Il nome rimane di quelli tecnici, tipici di Bruxelles, Framework for Financial Data Access (FiDA): la sostanza, però, potrebbe essere tradotta nella “versione evoluta” della condivisione dei dati bancari introdotta in Europa nel 2018. A poter essere condivisi e potenzialmente assommati sarebbero qui i dati finanziari e assicurativi.
La proposta legislativa avanzata dalla Commissione Europea è datata giugno 2023, ma è stata criticata in via ufficiale da un comunicato congiunto firmato dalle maggiori federazioni europee delle banche, dei gestori patrimoniali e delle assicurazioni. Lunedì 10 febbraio, l’indiscrezione: secondo un documento visionato da Politico, la Commissione Europea si prepara, entro sei mesi, a ritirare la sua proposta sulla FiDA in quanto “non allineata con gli obiettivi attuali della Commissione”, si legge nel virgolettato.
L’11 febbraio la Commissione ha pubblicato il suo Programma di lavoro per il 2025, in cui FiDA compare ancora nel calendario delle Pending proposals (proposte in corso). La domanda è se FiDA ci resterà ancora a lungo. Qualora la Commissione decidesse di ritirarla, l’iter legislativo—arrivato alle commissioni parlamentari e al Consiglio dell’Ue — si interromperebbe, facendo abortire il progetto.
Per il momento, le posizioni ufficiali delle lobby finanziarie europee sembrano fortemente critiche su due aspetti. Primo, i costi di adeguamento, che “non sono stati adeguatamente valutati, né è stata dimostrata la domanda di mercato e dei clienti per la condivisione dei dati”, si legge nel comunicato delle associazioni finanziarie dello scorso dicembre. Secondo, i dubbi sulla protezione dei dati: i fornitori di servizi di informazione finanziaria, le fintech che “riceveranno grandi quantità di dati sensibili dei clienti”, come quelli collegati alle polizze, impongono di “considerare attentamente le implicazioni per la sicurezza e la privacy dei dati e questo richiede, come minimo, una regolamentazione e una supervisione”.
Dietro all’ostilità dell’industria, però, potrebbero esserci anche altre ragioni. La condivisione di dati finanziari potrebbe mettere in mano ai competitor informazioni strategiche e, in mano ai consumatori, elementi di comparazione in grado di spostare capitali verso realtà meno costose — contribuendo a una compressione generale dei margini di profitto sui prodotti finanziari e assicurativi.
“FiDA ha un potenziale significativo per rafforzare il controllo dei consumatori attraverso una migliore gestione patrimoniale, una maggiore trasparenza finanziaria e un confronto più efficace tra i prodotti, favorendo la concorrenza (ad esempio, affrontando il price walking nelle assicurazioni)”, ha dichiarato a We Wealth Martin Molko, Research & Policy presso Better Finance – European Federation of Investors and Financial Services Users. “Tuttavia, il quadro attuale rischia di rafforzare le pratiche guidate dall’industria, come prodotti ‘su misura’ pensati più per il profitto che per l’adeguatezza effettiva alle esigenze degli investitori retail”.
Mentre sul capitolo dei costi, per Better Finance gli interrogativi dell’industria finanziaria “sembrano esagerati”, quello relativo alla privacy merita attenzione: “Sebbene aree sensibili come le assicurazioni sulla vita/sanità e l’affidabilità creditizia siano escluse, i dati derivati inclusi nell’ambito di applicazione potrebbero comunque consentire l’erogazione indiretta di questi prodotti”.
Per l’Associazione Italiana del Private Banking (Aipb) una delle tematiche che dovrebbero essere rafforzate nella FiDA riguarda la minaccia del reverse engineering, “la possibilità che i dati condivisi vengano utilizzati per studiare e replicare i modelli di business dei concorrenti”, ha dichiarato il 28 gennaio la segretaria generale Antonella Massari. In gioco c’è la protezione dei segreti industriali: “La proposta del Consiglio Ue”, che ha modificato il testo della proposta lo scorso dicembre, “introduce un divieto esplicito in tal senso e tale divieto, secondo Aipb, deve diventare ancora più vincolante introducendo una lista chiara e dettagliata degli utilizzi vietati”.
Un ulteriore fattore da considerare è il ruolo del Consiglio dell’Ue nel ridimensionamento della normativa. Better Finance ha sottolineato come alcuni Stati membri abbiano spinto per alleggerire gli obblighi imposti da FiDA, contribuendo a indebolire il framework.
Per il momento, il documento citato da Politico, che anticipa la fine della FiDA, non ha trovato un riscontro ufficiale in agenda, ma, da quanto trapelato, la prima ragione del ritiro sarebbe la volontà di non aggravare gli attori finanziari di ulteriori complessità normative.
“Ci auguriamo sinceramente che FiDA non venga abbandonata, ma piuttosto rielaborata per riflettere meglio il rafforzamento del potere e del controllo dei consumatori, oltre a favorire una vera concorrenza, che attualmente manca in modo significativo, soprattutto nel settore assicurativo”, ha dichiarato Molko. FiDA, finora, “ha chiaramente rivelato un approccio guidato dall’industria”, ha aggiunto.
Il compromesso sulla condivisione dei dati finanziari, per ora, non sembra convincere appieno né la finanza né i consumatori: la prima sostiene che i costi siano ingiustificati rispetto alla richiesta dei servizi aggiuntivi, mentre i secondi temono di non avere strumenti comparativi sufficienti a rendere la normativa veramente efficace nel premiare gli attori più efficienti sul mercato.