La volatilità, l’inflazione e i tassi in crescita, hanno
reso l’incertezza un elemento costante nel corso del 2022. E hanno spazzato via
il mondo a tassi zero, senza inflazione e in crescita costante cui ci eravamo
abituati. Come si affrontano le Borse in queste circostanze? Lo abbiamo chiesto
a Teun Draaisma, lead portfolio manager di Man Solutions. “Ci piacerebbe essere
avidi ora che molti hanno paura – esordisce Draaisma – Ma riteniamo che il
momento di aumentare le allocazioni azionarie non sia ancora arrivato.
Recessione o no, i declassamenti degli utili sembrano inevitabili e
potenzialmente importanti. Finora, le azioni sono crollate a causa di multipli
(metriche finanziarie) più bassi, non di utili inferiori. Calcoliamo che il Pe
(price-to-earnings, il rapporto tra il prezzo di mercato dell’azione di una
società e gli utili per azione ndr) a un anno per il mercato azionario
statunitense (indice S&P500) sia sceso da 21x a 17,5x, un livello che rende
il mercato più interessante. Le aspettative rimangono elevate, con gli Eps
(earnings-per-share, cioè utile per azione ndr) visti dal consenso in aumento
del 9%, 10% e 9% nel 2022, 2023 e 2024 per l’Msci Usa, che corrispondono a un
incremento del Roe (return-on-equity, indice che misura il rendimento del
capitale investito nell’azienda dagli azionisti ndr) del 20%, record dal 1970”.
Rischio downgrade degli utili e prezzi azionari alle stelle
Insomma, anche se l’inflazione ha in qualche modo bilanciato l’aumento dei tassi in termini di effetto sui multipli, ora il grande rischio “è l’ampiezza dei downgrade. Se ci fosse un declassamento molto più ampio della media alle attuali previsioni di utili, un calo medio del 20%, Il multiplo Pe 2023 si porterebbe a quota 20 volte – un livello molto meno attraente”. Allora, qual è il portafoglio ideale? “Vale la seguente osservazione – risponde Draaisma – il primo semestre 2022 è stato quello in cui un’allocazione bilanciata tradizionale 60 azionario 40 obbligazionario ha segnato la seconda peggiore performance dei primi semestri dal 1800 in avanti: nel 79% degli anni analizzati, un portafoglio 60/40 è stato positivo fino a giugno. Non questa volta”.
A ogni tonfo nel primo semestre, è sempre seguito un periodo brillante
Tuttavia, a ogni grande caduta storica nel primo semestre, è seguito un forte rimbalzo nel secondo: “nei dieci peggiori primi trimestri (escluso il 2022), la performance media è stata del -12%. Per i corrispondenti secondo semestri, la performance media è stata del +10% e il tasso di successo positivo è stato del 90%. Va anche sottolineato che prima del 2022 non c’era stato un +20% o -10% annuo dal 1975. Un chiaro indicatore, a nostro avviso, di un ritorno a un contesto di mercato più volatile”. In un mercato volatile ci sono una serie di asset class che possono aumentare l’alpha di portafoglio, limitando i rischi. Quali? “Va fatta una premessa – dice il lead portfolio manager di Man Solutions – le crisi riscrivono le regole dell’economia”.
Le crisi riscrivono le leggi economiche
“Si pensi alla legge di Taylor, secondo cui i tassi di riferimento, dato lo stato dell’economia, dovrebbero essere oggi al 10% negli Stati Uniti, al 12% nel Regno Unito, al 7% nell’Eurozona, effettivamente molto maggiori rispetto ai livelli attuali. Vorremmo supporre che il fatto che i tassi siano stati ben al di sotto della stima della regola di Taylor abbia contribuito all’attuale problema dell’inflazione, piuttosto che dimostrare la sua irrilevanza. Paul Volcker ha domato la mentalità inflazionistica nel 1970 spostando i tassi al di sopra di ciò che la regola di Taylor implicava: crediamo che l’attuale mentalità inflazionistica sarà domata solo se accadrà la stessa cosa. I banchieri centrali pian piano ci stanno arrivando. Potremmo essere al culmine di una prima ondata inflazionistica al momento, ma il nostro scenario di base è che un rollover a breve termine è un’opportunità per prepararsi alla prossima ondata, non alla fine dell’era inflazionistica. Che potrebbe concludersi solo quando i tassi di riferimento supereranno di nuovo la regola di Taylor”. Sono tempi duri, se si vogliono guadagni facili. “Dal 1925, un portafoglio composto per il 60% da azioni statunitensi (S&P500) e per il 40% da titoli di Stato americani a 10 anni ha reso circa il 9% all’anno. Riteniamo che oggi sia improbabile un rendimento simile.