Articolo tratto dal numero di marzo del magazine We Wealth
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Se la pubblicità è l’anima del commercio, è anche l’anima della politica. La presenza di politici o politicanti nelle notizie – dai giornali agli altri media – è un indizio significativo dell’importanza della persona in questione; e, quando la persona in questione è il Capo del Governo, dell’importanza del Paese.
Ora, per chi vive all’estero, è sorprendente vedere quanto spesso Giorgia Meloni e il suo governo vengano citati dalla stampa internazionale – sia i giornali quotidiani che i periodici, fino alle agenzie di informazione, dalla Reuters a Bloomberg. Il che pone alcune domande: queste ‘alte frequenze’ sono vere o sono solo una labile impressione? E se sono vere, quali sono le cause? Si può immaginare una maggiore attrattività dell’Italia nel contesto mondiale? Ci sono altri dati che confermano questa maggiore attrattività?
2. Un primato nelle citazioni internazionali
La risposta alla prima domanda è positiva, addirittura sorprendente. Nel sito di ‘Google News’ – che raccoglie le News di decine di migliaia di fonti d’informazione – è possibile contare le menzioni di un dato nome e specificare il periodo. La ricerca è stata limitata alla lingua inglese; il che non vuol dire che sia solo la stampa anglo-sassone, dato che i maggiori giornali del mondo non anglo-sassone hanno anche edizioni in lingua inglese.
Nel grafico sono raffigurati i periodi di premierato degli ultimi cinque Presidenti del Consiglio italiani, da Matteo Renzi a Paolo Gentiloni, da Giuseppe Conte a Mario Draghi e a Giorgia Meloni; e di due Capi del Governo non italiani, il Presidente francese e il Cancelliere tedesco, per coprire gli altri due maggiori Paesi dell’Eurozona. La durata dei premierati è stata ovviamente diversa, e il numero complessivo delle menzioni è stato quindi ‘normalizzato’ dividendolo per il numero dei giorni della durata in carica.
Il risultato, come detto, è sorprendente. Fra gli italiani, prima della Meloni, il più ignorato dalla stampa era stato Paolo Gentiloni (una media di 13 menzioni giornaliere), e il più presente era stato Mario Draghi (88). Ma l’avvento della premier in carica ha battuto tutti i record: 10.990 menzioni al giorno! Con il che l’Italia si è messa in linea, come nome e come rinomanza, con il Presidente e il Cancelliere. Certamente, c’è il fattore novità: la Meloni non è stata certo la prima donna premier al mondo, ma è stata la prima in Italia, dall’Unità ad oggi.
L’altra novità è che la Meloni ha mantenuto alti consensi nei sondaggi, ben oltre la ‘luna di miele’ che l’opinione pubblica di solito concede ai nuovi capi di Governo. Poi c’è la ‘resilienza’: nelle elezioni europee l’Italia è stata il solo Paese che non sia stato punito dall’elettorato. Poi c’è stato il ‘pivot’, come dicono in inglese, verso Trump-Musk, che ne ha fatto un potenziale anello di concilianti congiunzione fra un’Europa indebolita e un’America aggressiva. Quale che sia, la Meloni – e l’Italia – sono nelle News.
E tutto questo non può che essere positivo per la ‘attrattività’ dell’Italia, in termini sia di economia reale – investimenti diretti dall’estero – che in termini di economia finanziaria – investimenti esteri e domestici in titoli italiani.
Attrattività e mercati: i numeri confermano
Il mondo delle News non è avaro di cinici detti: per esempio, ‘una smentita è una notizia data due volte’, o, come disse P.T. Barnum – il leggendario fondatore dei circhi Barnum – “non esiste una cattiva pubblicità” – volendo dire che anche una cattiva pubblicità fa girare il nome e innalza sia la nomea che la «onrata nominanza».
Ma in ogni caso, la pubblicità della Meloni non è certo ‘cattiva’. Ci sono allora – per rispondere alla terza domanda – altri dati che confermano questa maggiore attrattività dell’Italia?
Il grafico mostra come, nei due anni e passa dall’inizio del Governo Meloni, il valore reale dell’indice di Borsa MIB (deflazionato con i prezzi al consumo) sia salito di oltre il 50% (sia detto per inciso, più che per l’analoga grandezza reale di Wall Street – S&P500 – e più che per l’indice analogico dell’Eurozona).
E l’indicatore principe della fiducia dei mercati nei titoli italiani – lo spread BTp-Bund – è andato diminuendo (e, ci si augura, potrà diminuire ancora).