L’alta corte tedesca continua a frapporre ostacoli al regolare svolgersi della vita economica dell’Ue. In virtù di una presunta incostituzionalità della creazione di debito comune europeo, i giudici di Karlsruhe hanno bloccato la ratifica del Next Generation Eu. Ed è un problema: i fondi restano bloccati fino a quando tutti i paesi non lo ratificano
Non c’è verso. La Corte costituzionale tedesca è
ancora in rotta di collisione con l’Ue. Stavolta è in gioco la risposta economica europea alla crisi pandemica, ovvero il pacchetto del recovery fund. L’ente ha impedito a fine marzo la ratifica del Next Generation Eu sulla scorta di un documento firmato da 2200 euroscettici, fra cui figura quello dell’associazione “Bundnis Buergerwille” (“volontà dei cittadini”), legata a Bernd Lucke – l’economista anti-euro e cofondatore di Alternative fur Deutscheland, il partito dell’ultradestra. Lo stallo potrebbe durare tre mesi al massimo. Comunque una pausa inopportuna in questo momento.
La questione è sempre la stessa: la presunta incostituzionalità dell’emissione di titoli di debito comune europeo a fronte dei 750 miliardi di euro del Next Generation Eu. Non solo. Il recovery fund, per come è strutturato, violerebbe secondo le toghe tedesche anche gli stessi trattati Ue. Nei fatti, il timore degli euroscettici teutonici è che a pagare il conto, alla fine di tutto, sarà Berlino.
«Si tratta di una questione giuridica piuttosto seria. La Corte si è rintanata nell’angolo per un certo tempo, e adesso si trova a dover scegliere fra due opzioni», commenta al Ft il professor Mark Dawson della Hertie School di Berlino. «Può seguire la logica dei suoi assunti e rigettare la ratifica del fondo di ripresa, con conseguenze disastrose per l’economia. Oppure cedere, e risultare incoerente».
Secondo il gruppo che ha presentato il ricorso, la possibilità che il recovery venga finanziato con mezzi propri rappresenta una forma di condivisione del debito “inammissibile” in Germania. Il paese in tal modo affronterebbe “rischi finanziari incalcolabili” nel lungo periodo. Il gruppo dei firmatari cittadini sono temono che gli stati Ue più deboli finanziariamente possano non essere in grado di ripagare la propria quota del pacchetto di bond comuni.
La questione sollevata dai giudici di Karlsruhe è grave: la Commissione non può dare il via ai trasferimenti del piano di ripresa se tutti e 27 i membri Ue non hanno ratificato l’accordo. Il ministro delle Finanze Olaf Scholz ha affermato tuttavia che il governo “è ben attrezzato” per sostenere ricorsi alla Corte costituzionale. Dalle parti del governo prevale l’ottimismo: difficile andare contro il Bundestag, che si è espresso per due terzi a favore del recovery fund e un Bundesrat che ha votato all’unanimità.
Anche la Commissione europea è ottimista. “Siamo fiduciosi che la Corte costituzionale tedesca deciderà rapidamente sul caso delle misure provvisorie”, ha commentato un portavoce. E «la decisione sulle risorse proprie” è da considerarsi legittima. “L’obiettivo dell’Ue resta quello di garantire il completamento del processo di ratifica in tutti gli Stati membri entro la fine del secondo trimestre di quest’anno”.
L’ultimo dissidio dei giudici costituzionali tedeschi con le istituzioni europee si è avuto nel 2020 con riguardo alle decisioni della Bce, relativamente al ‘quantitative easing’ creato da Mario Draghi nel 2015.
Non c’è verso. La Corte costituzionale tedesca è ancora in rotta di collisione con l’Ue. Stavolta è in gioco la risposta economica europea alla crisi pandemica, ovvero il pacchetto del recovery fund. L’ente ha impedito a fine marzo la ratifica del Next Generation Eu sulla scorta di un documento firm…
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