- Secondo una recente analisi condotta da Karma Metrix, l’acronimo “Esg” è salito lo scorso anno a 22.200 ricerche mensili, un dato in crescita del 22% rispetto al 2023
- Racchiude una serie di elementi utilizzati per misurare la sostenibilità di un investimento nell’ottica di un esame complessivo, che va oltre il mero rendimento economico
Esg. Un acronimo che risuona nei corridoi finanziari da anni ma che, sempre più spesso, viene utilizzato anche da non addetti ai lavori. Secondo una recente analisi condotta da Karma Metrix, il termine “Esg” è salito lo scorso anno a 22.200 ricerche mensili, un dato in crescita del 22% rispetto al 2023. E tra le domande più diffuse vi è quella sul suo significato. Insomma, molti ne parlano ma non tutti sanno di cosa si tratta. Facciamo chiarezza.
Esg: il significato dell’acronimo
L’acronimo Esg corrisponde letteralmente a tre criteri: Environmental (ambientale), social (sociale) e governance (governo societario). Racchiude una serie di elementi di valutazione utilizzati nel settore finanziario per misurare la sostenibilità di un investimento nell’ottica di un esame complessivo, che vada oltre il mero rendimento economico:
- la lettera “E” corrisponde infatti ai criteri ambientali, che consentono di valutare l’impatto di un’azienda sull’ambiente, ponendo sotto la lente fattori come l’utilizzo delle risorse naturali, l’adattamento ai cambiamenti climatici o la gestione dei rifiuti;
- la lettera “S” si riferisce invece ai criteri sociali, ovvero alle relazioni che l’azienda intesse con lavoratori, fornitori, clienti e comunità civile. In questo filone rientrano aspetti come i diritti umani, la tutela e l’inclusione delle diversità (non solo di genere) e le condizioni lavorative;
- la lettera “G” corrisponde ai criteri di buona governance dell’impresa, nell’ambito per esempio delle politiche retributive, delle strategie in ambito fiscale o della struttura del consiglio di amministrazione.
Esg: la storia dei criteri di sostenibilità
La storia dell’Esg innesta le sue radici negli anni ’50. Alcuni osservatori fissano l’origine dei criteri di sostenibilità al 1953 e all’uscita del libro Social responsibilities of the businessman di Howard Bowen, definito come “la prima discussione completa sull’etica aziendale e la responsabilità sociale”, andando oltre i risultati puramente economici e di bilancio. La nascita dell’acronimo vero e proprio viene invece tuttavia fatta risalire al 2004 e più precisamente a un’iniziativa lanciata dall’allora segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan. Annan riunì infatti oltre 50 amministratori delegati dei colossi della finanza a livello mondiale per elaborare delle linee guida e delle raccomandazioni finalizzate a integrare la sostenibilità nelle decisioni di investimento. Il risultato fu il report “Who cares wins”, in cui si lesse per la prima volta il termine Esg.
Fino ad atterrare a due momenti fondamentali della storia della sostenibilità: l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile nel 2015 e gli Accordi di Parigi sui cambiamenti climatici, nello stesso anno. La prima è stata sottoscritta il 25 settembre 2015 dai governi dei 193 paesi membri delle Nazioni Unite e si concretizza nei 17 Obiettivi per lo sviluppo sostenibile (o Sdgs) inseriti in un programma d’azione da 169 target o traguardi a essi relativi. L’Accordo di Parigi è invece un trattato internazionale che punta a contenere l’aumento della temperatura media globale ben al di sotto della soglia di 2°C oltre i livelli pre-industriali e di limitare tale incremento a 1,5°C. Entrato in vigore il 4 novembre 2016, vincola giuridicamente i suoi firmatari.
Rating Esg: cosa significa e chi lo rilascia
Quando si tratta di decisioni di investimento, considerare i criteri Esg significa indirizzare i propri risparmi verso aziende e progetti che rispettano questi fattori, per esempio impegnandosi a rendere i propri processi produttivi meno energivori oppure favorendo un equilibrio di genere negli organi di amministrazione e di controllo (al di là degli eventuali obblighi di legge). Per orientarsi in questo scenario, esistono le cosiddette “agenzie di rating” che elaborano i “rating Esg” o “rating di sostenibilità”, vale a dire dei giudizi sintetici che certificano la solidità dell’emittente di un titolo o di un fondo dal punto di vista ambientale, sociale e di governance.
Qual è la differenza tra Esg e Sri
Occorre ricordare che l’acronimo Esg non va confuso con l’acronimo Sri (Sustainable and responsible investment, in italiano investimento sostenibile e responsabile), non essendo di fatto sinonimi. Il termine Esg indica appunto i criteri ambientali, sociali e di buona gestione stabiliti dalle agenzie di rating per misurare la responsabilità di un’azienda sul fronte della sostenibilità. Al contrario, con Sri si indica un approccio di investimento che evita determinati settori (come alcol, tabacco o carbone, per esempio) e si focalizza su investimenti con un impatto sociale positivo.