Il 2022 è stato segnato da molte storie finanziarie fuori dal comune, quasi tutte negative per gli investitori. Pochi settori, infatti, si sono salvati dalle vendite sul mercato azionario, mentre l’aumento dei tassi ha colpito le obbligazioni come mai era avvenuto in epoca recente. Non c’è stato alcun riparo dove nascondersi dalle perdite, o quasi. Fra le eccezioni, andrebbe considerata la rivalutazione del trattamento di fine rapporto (Tfr) dei lavoratori dipendenti. Per chi avesse avviato un rapporto di lavoro di questo tipo nel 2022 il dilemma se scegliere il Tfr o l’invio delle somme in un fondo pensione negoziale avrebbe avuto un vincitore chiaro.
Il Tfr, pensato per garantire un rilascio economico in favore del dipendente quando si conclude il rapporto di lavoro, si rivaluta in modo programmato, stabilito per legge. E’ pensato per proteggere il potere d’acquisto, un approccio conservativo che si è rivelato relativamente vincente in un 2022 segnato dal boom dell’inflazione e da perdite congiunte sui mercati azionari e obbligazionari.
Per la precisione il rendimento del Tfr viene calcolato su due componenti: un 1,5% di rendimento fisso, cui si aggiunge un adeguamento pari al 75% dell’incremento annuo del costo della vita calcolato dall’Istat per le famiglie di operai e impiegati (Foi) nel mese di dicembre. Considerando che nel dicembre 2022 l’indice Foi è aumentato dell’11,3%, il Tfr si rivaluterà del 9,98% per l’anno scorso (il risultato di: 1,5% di componente fissa + 8,48% relativo al parziale adeguamento al costo della vita).
Una performance del 9,98%, in un anno come il 2022, è virtualmente in grado di battere qualsiasi gestione bilanciata. Secondo BlackRock il classico portafoglio suddiviso fra un 60% di azioni e un 40% di bond nel 2022 avrebbe registrato un rosso del 17%.
Ma per fare qualche confronto più pertinente si può fare riferimento all’esito delle gestioni del fondo pensione negoziale Perseo Sirio, il Fondo Pensione Complementare dei lavoratori della Pubblica Amministrazione e della Sanità. Il dato aggiornato a novembre 2022, il più recente disponibile nel momento della pubblicazione, mostrava un rendimento da inizio anno, per la soluzione “Comparto garantito), negativo del 4,34% netto. La gestione bilanciata, invece, mostrava un rosso dell’-8,39%. Anche se manca ancora il dato aggiornato a dicembre, è improbabile che il fondo pensione possa recuperare una performance che, rispetto a quella del Tfr, risulta inferiore per oltre il 14 e 18% rispettivamente (senza considerare, però, il trattamento fiscale più favorevole per i fondi pensione, pur non determinante sull’esito del confronto).
Tfr e fondo pensione, confronto contingente
Per coloro che oggi si interrogano se valga la pena aderire alla previdenza complementare oggi, destinandovi le somme del Tfr, potrebbe valere la pena considerare l’impatto persistente dell’inflazione che si prevede anche nel 2023. La rivalutazione del Tfr diventa vincente quando l’inflazione è elevata e i mercati scendono. Nonostante le previsioni restino sempre una materia azzardata, le probabilità che il 2023 sia un altro anno caratterizzato da elevata inflazione e da mercati poco frizzanti sembrano superiori alla media – o almeno questa è la visione condivisa dalla maggioranza dei gestori. Con queste premesse, potrebbe essere conveniente temporeggiare sull’eventuale adesione al fondo pensione e tenere il Tfr.
… e confronto di lungo termine
Il confronto di lungo termine sul rendimento di Tfr e fondi pensione, tuttavia, è un’analisi completamente diversa. Se si prende in considerazione il periodo compreso fra il 2012 e il 2021, aveva affermato la Covip (l’autorità di vigilanza sulla previdenza integrativa) il rendimento annuo composto al netto di gestione e fiscalità vedeva il confronto fra fondi negoziali e Tfr a favore dei primi, con una performance del 4,1% a fronte dell’1,9% messo a segno dal Tfr. Il periodo in questione, lo ricordiamo, è stato contraddistinto da mercati in rialzo e da un’inflazione contenuta, anche per questi motivi l’ago della bilancia è stato favorevole ai fondi pensione. In generale, la tendenza di lungo periodo favorevole agli investimenti più esposti all’andamento del mercato dovrebbe incoraggiare l’adesione alla previdenza complementare. Sicuramente, il 2022 non sarebbe stato l’anno giusto per passare a quest’ultima soluzione e ci sono alcuni argomenti per sostenere che, forse, non lo sarà neanche il 2023.