In particolare, il giudice adito prende le mosse dalla constatazione che il ‘considerando’ 27 del Regolamento Ue 2016/679 (relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, cosidetto Gdpr) non si applica ai dati personali dei defunti, demandandone la relativa disciplina ai singoli Stati membri.
A livello nazionale, dunque, la disposizione di riferimento è l’art. 2 terdecies del codice in materia di protezione dei dati personali, rubricata “Diritti riguardanti le persone decedute”.
La norma stabilisce innanzitutto la legittimazione attiva all’esercizio dei diritti afferenti all’accesso, rettifica, cancellazione, limitazione di trattamento, portabilità e opposizione concernenti i dati personali del defunto in capo a chi ha un interesse proprio, o agisce a tutela della persona deceduta, in qualità di suo mandatario, o per ragioni familiari meritevoli di protezione.
L’unico limite alla possibilità di esercizio post mortem dei diritti dell’interessato (oltre a quelli eventualmente previsti dalla legge) è posto con esclusivo riferimento ai dati trattati nell’ambito dei servizi a offerta diretta della società dell’informazione, in relazione ai quali l’interessato abbia manifestato una volontà contraria – purché inequivoca, specifica, libera e informata – attraverso una dichiarazione scritta (sempre revocabile o modificabile) comunicata al titolare del trattamento.
Nel caso di specie, a parere del giudice adito e quanto al fumus boni iuris, i genitori risultavano legittimati a esercitare il diritto di accesso ai dati personali del ragazzo defunto ai sensi dell’art. 2 terdecies sopra citato, in quanto:
- soggetti agenti per evidenti “ragioni familiari meritevoli di protezione”, consistenti, in particolare, nel recupero di fotografie e video custoditi nell’account del figlio deceduto per colmare il dolore scaturente dalla perdita prematura del proprio caro e nella realizzazione di un progetto dedicato alla sua memoria attraverso la pubblicazione della raccolta di ricette dallo stesso sperimentate e conservate nel suo iCloud;
- in mancanza di dichiarazione scritta del defunto recante il divieto di esercizio post mortem dei diritti connessi ai suoi dati personali.
Quanto al cosiddetto periculum in mora, invece, il rischio di pregiudizio grave e irreparabile all’esercizio dei diritti come sopra spettanti ai genitori del ragazzo deceduto, con riferimento ai dati personali di quest’ultimo, era stato comprovato dalla conferma – da parte del gestore – che i contenuti dell’account interessato sarebbero stati distrutti in automatico dopo un certo periodo di inattività.
La pronuncia in esame – oltre a rappresentare un primo importante tassello in materia di eredità digitale – consente di porre l’accento su taluni profili problematici relativi al trasferimento mortis causa dei beni digitali.
La prima questione è data, evidentemente, dalla contrapposizione tra la transnazionalità tipica delle piattaforme web (e delle condizioni generali dei contratti di utilizzo delle stesse, che spesso – peraltro – limitano o impediscono la trasmissione mortis causa dell’account e del suo contenuto) e la territorialità dell’ordinamento giuridico a cui appartiene l’utilizzatore del servizio, con conseguente indeterminatezza delle risultanze successorie in punto di beni digitali.
La seconda criticità è connessa all’eterogeneità della categoria degli stessi “beni digitali” e alla frequente difficoltà di distinzione circa la loro natura, data la probabile convivenza di contenuti patrimoniali e affettivi, che possono sovrapporsi e confondersi con i “dati personali” (tecnicamente intesi, ai sensi della normativa privacy) e con informazioni diverse: ne deriva una profonda incertezza sulla disciplina giuridica di volta in volta applicabile (come, a titolo esemplificativo, quella dell’attribuzione di diritti patrimoniali o della regolamentazione dei rapporti afferenti alla sfera della personalità, quella della successione mortis causa comunemente intesa, azionabile da eredi e legatari, ovvero quella relativa al trattamento dei dati personali, esperibile dai soggetti a cui è riconosciuto l’esercizio post mortem dei diritti dell’interessato ai sensi dell’art. 2 terdecies del codice privacy come sopra illustrato, e così via).