Secondo Claudio Devecchi, solo il 35% delle aziende familiari è già impegnato in una transizione generazionale.
I rischi di un passaggio di testimone improvvisato e le fasi da seguire per evitare conflitti tra i membri della famiglia.
E il passaggio generazionale nelle imprese familiari è uno dei temi su cui ha concentrato le ricerche di cui condivide oggi con We Wealth le principali evidenze, visto che il tema è sempre più attuale non solo per l’aumentare dell’età della classe imprenditoriale italiana, ma anche per la maggiore capacità di risposta aziendale richiesta dalla pandemia in corso.
Il tema della transizione nel family business viene quindi introdotto in questo articolo, illustrando le fasi di un passaggio generazionale di successo. L’intervista sarà seguita da successivi approfondimenti.
La mappa dei family business
Le imprese familiari rappresentano circa i due terzi delle società nel mondo (fonte Deloitte, 2019). In Italia non esiste un data base ufficiale sul family business ma una stima attendibile, incrociando dati ISTAT e altri centri di ricerca compreso CERIF, è di circa 3,5 milioni di imprese che vanno dalla Pensione Clelia di Misano Marittima alla FCA di Torino.
Cercando di evitare le trappole delle generalizzazioni è possibile tratteggiare degli aspetti comuni delle imprese familiari? Quali invece le criticità del modello familiare?
Le imprese familiari di successo sono caratterizzate da valori importanti come l’attenzione al territorio in cui operano, ai dipendenti, all’unione familiare, sono resilienti alle crisi in quanto pensano e operano nel medio-lungo termine, disposte ad investire attingendo anche dalle finanze di famiglia per fronteggiare le fasi di recessione di mercato. Sul fronte opposto le ricerche di circa 15 anni hanno messo in risalto una cultura manageriale medio-bassa e modelli di governance delle imprese ancora troppo famiglia-centrici, con pochi inserimenti manageriali esterni alla famiglia e modelli di formazione degli eredi non sempre adeguati al ruolo che dovranno assumere nelle società di famiglia.
L’impatto della pandemia
Seguendo un ordine temporale a partire da quando la Cina ha comunicato la diffusione di un “cluster” di polmoniti atipiche di origine virale, dal suo osservatorio privilegiato sul family business CERIF ha riscontrato: adozione per titolari e dipendenti di numerose e pervasive difese sanitarie, disorientamento su come si sta modificando il mercato, fortissima crisi di liquidità per le chiusure imposte alle diverse attività, capacità di inventare nuovi prodotti/servizi, aiuti non solo finanziari ai molti dipendenti bisognosi di sostegno, rinnovo della formula imprenditoriale alla luce dei nuovi scenari, cambiamento degli assetti organizzativi aziendali con l’obiettivo di agilità, velocità di risposta e flessibilità crescenti.
I nodi del passaggio generazionale
La stima di CERIF, che può contare su un database di circa 2.500 family business che a vario titolo hanno collaborato con l’Associazione in questi anni, è che solamente il 35% stia gestendo una transizione generazionale che non si presenta semplice e breve. Solo il 34% ha fatto testamento o ha scritto le sue ultime volontà; solo il 19% ha steso piani di emergenza o procedure di contingenza; e, per chiudere “in bellezza”, solo il 30% ha un piano formale di successione!
Il passaggio generazionale nelle imprese familiari è un processo diviso per fasi: quali sono quelle che meritano di essere evidenziate? Quali le criticità?
È bene sempre ricordare che, come sostiene CERIF da anni, il passaggio generazionale è un processo e non un evento. Detto ciò, le diverse fasi sono descritte nel grafico 1 (qui sotto) e sono state evidenziati in rosso gli aspetti più rilevanti. Il passaggio generazionale e le sue fasi sono il frutto di tre anni di ricerca (2017-’18-19) realizzato da CERIF nel programma “Di Padre in Figlio – Gusto di fare impresa”, e costantemente aggiornato ogni anno grazie al corso universitario dedicato alle imprese di famiglia, dove si analizzano circa 45-55 aziende familiari per ogni anno accademico. Le criticità che possono essere sottolineate sono diverse. La prima è l’assenza di metodo nella gestione della situazione, se vogliamo usare un’espressione inglese possiamo dire che in molti casi il modello è quello del learning by doing. Un altro elemento critico è l’assenza di un percorso formativo adeguato dell’erede e soprattutto di un’esperienza lavorativa al di fuori dell’azienda di famiglia. Infine talvolta viene sottovalutato il problema della credibilità di chi succede nella guida dell’azienda che, molto spesso, assume la gestione senza essere stato adeguatamente affiancato e senza che questa successione venga correttamente comunicata ai diversi stakeholder: dipendenti, fornitori, clienti e banche.