontato e affronterà. Consiglieri con prospettive diverse, provenienti da esperienze aziendali in settori affini e con competenze complementari (ad es. esperti di internazionalizzazione, di governance, di marketing) sono auspicabili. Ad esempio, una delle imprese familiari che abbiamo studiato ha beneficiato di un significativo aumento di fatturato dopo aver aperto il cda (fino a quel momento composto solo da membri della fami¬glia) ad un ex manager di un’azienda protagonista nel mercato di riferimento. Un secondo criterio riguarda le capacità relazionali ed in particolare la capacità di comunicare, ascoltare e ottenere la fiducia degli altri membri del cda. È facile trovare persone competenti da inserire nel cda, ma è più difficile identificare consiglieri capaci di interagire con autorevolezza e su un piano di parità. Solo quando si parla alla pari con gli altri membri dell’azienda si può ottenere la loro fiducia. In questo senso è suggeribile che i membri del cda conoscano bene le dinamiche della famiglia, la sua storia e le diverse sfumature che ne descrivono le relazioni.
Un terzo ingrediente è il tempo da dedicare allo svolgimento delle funzioni del cda. Durante la nostra attività di ricerca, abbiamo interagito con membri di cda appartenenti ad aziende di diversi settori e varie dimensioni, quotate e non. Uno dei temi ricorrenti è il poco tempo a disposizione. Avere molti impegni professionali offre un accesso più ampio alle risorse, alle conoscenze e a informazioni potenzialmente utili per contribuire in modo proficuo alle discussioni del cda. Tuttavia un consigliere rischia di non apportare un contributo d’impatto quando non dedica il giusto tempo all’acquisizione delle informazioni, alla comprensione delle dinamiche di ogni caso, alla riflessione su ciò che è auspicabile per il benessere dell’impresa in un’ottica di lungo periodo. Ultimo (non per importanza) è la motivazione. Il membro del cda di un’impresa familiare non dovrebbe avere come unica priorità lo status o il denaro, ma un interesse intrinseco, una passione per il progetto di business e la visione dell’impresa. Un concetto che noi chiamiamo “commitment to the family firm common purpose” e che le evidenze preliminari delle nostre ricerche ci mostrano essere l’ingrediente che fa lievitare l’efficacia del consiglio di amministrazione.
(Articolo tratto dal magazine We Wealth di maggio 2023 a cura di Alfredo De Massis e Cristina Bettinelli, professore ordinario dell’Università degli studi di Bergamo)
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