Negli Usa le donne rappresentano il 48% della forza lavoro all’entry-level, il 28% dei vicepresidenti senior e il 21% della c-suite. La Svezia, invece, è tra i primi 15 paesi al mondo in termini di partecipazione femminile alla forza lavoro. A rilento i Paesi Bassi
I fattori di successo che aiutano le leader a raggiungere la vetta sono soprattutto quelli interpersonali, che considerano le relazioni intrecciate sul luogo di lavoro con colleghi, mentor e supervisori
Il tema delle quote di genere non rimane inosservato, anzi. Sembra emergere un senso di orgoglio nel non accettare che le donne possano accedere a determinate posizioni solo perché obbligatorio per le aziende
Il campione
Per rispondere al quesito, le ricercatrici (Giulia De Anna, Ellen Schmid e Patricia Kraft) hanno condotto 12 interviste qualitative coinvolgendo senior manager donne con una media di 25 anni di esperienza professionale, tra Stati Uniti, Svezia e Paesi Bassi. Tre paesi caratterizzati da contesti differenti sul fronte della parità di genere. Negli Usa, per esempio, all’inizio del 2020 le donne rappresentavano il 48% della forza lavoro all’entry-level, il 28% dei vicepresidenti senior e il 21% della c-suite (termine che indica le cariche più alte all’interno della società che solitamente iniziano con la lettera “c”, come chief executive officer, chief financial officer, chief operating officer e chief information officer, ndr). La Svezia, invece, occupa la quarta posizione a livello mondiale del Gender gap report del World economic forum ed è tra i primi 15 paesi al mondo in termini di partecipazione alla forza lavoro (con l’81% di donne). I Paesi Bassi, infine, stanno progredendo verso il traguardo dell’uguaglianza più lentamente rispetto alla media europea, con un tasso di occupazione al femminile del 74% ma un gender pay gap ancora rilevante (le donne guadagnano il 21% in meno degli uomini).
I risultati
Analizzando dunque gli elementi di successo che hanno aiutato le leader a raggiungere la vetta, la maggior parte delle intervistate ha sottolineato l’importanza dei fattori interpersonali (menzionati in 41 casi), che considerano le relazioni intrecciate sul luogo di lavoro con colleghi, membri del proprio team, mentor e supervisori, tra gli altri. In altre parole il “capitale sociale”. In particolare, si evidenzia una tendenza leggermente più positiva tra le manager svedesi, che hanno maggiormente sottolineato il valore del fare squadra e del “non mettersi sempre sotto i riflettori”. Rilevante anche la forte rete su cui le donne dichiarano di poter fare affidamento. Si tratta di “mentor che le hanno guidate lungo il loro percorso professionale, alleati che le hanno difese in momenti cruciali o superiori che hanno visto in loro del potenziale”, scrivono le ricercatrici.
Quanto alle barriere, la situazione sembrerebbe poi capovolgersi. I fattori organizzativi sono stati citati 53 volte, seguiti dai fattori sociali (44), individuali (12) e interpersonali (5). Uno degli ostacoli più rilevanti è il cosiddetto “soffitto di cristallo”, una metafora utilizzata per indicare una situazione in cui l’avanzamento di carriera viene bloccato da discriminazioni di origine razziale o sessuale. Ma anche gli stereotipi di genere e i pregiudizi inconsci, evidenti in tutti e tre i paesi analizzati. “I risultati delle nostre interviste suggeriscono che, anche se si potrebbe presumere che ci siano differenze tra Paesi Bassi, Svezia e Stati Uniti, in realtà le barriere e i fattori di successo per le donne che avanzano in posizioni di leadership sono molto simili”, spiegano le ricercatrici. “Naturalmente – concludono – dobbiamo considerare il piccolo campione di intervistate, che non consente di generalizzare. Nonostante questa limitazione, i nostri risultati sono incoraggianti, sia per le singole donne che per le aziende, poiché i fattori di successo individuati possono essere affrontati a livello individuale e organizzativo, ma anche semplicemente assunti come modelli di supporto reciproco e incoraggiamento”.