Il 63% dei fondi azionari americani che usano derivati mostrano una correlazione positiva fra l’andamento del portafoglio azionario e quello dei derivati
Questo indica che in maggioranza l’utilizzo dei derivati amplifica quello del portafoglio azionario, incrementando il rischio
L’uso di derivati è aumentato durante il covid-19, ma i fondi che l’hanno fatto hanno sottoperformato
Circa un terzo dei fondi azionari utilizza i derivati nella sua strategia d’investimento, ma nella maggioranza dei casi questo avviene non per moderare i rischi del portafoglio, ma per amplificarli – moltiplicando, quando va “scommessa” va bene, le possibilità spremere rendimento. E’ quanto hanno osservato due studiosi in un recente paper che ha ribaltato quella che fino ad ora era sembrata la funzione più logica dei derivati nei fondi azionari: ossia moderare i rischi come quello dei cambi, per rendere meno imprevedibile l’andamento di alcune variabili. Secondo gli autori, il professor Ron Kaniel (università di Rochester) e Pingle Wang (università del Texas), i dati disponibili dalla Securities and Exchange Commission americana indicano che il 30% dei fondi azionari basati negli Stati Uniti fa utilizzo di derivati. Fino a non molto tempo fa, però, non era possibile capire quali effetti avessero i derivati sulle performance del portafoglio. “Nuovi dati ci hanno consentito di ricavare la performance delle posizioni di derivati di ciascun fondo, valutarne l’impatto sui ritorni e di testare empiricamente se i derivati siano stati utilizzati per l’hedging”, la copertura dai rischi “o per amplificare” le fluttuazioni del mercato, hanno dichiarato gli autori.
Un passo indietro, a cosa servono i derivati
I derivati sono una famiglia di strumenti finanziari il cui valore deriva indirettamente da altri attivi, le cui caratteristiche variano a seconda della tipologia di contratto. La loro funzione può essere considerata quasi assicurativa nei casi in cui il loro utilizzo sia finalizzato, ad esempio, a convertire tassi variabili con tassi fissi (swap) o a fissare oggi il prezzo di una consegna di merce che avverrà in futuro (future). I derivati possono anche essere utilizzati per lo scopo opposto: aumentare il rischio. Un esempio popolare è quello delle opzioni put e call, che tramite l’utilizzo della leva finanziaria, permettono di incrementare il rischio di mercato. In questo modo, a fronte di somme investite relativamente più basse, si potranno moltiplicare le possibilità di guadagno (ma anche quelle di perdere tutto l’investimento, ossia il prezzo d’acquisto dell’opzione). Questa forma di investimento in derivati ha trovato particolare popolarità nelle piattaforme di trading online.
In Europa il documento riassuntivo KID, obbligatorio per legge, comunica all’investitore se un determinato fondo d’investimento si serve di derivati nella sua strategia. La dicitura che si trova, nel caso, è la seguente: “Il comparto può utilizzare derivati a fini di copertura, gestione efficace del portafoglio e investimento”. Se poi i derivati sono utilizzati per amplificare l’esposizione di mercato, anche in questo caso il KID lo rende noto, come in questo estratto dal KID di un fondo long/short: “Si possono utilizzare strumenti finanziari derivati per contribuire al raggiungimento dell’obiettivo di investimento del fondo e il fondo può generare leva di mercato (ossia laddove il fondo acquisisca un’esposizione di mercato superiore al valore del suo patrimonio)”. Quello che il KID non dice, però, è quanto peso abbiano i derivati nella strategia.
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Un utilizzo prevalentemente speculativo
Capire gli effetti dell’utilizzo dei derivati nei fondi azionari è stato a lungo complicato dalle carenze dei dati, hanno spiegato Kaniel e Wang in un articolo publicato dal think-tank Cepr, ma dal settembre 2019 un nuovo documento della Sec (N-PORT) ha permesso di ricavare profitti e perdite realizzate e non realizzate sui derivati a cadenza mensile. “Queste informazioni sono fondamentali, in quanto consentono ai ricercatori, per la prima volta, di analizzare la performance delle strategie in derivati dei fondi”, hanno affermato gli autori. Con questi dati in mano, Kaniel e Wang hanno scomposto i ritorni derivanti dalle azioni e dai derivati. Per ciascun fondo, inoltre, è stata calcolata la correlazione fra queste due componenti: “Un’elevata correlazione positiva”, ossia ritorni da derivati e portafoglio azioni che si muovono nella stessa direzione, “suggerisce che i derivati amplificano i ritorni delle azioni” nel portafoglio del fondo, “laddove una correlazione negativa indica che i derivati coprono alcuni rischi di portafoglio”.
La correlazione mediana è risultata pari a 0,34, dunque positiva “e grande”. All’interno del campione osservato il 63% dei fondi che usano derivati mostrano una correlazione positiva fra l’andamento del portafoglio azionario e quello dei derivati “con molti di essi che presentano una correlazione vicina a 1”, ossia il livello massimo.
Più nel dettaglio, i fondi che usano i derivati con funzioni speculativi fanno uso di future “long” e swap su determinati indici azionari che sono molto simili all’indice di riferimento del fondo – quello che i gestori attivi “promettono” di battere. Usare i derivati ha aiutato questi fondi a raggiungere questo obiettivo?
Il banco di prova per osservarlo è stato quello coronavirus; e i risultati, per i fondi azionari che hanno usato i derivati, non sono stati dei migliori. “Durante il crollo del covid-19, gli utilizzatori di derivati hanno aumentato significativamente il loro uso di questi strumenti, soprattutto grazie all’amplificazione dei fondi che hanno assunto posizioni corte in derivati sull’indice azionario”, hanno affermato gli autori dello studio. “Tuttavia, non sono riusciti a sovraperformare” sui fondi che non hanno fatto uso dei derivati, “in parte perché hanno subito un doppio colpo dalle loro posizioni”, hanno scritto Kaniel e Wang. Infatti, i fondi “hanno perso con le posizioni lunghe in derivati esistenti, hanno iniziato tardi ad aprire posizioni corte durante lo scoppio della crisi”, quelle che rendono quando i mercati vanno male, “e sono stati lenti a chiudere le posizioni corte durante la ripresa”. Una clamorosa lezione su come i gestori professionali che usano i derivati non siano riusciti a prendere con il tempismo il mercato, sbagliando tutte le mosse.
La conclusione degli autori sembra piuttosto perentoria per quei fondi che amplificano il rischio utilizzando i derivati: “Se da un lato l’accesso ai derivati consente ai gestori di fondi di coprire e gestire il rischio, dall’altro può incoraggiare i gestori ad assumere rischi non necessari a scapito degli investitori”.