Come noto, gli strumenti di protezione del patrimonio sono vari e ognuno di essi ha le proprie peculiarità, la cui conoscenza deve essere padroneggiata dall’operatore del diritto ai fini di una scelta oculata dell’istituto più adatto alle esigenze che è chiamato a curare di volta in volta. Ne è un esempio lampante la contrapposizione tra fondo patrimoniale e trust: tali strumenti, pur condividendo la caratteristica di imprimere entrambi un vincolo di destinazione sui beni in essi segregati (così da far nascere un patrimonio separato dal soggetto cui appartengono, finalizzato all’attuazione del vincolo predetto), presentano molteplici differenze.
Innanzitutto, il fondo patrimoniale è un istituto regolato dall’ordinamento giuridico italiano, trovando la propria fonte negli articoli 167 e seguenti del codice civile. Il trust, invece, non è disciplinato organicamente da una legge interna specifica, ma grazie all’avvenuta ratifica della Convenzione dell’Aja del 1° luglio 1985 (in vigore in Italia dal 1992) sono riconosciuti nell’ordinamento giuridico nazionale i trust costituiti secondo le leggi proprie degli Stati che prevedono tale istituto.
Inoltre, quanto alle parti che possono creare i vincoli in esame, mentre il fondo patrimoniale può essere istituito soltanto da persone coniugate o unite civilmente (ovvero da un terzo), l’istituzione di un trust, invece, non prevede limitazioni da un punto di vista soggettivo.
Diversa è anche la causa sottesa ai due strumenti: se, infatti, l’interesse che deve perseguire il fondo patrimoniale è stabilito dalla legge stessa e si sostanzia necessariamente nell’assolvimento dei bisogni della famiglia, gli interessi che si possono perseguire con il trust sono quelli indicati dal disponente nell’atto istitutivo e, conseguentemente, possono essere variegati (purché non illeciti o contrari a norme imperative).
Un’ulteriore differenza si coglie nei beni che possono formare oggetto degli strumenti in parola, poiché possono essere vincolati in un fondo patrimoniale soltanto beni immobili, beni mobili iscritti in pubblici registri o titoli di credito, mentre limitazioni in tal senso non sono imposte con riferimento ai trust.
Per quanto riguarda poi l’amministrazione dei beni vincolati, a fronte delle regole rigide stabilite per il fondo patrimoniale (sostanzialmente coincidenti con quelle dettate in materia di comunione legale, in base alle quali gli atti di ordinaria amministrazione possono essere compiuti da ciascun coniuge, laddove gli atti di straordinaria amministrazione necessitano del consenso di entrambi i coniugi), il trustee invece gestisce il patrimonio in trust nell’interesse dei beneficiari o per il raggiungimento dello scopo stabiliti dal disponente, nel quadro delle disposizioni contenute nell’atto istitutivo.
Anche in tema di durata del vincolo di destinazione impresso dai due strumenti si registra una netta differenza: il fondo patrimoniale si scioglie ex lege a seguito dell’annullamento o dello scioglimento o della cessazione degli effetti civili del matrimonio (o dell’unione civile) o, se vi sono figli minori, al compimento della maggiore età dell’ultimo figlio; il trust cessa al termine stabilito dal disponente nel relativo atto istitutivo.
Infine, per quanto riguarda l’aggredibilità dei beni segregati, mentre i beni vincolati nel fondo patrimoniale possono essere escussi soltanto dal creditore il cui diritto sia sorto in relazione ad un debito contratto da uno o da entrambi i coniugi per il soddisfacimento dei bisogni della famiglia (restando invece impermeabili rispetto ai debiti sorti per bisogni estranei a quelli familiari), il fondo in trust può essere aggredito dai terzi che vantino un credito inerente alla gestione del trust stesso ma non dai creditori personali del trustee.