Mentre nelle commissioni bilancio e finanze del Senato si discutono gli emendamenti al primo decreto ristori, l’esecutivo inizia a volgere lo sguardo verso i nuovi indennizzi volti a sostenere commercianti, ristoratori e partite iva, modulandoli sulla base della geografia delle restrizioni dispiegate con l’ultimo dpcm. Anche se resta da sciogliere il nodo delle risorse.
Stando a quanto rivelato da Confcommercio, il decreto ristori bis sul tavolo del governo segue due binari. Da un lato, l’estensione dei ristori ai settori coinvolti nelle nuove misure di contenimento dei contagi, come
centri commerciali, musei, ma anche bus turistici, ambulanti, pizzerie, rosticcerie e il settore del wedding. Dall’altro, l’integrazione degli indennizzi per le imprese che hanno già ottenuto i ristori ma che subiranno ulteriori contraccolpi negativi, come bar e ristoranti “già costretti a chiudere alle 18” o “che devono fermare del tutto l’attività nelle zone rosse”. Si parlerebbe nuovamente di contributi a fondo perduto, con bonifico automatico sul conto corrente per chi li ha già ricevuti in passato e dietro istanza per i nuovi beneficiari (tra cui i soggetti con un fatturato superiore ai cinque milioni), che dovranno attendere conseguentemente tempi più lunghi. Ma anche della cancellazione della seconda rata Imu in scadenza il 16 dicembre, degli sgravi sugli affitti per tre mesi (ottobre-dicembre) e della sospensione dei versamenti contributivi per i dipendenti.
Questa volta, però, bisognerà distribuire e calibrare gli aiuti sulla base delle variabili territoriali, motivo per cui si starebbe ragionando su un fondo di circa due miliardi cui attingere di volta in volta per gli indennizzi. Considerando che con il primo decreto ristori, approvato dal Consiglio dei ministri lo scorso 27 ottobre, “il deficit è salito al 10,7% dal 10,5% indicato nel Documento programmatico di bilancio, rimanendo sotto il tetto fissato del 10,8% fissato dalla Nadef”, spiega Confcommercio, “il margine da qui alla fine dell’anno è quindi dello 0,1%”. Si parlerebbe dunque di circa 1,7 miliardi che, secondo l’associazione, saranno utilizzati insieme ad altri risparmi di cassa per la costituzione del fondo.
“Sbagliare oggi è letale, è l’ultima possibilità che abbiamo, corriamo un pericolo serio per la sicurezza e la tenuta sociale”, esorta
Enrico Postacchini, membro della giunta Confcommercio in audizione sul decreto ristori davanti alle commissioni bilancio e finanze del Senato. “È evidente – aggiunge – che, se non arrivano ristori immediati, chi ha chiuso il 28 ottobre non potrà riaprire”. Secondo Postacchini, bisognerà dunque “trovare nuove regole” e “salvaguardare l’economia e il lavoro” ma senza “fermare il mondo”, “perché la stragrande maggioranza delle persone gode di ottima salute e deve continuare a lavorare e garantire vitalità all’economia”. Infine, torna a sollecitare la proposta di ulteriori
moratorie e azzeramento degli interessi sugli avvisi anche bonari, oltre al rinvio del 770, il credito d’imposta sugli affitti e i ristori a fondo perduto.
Fipe: buco da 26 miliardi nel 2020
Intanto, non si lascia attendere anche il monito della Federazione italiana pubblici esercizi (Fipe), secondo la quale il mondo della ristorazione e dell’intrattenimento si appresta a chiudere l’anno con una perdita accumulata pari a 26 miliardi di euro, senza considerare le restrizioni imposte dall’ultimo dpcm. Secondo Roberto Calugi, direttore generale di Fipe-Confcommercio, è dunque necessario “un patto con il sistema bancario per la liquidità delle imprese”. “Va spalmato il debito contratto nel 2020 in un arco temporale lungo, di almeno 20 anni, con un preammortamento di 24 o 36 mesi, che permetta alle imprese che sono oggi in stato prefallimentare di uscire dalle macerie e rialzarsi”, spiega Calugi. Per non dimenticare infine una misura ad hoc sulle locazioni, considerando che i costi degli affitti sono balzati dal 10 al 30% in termini di incidenza sul fatturato.
Decreto ristori e bis: l’ingorgo normativo
Ma come sarà dispiegato il nuovo decreto? Secondo quanto rivelato su Ipsoa da Daniele Virgillito, dottore di ricerca in economia aziendale e rappresentante di Confprofessioni Sicilia, “per evitare un ingorgo normativo tra i due provvedimenti, sarebbe ragionevole fonderli in un unico testo attraverso un maxi emendamento del decreto originario”. Qualora i due decreti proseguissero in parallelo, spiega, “si rischierebbe infatti di sforare il limite dei 60 giorni per la conversione in legge, perdendo così l’essenziale tempestività che le drammatiche contingenze impongono”.
Mentre nelle commissioni bilancio e finanze del Senato si discutono gli emendamenti al primo decreto ristori, l’esecutivo inizia a volgere lo sguardo verso i nuovi indennizzi volti a sostenere commercianti, ristoratori e partite iva, modulandoli sulla base della geografia delle restrizioni dispiegat…