L’Iri prevedeva un trattamento differenziato tra il reddito reinvestito in azienda e quello distribuito ai soci o prelevato dall’imprenditore
il sistema duale di tassazione Irpef richiama alla mente, così come strutturato, l’imposta sul reddito di impresa, la c.d. Iri
Verso una maggiore neutralità della variabile tributaria nelle scelte imprenditoriali?
Tra le novità che caratterizzano la delega fiscale L. 111 del 2023 vi è senz’altro la revisione del sistema di tassazione Irpef.
Tuttavia, è stato osservato che il sistema duale di tassazione Irpef richiama alla mente, così come strutturato, l’imposta sul reddito di impresa, la c.d. Iri, a sua volta introdotta e poi abrogata prima dalla legge di Bilancio del 2017 e successivamente dalla legge di Bilancio del 2019, senza mai entrare in vigore.
La legge delega prevede, infatti, come messo in evidenza tra gli altri da un report elaborato dalla Banca d’Italia, un regime opzionale per le imprese in contabilità ordinaria che avvicina il trattamento fiscale delle imprese individuali e delle società di persone a quello riservato alle società di capitali.
L’obiettivo consiste nel tentare di rendere pressoché neutrale la scelta della forma giuridica per l’esercizio d’impresa e conseguentemente evitare che scelte organizzative non efficienti siano dettate essenzialmente da motivazioni fiscali.
La disposizione specifica si individua nella delega fiscale alla lettera g. dell’art. 5, titolo II, Capo I, dedicato alle imposte sui redditi, imposta sul valore aggiunto e imposta regionale sulle attività produttive.
In particolare, la suddetta lettera g recita:
per i redditi d’impresa, la previsione di un regime opzionale di tassazione per le imprese in contabilità ordinaria che favorisca la tendenziale neutralità tra i diversi sistemi di tassazione mediante l’assimilazione al regime dell’imposta sul reddito delle società (IRES) con l’assoggettamento a un’imposta ad aliquota proporzionale uniformata a quella dell’IRES, restando ferma la partecipazione alla formazione del reddito complessivo degli utili prelevati dall’imprenditore e di quelli distribuiti ai soci, fino a concorrenza delle somme assoggettate alla predetta imposta proporzionale, e prevedendo lo scomputo di quest’ultima dall’imposta personale.
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Cos’era l’Iri
Come si apprende dal report della Banca d’Italia sulla “Delega al Governo per la riforma fiscale”, tale regime è sostanzialmente analogo all’imposta sul reddito d’impresa (Iri).
L’Iri ammetteva un trattamento differenziato tra il reddito reinvestito in azienda e quello distribuito ai soci o prelevato dall’imprenditore individuale, tassando il primo alla stessa aliquota prevista per le imprese costituite in forma di società di capitali e assoggettando il secondo alla tassazione progressiva Irpef.
Più in particolare, spiega la Banca d’Italia, l’Iri prevedeva:
- la tassazione separata alla stessa aliquota Ires (24 per cento) del reddito d’impresa calcolato secondo le regole Irpef
- la deducibilità da tale reddito d’impresa delle somme prelevate dall’imprenditore, dai collaboratori familiari o dai soci
- la tassazione Irpef in capo a tali soggetti delle somme prelevate. L’adozione dell’Iri sarebbe avvenuta per opzione, di durata quinquennale e rinnovabile
Il regime Iri, per certi aspetti rifuso nel nuovo sistema di tassazione Irpef, è altamente auspicabile, secondo la posizione della Banca d’Italia, per un verso perché garantisce una maggiore neutralità della variabile tributaria nelle scelte imprenditoriali, per un altro in quanto indirettamente incentiva il rafforzamento patrimoniale di queste imprese, riducendo il prelievo sugli utili non prelevati dall’imprenditore o dai soci.