Un momento, Doc, mi stai dicendo che hai costruito una macchina del tempo… con una DeLorean ?” Lo stupore di Marty McFly (alias Michael J. Fox) è del tutto giustificato; solo un personaggio bizzarro ed estroso come il Dr. Emmet “Doc” Brown (interpretato da Christopher Lloyd) poteva pensare proprio a quest’auto per un compito tanto delicato.
Stiamo parlando ovviamente di “Ritorno al futuro”, la celebre trilogia cinematografica di Robert Zemeckis, che ha sbancato i botteghini a cavallo tra gli anni ottanta e novanta. Il motivo per cui la produzione scelse proprio la DeLorean DMC-12 come co-protagonista dei film non è noto. Le interpretazioni possono essere molteplici. Si trattava anzitutto di un marchio non abbastanza conosciuto da focalizzare l’attenzione sull’auto distogliendola dal film. Inoltre il modello, in nudo acciaio inossidabile e con teatrali portiere ad ali di gabbiano, con poche modifiche poteva essere facilmente scambiato per un’astronave, come in effetti avverrà nel film. Da ultimo non costava certo come una supercar e non poneva problemi di esose royalties, essendo un’auto non più in produzione da alcuni anni, in seguito al fallimento della casa produttrice. La DeLorean Motor Company infatti, la casa che nelle intenzioni del suo visionario ideatore avrebbe dovuto produrre la miglior auto di sempre, sopravvisse meno di due anni e fu essa stessa al centro di una storia avventurosa ed avvincente, a sua volta degna di un film. Ed avvenne davvero, nel 2018, quando la sua parabola venne immortalata in “Driven – Il caso DeLorean”, diretto da Nick Hamm.
John Z. DeLorean
John Z. DeLorean prima di fondare la casa omonima fu un progettista geniale, un manager di grande successo e un personaggio di spicco del jet-set americano, molto noto alle cronache mondane. DeLorean era un vero “self made man”, tipico prodotto del sogno americano. Figlio di immigrati, padre operaio alla Ford, lavora e studia da ingegnere presso il Chrysler Institute di Detroit e diviene dapprima capo ingegnere alla Packard, poi passa alla Pontiac, dove inventa soluzioni a non finire e crea con la GTO il fenomeno delle “muscle car”. Infine diviene capo della divisione Chevrolet in General Motors, dove in breve tempo quadruplica il fatturato. Nel frattempo vive nel lusso sempre sotto i riflettori, frequenta Hollywood, viene pa- parazzato con partner come Ursula Andress e Raquel Welch, si sposa tre volte. Bello, brillante, ambizioso e spregiudicato suscita facilmente invidie e gelosie, ma si scontra con il conformismo dominante, che via via lo ostacola fino ad isolarlo. Ed è allora che DeLorean approfitta per realizzare il suo sogno: creare la sua factory ove costruire l’auto ideale. Sportiva, comoda, sicura, divertente, durevole e di costo contenuto, all’avanguardia per soluzioni tecniche e prestazioni. Raccolto il massimo di capitale possibile dalla sua fitta rete di relazioni, si mise alla ricerca della location più favorevole, in termini di facilitazioni e incentivazioni governative per lo sviluppo delle imprese.
Ottenne il massimo.Scelse l’Irlanda del Nord che, nel pieno di una grave crisi sociale, occupazionale ed economica, offrì a DeLorean oltre 100 milioni di dollari per costruire in loco gli stabilimenti della sua casa automobilistica. Ben presto emersero però i primi ostacoli. La fabbrica, costruita a Dunmurry vicino a Belfast su pascoli di bovini, venne ultimata ben oltre i tempi ipotizzati, i prescelti motori Wankel rotativi si rivelarono troppo costosi ed i brevetti acquistati per chassis di nuova concezione non si adattavano alla produzione di serie. DeLorean dovette ripiegare su componenti già prodotti da altre marche, snaturando l’idea iniziale che già stava perdendo, a causa dei ritardi, parte della sua forza innovativa. Si rivolse quindi a Colin Chapman, patron della Lotus, pluricampione mondiale di Formula 1, il quale suggerì l’abbandono del telaio non utilizzabile, per adottare toutcourt chassis e sospensioni della sua Esprit, e la rinuncia per questione di costi ad altre particolarità, come i computer di bordo o gli airbag, dispositivi che sarebbero stati, all’epoca, all’avanguardia della tecnica.
