La preparazione specifica in campo economico-finanziario non è diffusa fra i docenti italiani, ha notato la Banca d’Italia
Feduf, Aief e Anasf sono solo alcune delle realtà che finora hanno offerto, servizi di educazione finanziaria nelle scuole: potrebbero essere coinvolte nella formazione dei docenti
Per inserire l’educazione finanziaria nelle scuole il governo ha previsto una soluzione abbastanza semplice, almeno a parole: modificare i programmi dell’educazione civica in modo da includere al loro interno elementi di finanza personale. E’ quanto prevede l’articolo 21 del ddl Capitali proposto dall’esecutivo lo scorso aprile e attualmente in fase di esame parlamentare.
Un gran numero di ricerche ha dimostrato quanto gli italiani siano in forte ritardo nelle competenze economiche; di conseguenza, la proposta di inserire nozioni finanziarie nelle scuole non poteva che raccogliere, da ogni parte, un plauso spontaneo. I dubbi, però, iniziano a sorgere nel momento immediatamente successivo: non appena ci si interroga sul come, con quale budget e con quali docenti l’educazione finanziaria verrà insegnata nelle scuole di tutta Italia. “Le perplessità principali sono due”, ha dichiarato a We Wealth Cristina Costarelli, presidente dell’Associazione nazionale dirigenti e alte professionalità della scuola nel Lazio: “innanzitutto, quali docenti insegneranno l’educazione finanziaria”. Si tratta di una materia che, secondo Costarelli, richiede quanto meno “competenze di massima” e “un insegnante di latino o greco, ma anche di matematica, ad esempio, non si può reinventare come educatore finanziario dall’oggi al domani”.
La seconda obiezione riguarda la gestione complessiva dei tempi a disposizione dei docenti. “Inserire nuovi insegnamenti nella stessa base di ore”, ha dichiarato Costarelli, “solleva delle perplessità”. Nell’educazione civica, infatti, rientrano svariati insegnamenti come, ad esempio, l’educazione ambientale, la cittadinanza digitale, stradale e alimentare. Estendere i programmi a parità di ore inevitabilmente comporta una compressione dell’approfondimento su ciascun tema – sempre che si riesca ad affrontarli tutti.
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Le istituzioni sembrano consapevoli che il corpo docente italiano non è in possesso, per la maggior parte, di un retroterra economico ideale per insegnare l’educazione finanziaria. Lo scorso 27 giugno la Banca d’Italia ha dichiarato, in commissione Finanze del Senato, che “sarà necessario potenziare la preparazione degli insegnanti nelle materie economiche e finanziarie”, in quanto “l’introduzione di contenuti economici negli insegnamenti curriculari è ostacolata non solo da vincoli culturali, ma anche dalla scarsa numerosità di docenti con una formazione di base in economia”. Un gap confermato, all’interno del sistema-scuola, anche dalla stessa Costarelli. Per superare il problema della formazione dei docenti, tuttavia, il disegno di legge non prevede un aumento delle risorse. L’educazione finanziaria nelle scuole, si legge nel dettato, verrebbe introdotta “nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente ”: non un euro, o un docente in più, rispetto al budget già in vigore.
Fratelli d’Italia ha rivendicato che aumentare le risorse sulla formazione dei docenti non sarà necessario. Il budget di 4 milioni di euro per la preparazione degli insegnanti all’educazione civica “si ritengono sufficienti a garantire le ulteriori attività formative in materia di educazione finanziaria”, ha dichiarato l’8 giugno in commissione Finanze il co-relatore del ddl, Matteo Gelmetti (FdI), “in quanto la mera variazione di un obiettivo formativo non muta né la platea dei destinatari, né il numero delle ore di formazione, né i contingenti di personale docente”. Una posizione che, però, non ha convinto parte dell’opposizione. Lo scorso 5 giugno il pentastellato Luca Pirondini ha lamentato, in un intervento in commissione, la mancanza di “criteri univoci per l’individuazione delle discipline che devono essere impartite” nell’ambito dell’educazione finanziaria, nonché la mancanza di provvedimenti che possano “assicurare un’adeguata formazione ai docenti”, sostenendo che il ddl “non stanzia idonee risorse”.
Ciò che il disegno di legge prevede in modo piuttosto chiaro è che l’educazione finanziaria dovrà essere intesa in senso pratico, in quanto dovrà avere “particolare riguardo alla finanza personale, al risparmio e all’investimento”. L’impressione di Costarelli, ma anche quella del presidente dell’Associazione nazionale dei consulenti finanziari, Luigi Conte, è che sarà difficile offrire questa dimensione pratica dell’educazione finanziaria, tenuto conto che i docenti italiani dotati di un background di studio economico-finanziario sono troppo pochi. “Fare educazione finanziaria non significa partire da cos’è l’euro, ma far capire come si pianifica il patrimonio di una famiglia”, ha dichiarato Conte in un incontro con la stampa del 12 luglio. Il rischio, però, è che una semplificazione della materia, o una sua possibile declinazione storico-culturale possano diventare le uniche ancore di salvezza per i docenti poco esperti della materia. “Sicuramente questa sarà la scappatoia più utilizzata per poter dare una risposta alla richiesta” di inserire l’educazione finanziaria nei programmi, ha detto Costarelli notando come questo sistema sia già utilizzato nell’educazione civica, “che viene insegnata da ogni docente per la propria quota, ricanalizzandola sulla sua disciplina”.
I formatori finanziari ci sono, non il budget per coinvolgerli nelle scuole
Ricorrere a formatori finanziari specializzati sembrerebbe la soluzione più logica, ma non è quanto prevede il ddl Capitali, visto che le “risorse umane” dovranno rimanere invariate. Le figure preparate per insegnare educazione finanziaria, però, ci sarebbero. Uno dei “serbatoi” potenzialmente a disposizione, quanto meno per fornire un servizio di affiancamento ai docenti è costituito dagli oltre 1.500 educatori finanziari registrati nell’albo dell’Aief, un’associazione dedicata a questo insegnamento. “Siamo prontissimi a entrare nelle scuole e a formare i docenti interessati a insegnare la materia”, ha affermato la presidente di Aief, Angela Miola, ammettendo che, tuttavia, fra gli iscritti dell’associazione “gli insegnanti sono ancora molto pochi”.
Questo articolo è tratto dal numero di settembre della rivista We Wealth