Sassoli non è stato molto chiaro su cosa intendesse per debito, però presumo si riferisse ai prestiti erogati dall’Unione Europea e a quelli erogati dalla Bce tramite l’acquisto di titoli si stato. Per quanto riguarda i primi, c’è stata una lunga discussione su quanta parte del Recovery Fund dovesse essere immessa nell’economia sotto forma di prestiti e quanta come sovvenzione a fondo perduto. Dopo tutta la discussione in seno all’Unione Europea mi meraviglierei se adesso i paesi frugali acconsentissero a una erogazione totalmente a fondo perduto di questi 750 miliardi. Per quanto riguarda l’acquisto dei titoli di stato da parte della Bce si tratta di un prestito che non costa niente all’Italia. Se la Bce, tramite Banca d’Italia, continua a rinnovare i titoli quando arrivano a scadenza, è come se questo debito non esistesse e venisse rilegato a posta meramente contabile. Inoltre la Bce avrebbe uno strumento in più rispetto alla riserva obbligatoria, il cui ricorso presenterebbe degli svantaggi, per riassorbire la liquidità in eccesso qualora ce ne fosse bisogno. Cancellare il debito verso la banca centrale in questo senso la priverebbe di svolgere proprio quel ruolo di stabilizzatore dei prezzi che è alla base del suo statuto.
Rispetto all’ortodossia di bilancio della crisi finanziaria del 2008 la risposta dell’Europa è molto diversa. Si sta proseguendo per la giusta via?
Non so se è cambiata l’ideologia ma sicuramente sono cambiate le circostanze. Attualmente stiamo assistendo a una profonda crisi che tocca tutti i paesi ma non dipende dalle politiche di nessuno di questi. In questa situazione diventa più facile per l’Europa mostrare quella solidarietà che non era stata presente in passato, ma che forse non era neanche giustificata alla luce di crisi indotte anche per colpa di errori commessi dai singoli paesi. Ad ogni modo a situazioni diverse si risponde in modo diverso. L’unica soluzione possibile al momento è quella di erogare molta liquidità nel sistema, facendo deficit pubblico finanziato stampando moneta. Senza questa disponibilità di risorse, il cui ricorso sarebbe potuto essere stato evitato con un debito più basso, l’Italia sarebbe affondata. Tuttavia bisogna fare in modo che questo sostegno sia temporaneo e non diventi strutturale.
Secondo uno studio di S&P Global nell’eurozona il moltiplicatore fiscale a quattro anni potrebbe essere compreso tra 1,6 e 2. Alla luce di questi dati il sostegno all’economia dovrebbe essere aumentato?
Il sostegno sta aumentando, anche in virtù di questo. Gli investimenti pubblici sono in questo momento le forme di deficit pubblico che hanno il maggiore moltiplicatore, come ha anche affermato chiaramente il fondo monetario internazionale nell’ultimo fiscal monitor, anche se con numeri più bassi. In termini relativi gli investimenti pubblici sono la forma di spesa pubblica con più forte impatto sulla domanda, in quanto è lo Stato che investe direttamente e non c’è la possibilità che quei soldi vengano risparmiati.
In Italia il rapporto debito è passato dal 135% al 160% del pil. Sono livelli sostenibili? Quanto è importante per l’Italia contare sugli aiuti europei?
Nell’immediato il debito è sicuramente sostenibile, per via dell’abbondante liquidità. Nel medio periodo tutto l’aumento del debito quest’anno è nei confronti della banca centrale europea e in piccola misura dell’Unione Europea. Se la bce non avesse un giorno la necessità di riassorbire è come se quel debito non esistesse. Detto questo abbiamo un debito molto alto e dobbiamo cercare di ridurlo. Non possiamo sempre contare sull’aiuto degli altri paesi e delle istituzioni europee. È necessario una fase di riforme strutturali che portano alla crescita. Se il paese cresce, il debito si può ridurre facilmente rispetto alle dimensioni dell’economia. Se non ci fossero stati i sostegni della Bce e adesso dell’Ue che ha fatto scendere ulteriormente i tassi d’interesse, avremmo non soltanto una crisi sanitaria, non soltanto una crisi di caduta del pil per le chiusure ma anche una crisi finanziaria che avrebbe portato il paese sull’orlo della bancarotta.