Nonostante i vantaggi correlati all’apertura di un conto estero o all’attivazione di una prepagata estera, occorre prestare attenzione agli obblighi dichiarativi previsti dalla disciplina sul monitoraggio fiscale
Quando si aprono conti esteri, ai fini dichiarativi, non bisogna trascurare di distinguere tra i soggetti che formalmente detengono il conto e quelli che materialmente beneficiano dei servizi ad esso correlati
Ebbene, dietro il successo di questo strumento finanziario ci sono diversi fattori.
In questi termini, detto strumento di pagamento, consistente in un portafogli elettronico provvisto di un credito che viene scalato in base alle spese effettuate dall’utente, appare per molti aspetti più comodo delle carte di debito o di credito; in particolare quando si tratta di monitorare le spese dei propri figli; per chi non dispone di un conto corrente bancario o per chi non può contare su entrate fisse.
Da questo punto di vista, pertanto, si può affermare che avere una carta prepagata non presenta particolari criticità; rappresenta, piuttosto, uno strumento di ottimizzazione fiscale.
E invero, al netto della comodità e dei vantaggi correlati all’utilizzo di una prepagata, occorre prestare attenzione agli aspetti fiscali che vengono in rilievo quando si impiega questo strumento; soprattutto se si tratta di una prepagata estera o, più in generale, di un conto corrente o di un servizio finanziario riconducibile ad un istituto bancario straniero.
Sono molte, infatti, le offerte che provengono da banche straniere relative all’apertura di conti correnti o all’attivazione di carte prepagate che, a costi zero o irrisori, permettono di usufruire di molte funzioni e di soddisfare le più svariate esigenze dei clienti. Si pensi, tra tutte, alla più famosa N26.
Ebbene, benché la N26 a partire dal 2020 non è più considerata una banca straniera, in quanto con riferimento all’utenza italiana ha deciso di identificarsi in Italia, in via generale, quando si attivano carte prepagate con banche estere o si aprono conti correnti o, ancora, si detengono strumenti finanziari all’estero, occorre prestare attenzione ai profili dichiarativi ai fini del monitoraggio fiscale o dei redditi.
La disciplina sul monitoraggio fiscale delle attività finanziarie estere, infatti, impone al contribuente italiano che apre un conto o usufruisce di un servizio finanziario o di pagamento estero di dichiarare nel Quadro RW del modello redditi tutti i conti esteri detenuti, riportando altresì il valore degli investimenti esteri e delle attività finanziarie suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia.
È bene specificare che l’assolvimento dell’obbligo dichiarativo per i servizi finanziari esteri è però subordinato, ai fini del monitoraggio fiscale, alla circostanza che, anche solo per un giorno dell’anno fiscale, sia stata superata la soglia di 15.000 euro.
Altrimenti detto, detenere un conto estero che non ha superato, come valore massimo i 15.000 euro non comporta l’obbligo della disciplina sul monitoraggio fiscale.
Quando si parla di servizi finanziari esteri, viene in rilievo, anche, l’Imposta sul Valore delle Attività Finanziarie detenute all’Estero (Ivafe).
L’imposta riferisce alle persone fisiche residenti in Italia, come pure gli enti non commerciali o le società semplici, che detengono all’estero prodotti finanziari, conti correnti e libretti di risparmio.
Come chiarito dall’Agenzia delle entrate, per i conti correnti e i libretti di risparmio detenuti all’estero l’imposta è stabilita nella misura fissa di 34,20 euro per ciascun conto; mentre, non è dovuta quando il valore medio di giacenza annuo risultante dagli estratti conto e dai libretti non è superiore a 5.000 euro
E invero, i soggetti che sono tenuti alla suddetta dichiarazione nel Quadro RW non sono soltanto i soggetti che detengono gli strumenti finanziari, i conti, o le carte prepagate estere.
La segnalazione, infatti, deve essere posta in essere anche dai soggetti che ne beneficiano in via diretta. L’estensione dell’adempimento al soggetto detentore e a quello beneficiario effettivo, risponde all’esigenza di evitare che un soggetto possa operare tramite conti esteri mediante persona interposta.
Proprio in ragione di questa circostanza, è opportuno prestare attenzione agli obblighi dichiarativi che possono venire in rilievo quando si tratta di trust o fondazioni cui sono attribuiti conti esteri le cui somme, però, vengono impiegate da soggetti residenti in Italia.