Fotografia come bene da collezione: a tu per tu con Francesca Malgara (direttrice artistica Mia Photo Fair)
Forse il più fresco fra i pleasure asset, anche se ormai volge al compimento dei 200 anni: è la fotografia, nata “ufficialmente” nel 1826 in Francia, quando Joseph Nicéphore Niépce (1765-1833) produsse una eliografia su lastra di stagno, la prima immagine fotografica stabile della storia (un suo precedente tentativo risale al 1816), nota come La cour du dolmaine du Gras, scattata a Saint-Loup-de-Varennes, in Borgogna. Un bene da collezione atipico, cui manca un elemento importante – se non fondante – della “collezionabilità”: l’unicità. Eppure, globalmente osservata, la fotografia ha assunto rilevanza patrimoniale da diversi decenni. È così anche nel nostro Paese, per tutte le fasce d’età? In che cosa la Penisola si distingue da tutti gli altri? Ne abbiamo parlato con Francesca Malgara (direttrice artistica di MIA Photo Fair) in un pomeriggio d’autunno.
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La fotografia in Italia è davvero considerata un asset?
«Non ancora, purtroppo. Nella mia lunga esperienza professionale – l’amore per la fotografia nasce in me quando avevo 15 anni – ho potuto constatare che rispetto a paesi come Stati Uniti, Regno Unito, Francia, l’Italia sta ancora un passo indietro. Il mercato è curioso, ma non pronto a spendere le stesse cifre destinate alle opere d’arte. Culturalmente, permane il problema delle edizioni, una foto non viene percepita come un’opera d’arte “unica” e come tale meritevole di esborsi importanti. Non è ancora “validata” da enti e musei, e a volte risulta difficile convincere i grandi collezionisti italiani».
Anche perché in Italia – paese di Michelangelo, Leonardo e Caravaggio – forse inconsciamente non pensavamo di avere bisogno della fotografia…
«Si, esatto. Però mi lasci dire che le cose stanno cambiando. Si osserva una tendenza decisamente in crescita per quanto riguarda l’interesse nella fotografia. Lo si vede dalla stessa Mia Photo Fair, che nel 2024 giungerà alla sua XIII edizione. Ma festival e fiere (magari meno longeve, ma che importa!) sono numerosi. C’è interesse, voglia di scoperta. La gente desidera comunicare attraverso la fotografia. Le dirò di più: mi raccontava un curatore, artista ed editore olandese che in Italia si vendono molti più libri di fotografia che in Olanda e in generale in Europa. Io stessa ne sono rimasta stupita: i libri per i fotografi sono la bibbia, il fotografo nasce dai libri di fotografia. Tante delle stampe vintage che oggi vengono vendute, in realtà provengono dal mondo dell’editoria. Negli anni ’60-’70 non esisteva ancora il mercato della fotografia: nessuno andava in galleria a comprare una foto. Un certo tipo di fotografo stampava per i libri, i giornali. Pensi a Ugo Mulas».
Si tratta di un segmento che in Italia riveste interesse collezionistico?
«Grandissimo interesse. Si tratta di fotografie molto rare, già quasi tutte accaparrate dai collezionisti. Sul retro di queste foto molto spesso vi sono i timbri degli archivi, dei giornali su cui erano state pubblicate la prima volta, dei passaggi di proprietà. Tutti elementi accrescitivi del loro valore».
Francesca Malgara, direttrice artistica di Mia Photo Fair, fotografata da Giovanni Gastel
Allora in fondo siamo degli intenditori…
«Sì».
Rapportando la fotografia all’intero mercato dell’arte, quanto pesa in termini di valore di scambio?
«Poco, meno del 2% circa. Ma il mercato è in crescita (strutturalmente: dal 2000 al 2015 l’indice dei prezzi per la fotografia è salito del 48%, ndr). I collezionisti si sono affinati, si stanno interessando per esempio alle edizioni più piccole. Sono diventati più colti anche grazie alle fiere di settore. La fotografia è più difficile da capire rispetto al dipinto: bisogna stare attenti alle firme, alle stampe, è più facile prendersi delle fregature. Ma dal mio punto di vista ho potuto constatare nell’ultimo decennio (e più) in fiera la base di spesa e l’esborso medio in fotografia sono aumentate, anche grazie alla relazione di fiducia instaurata con il gallerista».
Un pensiero su fotografia e non fungible token (nft)?
«Preferisco non esprimermi in merito, né in senso negativo che positivo. È un fenomeno che reputo di dover ancora esplorare».
Che trend ravvisa nella fotografia pura, cos’è che fa “impazzire” i collezionisti?
«Vedo una grande versatilità, trasversale alle età. Ci sono per esempio giovani 35enni appassionati di fotografia italiana degli anni 60. È la passione personale che muove il collezionismo, è soggettivo. Ed è il bello di essere anche art advisor: cercare di captare la tendenza e aiutare a svilupparla, scovando cose “giuste”, di qualità, nella vastità del mondo della fotografia. Piace molto il paesaggio contemporaneo, il tema della sostenibilità e quello dell’antropocene. Poi c’è la moda, lo still life. Il gusto dei collezionisti di fotografia è composito».
Chi colleziona fotografia in Italia?
«Non solo i giovani, che indubbiamente attraverso la fotografia riescono a divertirsi collezionando, senza spendere tanti soldi; vi sono anche persone più mature, di buona cultura, desiderose di espandere la propria collezione tramite la fotografia, magari con tematiche specifiche. I collezionisti over 70, in genere coloro con maggiori possibilità economiche, snobbano la fotografia o la reputano uno sfizio. Personalmente invece trovo che le collezioni più belle siano quelle miste, quelle in cui alla bellezza di un quadro, l’imponenza di una scultura, l’eleganza di un elemento di design si unisce lo stupore della fotografia».
Qualche dato di mercato consolidato sulla fotografia d’autore
Il Photographs Index (dati Art & Finance Deloitte) ha chiuso il 2022 con una variazione annua negativa (-10,1%). In parallelo, è diminuito anche il fatturato del comparto in conseguenza della riduzione del numero delle aste dal vivo o ibride che hanno superato il milione di euro, passando da 27,2 milioni di dollari nel 2021 a 19,3 milioni nel 2022. In positivo si rileva una riduzione nel tasso medio di invenduto (da 24,7% del 2021 a 23,7%105 nel 2022).