Al momento solo una minoranza dei consulenti finanziari fa utilizzo di criptovalute nei portafogli dei clienti
Circa la metà degli intervistati in una nuova indagine di Cerulli Associates, però, ritiene che il ruolo di questi asset aumenterà a causa delle richieste in arrivo dalla clientela. Molti consulenti, però, non si sentono a loro agio con questo prodotto – o perché non lo conoscono a fondo, o perché non è possibile attribuirgli un valore
Otto consulenti su dieci, infatti, affermano di aver ricevuto richieste sulle criptovalute da parte dei clienti. Molti meno, però, le utilizzano nella loro attività professionale. Il 7% degli advisor intervistati ha inserito le crypto nei portafogli dei clienti in seguito a una raccomandazione e un altro 10% lo ha fatto perché gli stessi clienti l’hanno richiesto.
In futuro queste percentuali sembrano destinate ad aumentare, con un maggior ricorso alle criptovalute da parte di consulenti finanziari. Ma questo avverrà principalmente perché questi ultimi si aspettano una crescente domanda da parte della loro clientela, secondo quanto affermato da quasi la metà degli intervistati (45%). Nei fatti, però, la gran parte dei consulenti finanziari rimane personalmente scettica sulle criptovalute e il loro eventuale ruolo in un portafoglio.
“In molti semplicemente non capiscono o non credono nelle criptovalute come investimento”, afferma Matt Apkarian, analista senior di Cerulli. Infatti, ha proseguito, “i consulenti credono comunemente che la definizione di un investimento implichi l’aspettativa di un ritorno reale. Dato il fatto che le criptovalute non rappresentano rivendicazioni su un flusso di reddito, i consulenti spesso credono che le attività non possano essere valutate, o che manchino di aspettative di crescita”.
Del resto, in Italia la posizione ufficiale dell’associazione di categoria, l’Anasf, resta prudente sulle criptovalute nonostante la crescente apertura della consulenza finanziaria, specialmente Oltreoceano. E ancora, un recente appello delle autorità di vigilanza finanziaria Ue (Eiopa, Eba ed Esma) ha messo in guardia i consumatori sui numerosi rischi di questi investimenti.
Anche nel caso in cui si decida di procedere all’inserimento delle criptovalute nel portafoglio, le cose sono complicate, sotto il profilo tecnico, dal fatto che “molte aziende non offrono opzioni di investimento per le criptovalute attraverso le loro piattaforme, costringendo i consulenti che vogliono accedere a dirigere i loro clienti a utilizzare piattaforme esterne”.
“Questo pone un onere sul cliente per una parte della loro pianificazione”, ha osservato Apkarian. A ciò si aggiungono, talvolta, messaggi poco chiari sugli aspetti fiscali e dichiarativi collegati al possesso di queste attività.
Cerulli ritiene che i fornitori di criptovalute potrebbero trarre benefici dall’offerta di programmi per la preparazione dei consulenti finanziari su questo tema. “Ci sarà una ricompensa per i provider di criptovalute che avranno dedicato tempo e risorse alla formazione dei consulenti”, ha detto Apkarian, “i consulenti hanno l’obbligo, nei confronti dei loro clienti, di capire il mondo delle criptovalute, in modo da fornire almeno un ragionamento a sostegno del loro punto di vista sul fatto di non volerle includere nei loro portafogli”. Insomma, “la semplice mancanza di comprensione delle criptovalute non rende giustizia al cliente nella valutazione delle opportunità di investimento disponibili”, è la conclusione di Apkarian.