Cop27 si terrà in Egitto dal 6 al 18 novembre
Tra i gestori di portafoglio si delineano approcci diversi alla lotta al cambiamento del clima
Aumentano gli investitori scettici e anti-ESG e alzano i toni per far sentire la loro voce
La strada verso Cop27, la Conferenza sul clima promossa dalle Nazioni unite in Egitto dal 6 al 18 novembre, è in salita. Nell’industria degli investimenti qualcosa sta scricchiolando nell’impegno alla lotta al cambiamento climatico e all’adozione di pratiche sostenibili, in conseguenza (anche) della guerra in Ucraina e di una certa tendenza a politicizzare la questione Esg.
In questi mesi, la crisi energetica ha accresciuto la domanda di fonti fossili e alcuni paesi hanno risposto con l’aumento dell’impiego di petrolio, gas e carbone. La priorità di molti governi è diventata quella della sicurezza energetica. Cop27 non potrà ignorare queste tendenze.
Inoltre, stanno emergendo, soprattutto negli Stati Uniti posizioni politiche anti-Esg, come testimonia la lettera di alcuni funzionari del partito repubblicano a BlackRock con l’accusa di fare “attivismo climatico” nella gestione dei fondi pensione statali.
Il punto sulla Net zero asset manager initiative
Tra gli asset manager e gli investitori istituzionali si delineano strategie diverse e sulla stampa si è già cominciato a parlare di gestori che potrebbero uscire dalla Net zero asset manager initiative, l’iniziativa lanciata nel dicembre del 2020 per supportare l’obiettivo di azzeramento delle emissioni nette di Co2 entro il 2050, in linea con gli sforzi globali di limitare il surriscaldamento del clima globale a 1,5 gradi Celsius.
I firmatari sono 273 in tutto il mondo con un patrimonio gestito di 61,3 mila miliardi (dati al 31 maggio 2022). L’ultimo report sui progressi degli aderenti all’iniziativa, rilasciato nel maggio scorso, rivela diversi livelli di impegno in termini di allineamento con l’obiettivo net-zero e di target di riduzione delle emissioni.
“Il patrimonio dei 43 asset manager presenti nel report che è allineato con l’obiettivo net-zero va dal 4% al 100%”, spiega Hortense Bioy, direttore globale della ricerca sulla sostenibilità di Morningstar. “Solo nove hanno un impegno del 100% del patrimonio in gestione, 15 hanno dichiarato un commitment inferiore al 50%”.
“Meno di un quinto delle aziende ha fissato obiettivi assoluti di riduzione delle emissioni, più difficili da raggiungere rispetto a quelli di carbon intensity. Circa un terzo non ha fissato obiettivi di riduzione delle emissioni, ma ha dichiarato di voler investire una parte del proprio patrimonio in emittenti che adottano i cosiddetti science-based-target (ossia un percorso di decarbonizzazione in linea con la scienza, ndr)”, aggiunge Bioy. “Infine, dieci case di gestione non hanno una politica aziendale sugli investimenti in carbone e altri combustibili fossili, tra cui Invesco, Lazard, MFS, State Street e Vanguard”.
Quale vigilia per Cop27
Un’altra indagine Morningstar Indexes e Sustainalytics ha rivelato che solo il 30% dei 500 investitori istituzionali intervistati in 11 paesi (fondi pensione, compagnie assicurative, family office, fondi sovrani, ecc.) considera i fattori Esg per oltre la metà degli asset in gestione.
Secondo quanto riportato da Ignites Europe, alcuni fondi pensione hanno recentemente annunciato di voler uscire dalla coalizione degli asset owner, nota come Net zero asset owner alliance.
Tutto questo accade alla vigilia di Cop27, dopo che nella precedente Conferenza sul clima era stato annunciato con grande clamore il Glasgow financial alliance for net zero, guidato dall’ex governatore della Banca d’Inghilterra, Mark Carney, una coalizione delle grandi istituzioni finanziarie impegnate nell’accelerare il processo di decarbonizzazione.
Esg e politica
Cop27 non potrà ignorare neppure la cosiddetta “politicizzazione” della sostenibilità, che si comincia a riflettere sulle decisioni degli investitori.
Il sondaggio 2022 sugli investimenti sostenibili, recentemente pubblicato da Pitchbook, che ha coinvolto un migliaio di investitori istituzionali che operano nel segmento dei mercati privati (general partner, limited partner, venture capitalist, ecc.) ha rivelato chiaramente questo trend.
“Il nostro sondaggio ha registrato un numero record di risposte (circa il 20% in più del 2021)”, dice Ilary Wiek, analista di Pitchbook. “L’aumento degli intervistati sembra essere almeno in parte attribuibile a un’ondata di soggetti che sono scettici sui meriti di queste aree tematiche”.
Uno sguardo attento ai dati mostra che c’è stato un calo del sostegno agli investimenti sostenibili tra il 2021 e il 2022. Nel 2021, solo il 9% degli intervistati affermava di non avere piani per incorporare la sostenibilità nei suoi investimenti. Quest’anno la percentuale è salita al 13%.
Quando è stato chiesto agli asset allocator se valutassero l’implementazione da parte di un gestore di fondi di un framework sui rischi Esg come parte processo di due diligence, il 22% ha affermato di non avere intenzione di farlo, rispetto al 15% dell’anno scorso.
Il movimento anti-Esg alza la voce
Secondo Wiek, tuttavia, più che crescere il numero di investitori anti-Esg, sono gli scettici e i contrari ad aver deciso di alzare i toni.
“Ora sembra che stiamo attirando un pubblico più ampio nel nostro sondaggio poiché coloro che sostengono iniziative anti-Esg, in particolare negli Stati Uniti, vogliono far sentire le loro opinioni, cosa che non hanno fatto negli anni passati. Le loro idee, tuttavia, sono spesso prive di forti argomentazioni. Nel complesso i numeri mostrano che il sostegno alla sostenibilità è in aumento”.
D’altra parte, qualcosa di simile si è visto nella stagione delle assemblee negli Stati Uniti, dove c’è stato un boom di risoluzioni anti-Esg che hanno ricevuto però un basso supporto da parte degli investitori. Le 43 proposte di questo tipo monitorate da Morningstar hanno avuto un consenso medio di appena il 7%.
Anche se l’onda anti-Esg sembra far più rumore di quanto può danneggiare la transizione verso un’economia più sostenibile, Cop27 cade in un momento assai diverso dalla Conferenza sul clima del 2021, perché la crisi energetica e la politicizzazione della sostenibilità rappresentano nuove sfide nella lotta al cambiamento climatico.