La DeLorean DMC-12
La DeLorean DMC-12, presentata al Salone di Ginevra del 1981, era divenuta via via un puzzle di stili, idee e componenti di altre auto di normale produzione (oltre a Lotus, parti di Porsche, Renault, Leyland, Volkswagen), ma era riuscita ciononostante a mantenere un carattere e una personalità senza eguali. Gran parte del merito
è da attribuire alla linea di Giugiaro, che aveva riproposto la filosofia della sua Alfa Romeo Iguana, con carrozzeria in acciaio inox spazzolato e non verniciato. Giugiaro era peraltro il padre anche della stessa Lotus Esprit, già a sua volta star del cinema con parti di rilievo in “Agente 007, la spia che mi amava”. Per il motore si ripiegò sul tranquillo PRV V6 (frutto di una joint venture tra Peugeot, Renault e Volvo) installato a sbalzo posteriormente, motore che già equipaggiava le berline delle tre case, oltre alla prima serie della Lancia Thema; nella DMC-12 fu impiegato un motore di 2,8 litri con una potenza, nella versione americana, di circa 135 CV. Le grandi aspettative che avevano accompagnato la nascita della DMC-12 determinarono un primo periodo di grande euforia e di successo della vettura, nonostante il suo prezzo
di acquisto, più che doppio rispetto alle presentazioni. Ciò indusse DeLorean a raddoppiare la produzione, decisione che, nel periodo successivo, si rivelerà molto azzardata.
La crisi e il fallimento
Nel giro di nemmeno un anno, tra il 1981 e il 1982, gli scenari infatti mutarono profondamente. Emersero subito difficoltà di formazione delle maestranze del tutto inesperte, peraltro in un periodo storico altamente conflittuale. Poi i costi di produzione aumentarono e il cambio di governo britannico determinò l’interruzione dei finanziamenti promessi; gli Stati Uniti, inoltre, cioè il naturale mercato di destinazione delle DeLorean, entrarono in recessione e si inasprirono i tassi di cambio. Quindi gran colpo di scena: John DeLorean fu arrestato per traffico di droga internazionale. E non è ancora finita: dalle conseguenti indagini emersero conti segreti panamensi e fondi neri, mentre il partner Colin Chapman, anch’egli sotto indagine, morì improvvisamente in circostanze misteriose e mai chiarite. Il fallimento della DeLorean Motor Company fu a questo punto inevitabile ed a nulla valse la successiva assoluzione di John DeLorean.
L’eredità DeLorean
L’unicità e l’originalità della sua auto ha lasciato comunque il segno. Particolari come la sua avveniristica linea bassa, larga, squadrata, così come i pannelli di acciaio grezzo incollati alla struttura di vetroresina e le sue scenografiche portiere ad apertura alare, sono indimenticabili. Il suo carisma ha sopperito anche alle prestazioni rivelatesi inferiori alle attese nonché agli inevitabili difetti di gioventù, ai quali DeLorean non ha avuto il tempo di rimediare. Ma a ciò oggi pensa la DMC di Stephen Wynne che, dopo aver acquisito marchio e ricambi originali, assembla in Texas DMC-12 migliorate ed aggiornate tecnicamente, riservando lo stesso trattamento anche alle vetture DeLorean d’annata superstiti. Ispirata a queste è inoltre la nuova DeLorean Alpha 5 EVolved elettrica al 100%, presentata nel 2022 a Palm Beach, anch’essa su disegno di Giugiaro. Verrà costruita in soli 88 esemplari, numero che non a caso corrisponde alle miglia orarie che la DMC-12 di “Doc” doveva raggiungere per viaggiare nel tempo.
Certo, per far ciò, “Doc” poteva contare anche su flussi canalizzatori, circuiti temporali e reattori nucleari, ma di tutto questo nella nuova DMC elettrica non c’è traccia, nonostante i 180.000 dollari richiesti.
La DMC-12 originale fu costruita in circa 9.000 esemplari, compresi anche i circa 200 approntati
dopo il fallimento dalla società che rilevò le vetture rimaste incomplete; si stima che ne siano tuttora esistenti circa 6.000.
In una collezione che voglia rappresentare le automobili più iconiche della storia una DeLorean non può certo mancare. Esemplari in ottime condizioni non superano generalmente i 100.000 euro, salvo quelli riassemblati da Wynne (che si assestano un po’ sopra questa cifra) o modelli particolari come i due interamente placcati d’oro, al tempo prodotti per un istituto di credito americano. Storia a parte fanno le vetture che hanno realmente partecipato alle riprese dei film, circa una dozzina, ma non più di tre sopravvissute. Un esemplare di DMC-12 trasformato nella macchina del tempo mediante pezzi originali del film, è stato infatti recentemente venduto per una cifra superiore ai 500.000 euro, sia pure in un’asta di beneficenza a favore della Fondazione di Michael J. Fox per la ricerca sul morbo di Parkinson.