La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con sentenza resa nella causa C-295/2021 del 20 ottobre 2022, ha rilevato la compatibilità con il diritto unionale della normativa interna belga che, in caso di fusione societaria per incorporazione, prevede dei limiti al trasferimento del riporto delle deduzioni dei dividendi alla società incorporante.
Il caso trae origine dalla fusione per incorporazione da parte di una società di due società di assicurazioni. Successivamente, venivano fuse sempre per incorporazione altre cinque società di assicurazioni.
Le incorporate, riunite tutte sotto il medesimo gruppo e con la medesima denominazione sociale, disponevano di eccedenze di redditi definitivamente tassati e riportabili negli esercizi successivi. In ragione di ciò, la società incorporante riportava integralmente tali eccedenze che, però, sono state oggetto di contestazione da parte dell’Amministrazione finanziaria belga.
Sul punto, l’art. 4, par. 1, direttiva 90/435/Cee, prevede che quando una società madre o la sua stabile organizzazione, in ragione del rapporto di partecipazione tra madre e figlia, riceve utili distribuiti in occasione diversa dalla liquidazione della società figlia, lo Stato della società madre e lo Stato della sua stabile organizzazione si astengono dal sottoporre tali utili a imposizione oppure li sottopongono a imposizione, autorizzando però la madre o la sua stabile organizzazione a dedurre dalla sua imposta la frazione dell’imposta societaria relativa agli utili e pagata dalla società figlia e da una sua sub affiliata, a condizione che a ciascun livello la società e la sua sub affiliata soddisfino i requisiti di cui agli articoli 2 e 3 della direttiva in parola ed entro, comunque, i limiti dell’ammontare dell’imposta corrispondente dovuta.
La direttiva 90/435/Cee lascia così esplicitamente la scelta agli Stati membri tra il regime di esenzione e il regime di imputazione. Nel caso sottoposto ai Giudici del Lussemburgo, lo Stato del Belgio ha optato per il regime di esenzione.
La Corte Ue ha chiarito che l’art. 4, par. 1, direttiva 90/435/Cee non prevede la possibilità di effettuare un riporto incondizionato delle eccedenze che costituiscono un reddito definitivamente tassato di una società incorporata alla società incorporante. Tale disposizione si limita a prescrivere agli Stati membri la scelta tra il regime di esenzione e il regime di imputazione al fine di evitare la doppia imposizione economica della distribuzione di dividendi da parte di una società figlia alla propria società madre, senza imporre agli Stati membri che abbiano scelto il regime di esenzione le modalità di attuazione di quest’ultimo.
Da ciò consegue che gli Stati membri sono liberi di determinare, tenuto conto delle necessità del loro ordinamento giuridico interno, le modalità per conseguire il risultato prescritto dall’art. 4, par. 1, direttiva 90/435/Cee.
Inoltre, sempre secondo i Giudici, né la direttiva in parola, né tantomeno alcun altro atto normativo dell’Unione Europea prevedono il diritto al riporto incondizionato di eccedenze dell’incorporata all’incorporante.
Tutto ciò premesso, la Corte di Giustizia ha ritenuto che la normativa unionale sopra richiamata deve essere interpretata nel senso che essa non osta alla normativa di uno Stato membro, ai sensi della quale i dividendi percepiti da una società sono ricompresi nella sua base imponibile prima di essere dedotti da quest’ultima fino a concorrenza del 95% del loro importo ed è consentito, se del caso, riportare tale deduzione a periodi di imposta successivi, ma tuttavia, in caso di incorporazione di tale società nell’ambito di una fusione, il trasferimento del riporto di tale deduzione all’incorporante è limitato in proporzione alla quota che l’attivo netto fiscale dell’incorporata rappresenta rispetto al totale dell’attivo netto fiscale della società incorporante e della società incorporata.