Oggi la mossa della Banca del Giappone si scontra contro rendimenti molto più attrattivi, a parità di rischio, fuori dai propri confini – che orientano le scelte di investimento del mercato. Ed è proprio questo fenomeno ad esercitare un indebolimento fisiologico dello yen
Da qui in avanti In particolare, “lo yen potrebbe trarre vantaggio dal rallentamento dell’economia mondiale, ma questo richiede assolutamente un riabbassamento dei rendimenti globali, in particolare quelli statunitensi”
Lo yen giapponese è una delle poche grandi monete che, confrontata con l’euro, ha perso quota nel 2022. La svalutazione della moneta nazionale è arrivata al punto che il governo e la banca centrale Giapponese hanno deciso ed eseguito, giovedì 22 settembre, il primo intervento di sostegno diretto al cambio dello yen dal 1998, attraverso la vendita di titoli in dollari da parte della Bank of Japan.
L’indebolimento dello yen riflette le diverse condizioni macroeconomiche del Paese che, con un’inflazione del 2,8% e una domanda interna ritenuta ancora debole, non condivide i problemi di surriscaldamento dei prezzi con cui si stanno confrontando da mesi la Federal Reserve e la Banca centrale europea. Nella sua ultima riunione la BoJ ha confermato i tassi e la sua politica monetaria accomodante, prevedendo che l’anno prossimo l’inflazione tornerà sotto i target.
L’intervento a sostegno del cambio potrebbe invitare considerazioni strategiche sull’eventualità di esporsi agli asset denominati in yen. Se il messaggio è quello di una soglia al di sotto della quale il governo giapponese non intende lasciar deprezzare la moneta nazionale, l’eventuale recessione negli Usa e nell’Eurozona potrebbe anticipare – con uno sguardo sufficientemente ampio – più chance di recupero dello yen su dollaro ed euro, che non di ulteriore svalutazione. Tttavia nel breve periodo, come evidente dalle mosse della banca centrale giapponese, stanno prevalendo altre considerazioni.
“Il primo intervento valutario giapponese per difendere lo yen in quasi un quarto di secolo è un passo significativo, ma, in ultima analisi, destinato a fallire”, ha dichiarato a We Wealth il market analyst di eToro, Gabriel Debach, “l’ultima volta che il Giappone ha rafforzato lo yen con un intervento diretto è stato durante la crisi finanziaria asiatica del 1998, quando il tasso di cambio ha raggiunto valori intorno ai $146 e ha minacciato un’economia fragile”.
Yen giapponese: un 2022 nel segno della debolezza
Oggi la mossa della Banca del Giappone si scontra contro rendimenti molto più attrattivi, a parità di rischio, fuori dai propri confini – che orientano le scelte di investimento del mercato. Ed è proprio questo fenomeno (meno domanda titoli in yen, maggiore domanda di quelli in dollari) ad esercitare un indebolimento fisiologico dello yen. “La decisione solitaria” di rafforzare il cambio con operazioni di vendita di titoli denominati in dollari, “rischia però di non essere in grado di alterare la tendenza di fondo, a meno che il dollaro o i rendimenti del Buono del Tesoro Usa non scendano o la BoJ non modifichi la sua politica monetaria. Fattori che non sembrano allo stato attuale presenti“, ha precisato Debach.
Per il momento la mossa della banca del Giappone ha riportato lo yen ai massimi sull’euro da inizio settembre, ma il bilancio da inizio anno resta favorevole alla moneta unica del 6,4% (dato aggiornato alla mattinata italiana del 23 settembre).
“Quest’anno lo yen è stata la valuta che ha esibito la performance più drammatica, perdendo oltre il 23% del suo valore rispetto al dollaro”, ha affermato Debach, “ma ciò è stato determinato dai fondamentali, con i tassi d’interesse giapponesi al minimo e la crescita economica lenta. Finché la Fed rimarrà sul piede di guerra per quanto riguarda l’aumento dei tassi, qualsiasi intervento sullo yen potrebbe solo rallentare, non arrestare, la sua corsa”.
Tornare sullo yen?
Le premesse per un’inversione di tendenza del cambio dello yen ancora non si vedono, ma si possono anticipare formulando alcune ipotesi sull’andamento dell’economia nei prossimi mesi. Secondo il FX strategist di ING, Francesco Pesole, la mossa della Banca centrale giapponese era in qualche modo nell’aria, ma resta “piuttosto sorprendente”, del resto gli interventi diretti sul cambio sono storicamente rari per il Giappone. “A questo punto, sicuramente si apre dello spazio per un riapprezzamento dello yen”, ha aggiunto Pesole in un’intervista a questo giornale, “ammesso che la BoJ continui ad agire per dare supporto alla moneta e riesca a farlo con successo”.
In particolare, “lo yen potrebbe trarre vantaggio dal rallentamento dell’economia mondiale, ma questo richiede assolutamente un riabbassamento dei rendimenti globali (in particolare quelli statunitensi)“. Per il momento la Fed ha annunciato di voler compiere un tratto di strada ancora notevole, prima di poter considerare uno stop ai suoi rialzi. Quello che accadrà in seguito dipenderà, probabilmente, da quanta crescita andrà persa per strada in seguito alla stretta monetaria. “Allo stesso momento l’economia giapponese rimane in una situazione abbastanza precaria, e la grande dipendenza energetica dall’estero è sicuramente un fattore che può tenere a freno l’interesse degli investitori per gli asset giapponesi in questo frangente storico”, ha concluso Pesole.
Nonostante le premesse per un recupero dello yen su euro e dollaro sembrino ancora una fase embrionale, l’azionario giapponese può comunque offrire alcune opportunità. “Il mercato giapponese, nonostante i rischi di cambio, offre comunque importanti opportunità di diversificazione, con valutazioni più economiche (12-month forward P/E a 12,2x), minori rischi geopolitici (anche se si deve considerare come un eventuale conflitto a Taiwan non sia valutato dai mercati) e presenti ma minori pressioni energetiche”, ha dichiarato Debach.
“A titolo di esempio, Toyota ha circa il 75% di fatturato estero ed è quindi un deciso beneficiario del deprezzamento dello yen. Nonostante ciò, da inizio anno il rendimento è in negativo del 4%. L’indice giapponese da inizio anno registra un -6,68%, minore rispetto al -18% europeo (SXXP) e al -20% americano (S&P 500)”, ha concluso Debach, “i settori che potrebbero beneficiare di un probabile rafforzamento dello yen sono i settori alimentari, delle comunicazioni, del trasporto nonché del farmaceutico, ovvero quei settori/titoli che godono di un basso beta forex e di minori vendite all’estero”.