Il Paese è fra i più attivi nel trading di criptovalute: il won è la terza moneta più utilizzata negli scambi di Bitcoin, dopo dollaro ed euro
Entro il 24 settembre gli exchange dovranno dimostrare di aver aperto un conto bancario ove depositi e prelievi possono essere verificati utilizzando nomi reali. Questo consentirà all’autorità di vigilanza di effettuare una più efficace supervisione anti-riciclaggio
La Commissione per i servizi finanziari della
Corea del Sud ha imposto ai circa sessanta exchange di criptovalute attivi nel Paese una serie di nuovi vincoli che potrebbero più che dimezzare il numero di queste piattaforme. Entro il 24 settembre, infatti, gli exchange dovranno rispettare gli stessi requisiti legali delle piattaforme di trading online – una mossa giustificata dalle necessità di supervisione, volte a riconoscere eventuali fenomeni di riciclaggio.
La Corea del Sud è uno dei Paesi più attivi nel trading di criptovalute: secondo i dati Coinhill, il won, dopo dollaro ed euro, è la valuta più coinvolta nel trading di Bitcoin. Ma nel Paese sono sorte decine di token alternativi che in seguito alla stretta regolatoria potrebbero finire nel nulla, provocando ingenti perdite per chi li aveva comprati. In Corea il 90% degli scambi crypto riguarderebbe monete digitali diverse dal Bitcoin.
Nello specifico, la Commissione ha richiesto agli exchange di acquisire un sistema di gestione della sicurezza delle informazioni, per la verifica della sicurezza; di assicurarsi che non ci siano violazioni legali o regolamentari da parte dei dirigenti della società. Ma, soprattutto, ha chiesto agli exchange di aprire un conto bancario ove depositi e prelievi possono essere verificati utilizzando nomi reali.
Secondo fonti interne del settore, raggiunte dal
Financial Times,
sarebbero 40 gli exchange coreani prossimi alla chiusura a causa di questi nuovi requisiti. La Commissione coreana ha suggerito agli exchange che prevedono di cessare le proprie attività di dare una comunicazione anticipata agli utenti, entro il 17 settembre. Per i possessori delle piccole alt-coin coreane, quotate solo su exchange miniori si prefigura una “corsa agli sportelli” virtuale, al termine della quale molti “si ritroveranno improvvisamente poveri”, ha dichiarato al
Ft, il capo dell’exchange Foblgate, Lee Chul-yi, “mi chiedo se le autorità di regolamentazione sapranno gestire gli effetti collaterali”.
Il caso coreano potrebbe indicare la strada che potrebbe essere seguita dalle autorità anche in altre parti del mondo, qualora il fenomeno del trading in criptovalute prendesse ulteriormente piede fra i risparmiatori. Di fatto, l’esigenza di rendere materialmente possibili gli opportuni controlli anti-riciclaggio finirebbe con il portare fuori dal mercato varie piattaforme e una pluralità di token altamente speculativi.
A fine agosto la Financial Conduct Autorithy britannica ha dichiarato di non essere in grado di supervisionare Binance, il più grande exchange al mondo, aggiungendo che “questo è di particolare preoccupazione” in quanto “offre prodotti finanziari complessi e ad alto rischio, che rappresentano un rischio significativo per i consumatori”. Nonostante una precedente restrizione temporanea della Fca sulla stessa Binance, ancora poco è stato fatto per intaccare il trading di criptovalute nel Regno Unito. La tendenza verso un maggiore controllo delle autorità, però, sembra ormai tracciata.
Il Paese è fra i più attivi nel trading di criptovalute: il won è la terza moneta più utilizzata negli scambi di Bitcoin, dopo dollaro ed euroEntro il 24 settembre gli exchange dovranno dimostrare di aver aperto un conto bancario ove depositi e prelievi possono essere verificati utilizzando nomi rea…